30 Marzo 2021

La violazione degli obblighi organizzativi di cui all’art. 2086 c. 2° c.c. è qualificabile come una grave irregolarità nella gestione ai sensi dell’art. 2409 c.c.

di Eleonora Giacometti, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale di Milano, Sezione Specializzata in materia di Impresa, Ordinanza del 18 ottobre 2019

Parole chiave: Società di capitali – società per azioni – obblighi organizzativi – governance – gravi irregolarità – denuncia

Massima: la condotta dell’amministratore che rilevi tempestivamente uno stato di crisi, senza tuttavia attivarsi con l’adozione di rimedi adeguati, non è in linea con gli obblighi organizzativi previsti dal novellato art. 2086 c. 2° c.c. ed è configurabile come una grave irregolarità ai sensi dell’art. 2409 c.c.

In particolare, non soddisfa il suddetto obbligo l’amministratore che si limita alla mera ricerca di finanza esterna, ovvero alla mera valutazione della possibilità di cessione di alcuni rami aziendali, senza tuttavia predisporre un preciso piano industriale di ristrutturazione del debito.

Disposizioni applicate: articoli 2086 c.c. e 2409 c.c.

La controversia ha avuto origine da due ricorsi ex art. 2409 c.c., depositati dai membri del Collegio Sindacale di due società per azioni collegate, al fine di denunciare diverse gravi irregolarità nella gestione delle rispettive società, poste in essere da due amministratori unici, succedutisi nella gestione, e comuni ad entrambe le società.

In particolare, i sindaci hanno denunciato irregolarità riconducibili a quattro profili, ossia (i) il mancato riscontro a richieste di documentazione e/o informazioni avanzate dal Collegio Sindacale, (ii) la mancata regolare tenuta dei libri sociali e contabili, (iii) inadempienze ed atteggiamenti omissivi od inerti in ambito organizzativo e gestionale e (iv) la commissione di reati, individuati in un decreto di perquisizione locale emesso dalla Procura della Repubblica.

Tali irregolarità sono state confermate anche dal curatore speciale delle due S.p.A., costituitosi in giudizio nell’interesse di entrambe le società.

Verificati i documenti contabili agli atti, e sentiti gli amministratori in giudizio, il Tribunale delle imprese di Milano ha innanzitutto evidenziato che, anche a voler prescindere dalle risultanze delle indagini penali e dai sopra indicati rilievi in tema di inadeguatezza delle risultanze contabili (ed in particolare dei test adottati per stimare il valore delle farmacie oggetto dei giudizi), nel caso di specie le gravi irregolarità erano evidenti soprattutto sotto il profilo della violazione degli obblighi organizzativi di cui al novellato art. 2086 c. 2° c.c. (in base al quale l’imprenditore  ha il “dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”).

Il Tribunale ha infatti osservato che la situazione gravemente critica delle due società coinvolte era emersa dalle stesse dichiarazioni rese in udienza dagli amministratori, secondo le quali:

(a) le società avevano effettivamente la necessità di essere ricapitalizzate ed erano in grado di far fronte alle obbligazioni correnti, ma non alle posizioni debitorie risalenti; e

(b) era quindi iniziata una procedura di ricerca di nuovi finanziatori ed era già stato contattato un fondo e, qualora tale fondo non avesse accettato di finanziare le società, avrebbe potuto prospettarsi la cessione di alcune farmacie rientranti nel patrimonio sociale.

Secondo gli amministratori, quindi, era concretamente configurabile un vero e proprio stato di crisi dei due enti, i quali non erano più in grado di assicurare un equilibrio finanziario neppure nel futuro più prossimo, ma allo stesso tempo erano anche già state adottate delle iniziative per uscire dalla crisi, con ciò escludendo la loro responsabilità in merito ai propri obblighi di gestione.

Al riguardo, il Tribunale ha tuttavia osservato che il reperimento di finanza esterna risultava – dalla stessa illustrazione degli amministratori – del tutto ipotetico ed, in ogni caso, non era stato recepito da alcun preciso piano industriale di ristrutturazione del debito.

In tale situazione, quindi, la mera “ricerca di finanziatori interessati all’acquisto delle azioni” ovvero la mera valutazione della possibilità di “cessione di alcune delle farmacie rientranti nel patrimonio delle SpA”, non potevano considerarsi condotte in linea con i doveri gestori oggi predicati dall’art. 2086 c. 2° c.c.

Per tale ragione, il Tribunale ha quindi concluso confermando che la violazione degli obblighi organizzativi di cui alla suddetta norma è indubbiamente qualificabile come una grave irregolarità nella gestione ai sensi dell’art. 2409 c.c., con ciò disponendo la revoca degli amministratori coinvolti nel giudizio e la nomina di un amministratore giudiziario per entrambe le società, per un periodo di sette mesi, con il compito di provvedere alla gestione ordinaria e straordinaria delle società medesime (ed, in particolare, di verificare la loro situazione contabile, redigere un progetto del bilancio appurando la ricorrenza della continuità aziendale ed adottando, se necessario, le opportune conseguenti iniziative di ristrutturazione).

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Società di capitali