La verifica del credito ex art. 499 c.p.c. è indispensabile per la partecipazione alla distribuzione del ricavato dalla vendita
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. III, 18 maggio 2022, n. 15996 – Pres. De Stefano – Rel. Fanticini
Massima: “Il creditore che, al momento del pignoramento, è titolare di un diritto di prelazione risultante da pubblici registri può intervenire nel processo di espropriazione forzata, anche se non munito di titolo esecutivo, senza che siano necessari il deposito e la notifica dell’estratto autentico notarile delle scritture contabili. Il subprocedimento di verifica dei crediti previsto dall’art. 499, commi 5 e 6, c.p.c. costituisce requisito per il suo accesso alla distribuzione del ricavato e presidia un interesse pubblico processuale alla regolarità e alla celerità della ripartizione, sicché compete ex officio al giudice, con l’ordinanza con cui è disposta la vendita o l’assegnazione, fissare un’apposita udienza per la comparizione del debitore e del suddetto creditore, disponendone la notifica a cura di una delle parti; in difetto, è onere dello stesso creditore interessato avanzare tempestiva istanza affinché l’udienza si svolga durante la fase liquidativa del processo esecutivo, posto che, una volta iniziata la fase distributiva, non possono essere accolte né la richiesta di fissazione dell’udienza di verifica del credito, né quella di rimessione in termini del creditore rimasto inerte”.
CASO
Nel corso di un’espropriazione immobiliare, interveniva una banca che, a garanzia di un’apertura di credito concessa a soggetto estraneo al processo esecutivo, aveva iscritto – in data anteriore al pignoramento – ipoteca sugli immobili appartenenti ai debitori esecutati.
Avvenuta l’aggiudicazione, il creditore procedente contestava il piano di riparto delle somme ricavate dalla vendita, che ammetteva il creditore intervenuto a partecipare alla loro distribuzione: da una parte, sosteneva che l’intervento fosse da considerarsi inammissibile (in quanto avvenuto in difetto di titolo esecutivo e della produzione dell’estratto autentico delle scritture contabili menzionate dall’art. 2214 c.c.); dall’altra parte, lamentava la mancata osservanza delle prescrizioni dettate dall’art. 499 c.p.c. in tema di verificazione del credito non titolato (che, secondo il giudice dell’esecuzione, si era correttamente svolta con il tacito assenso degli esecutati, i quali, pur essendo presenti all’udienza fissata ai sensi dell’art. 569 c.p.c., non avevano svolto alcuna contestazione in merito alla pretesa azionata dalla banca intervenuta).
Poiché tali contestazioni non venivano accolte, il creditore procedente proponeva tempestiva opposizione ex artt. 512 e 617 c.p.c., che veniva respinta dal Tribunale di Padova, con sentenza impugnata mediante ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
[1] La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando, da un lato, che il creditore titolare di un diritto di prelazione sugli immobili pignorati risultante dai pubblici registri e che non sia munito di un titolo esecutivo non è tenuto a depositare e a notificare al debitore esecutato, ai fini della regolarità dell’intervento, l’estratto autentico notarile delle scritture contabili e, dall’altro lato, che, ai fini della partecipazione di detto creditore alla distribuzione delle somme ricavate dalla vendita, il procedimento di verifica del credito previsto dall’art. 499, commi 5 e 6, c.p.c. deve svolgersi mediante la celebrazione di un’apposita udienza prima che sia disposta la vendita.
QUESTIONI
[1] La sentenza che si annota offre importanti precisazioni in merito all’intervento nell’espropriazione forzata del creditore privo di titolo esecutivo.
Innanzitutto, i giudici di legittimità hanno affermato che colui che intervenga per soddisfare un credito scaturente da un contratto di apertura di credito (che, per pacifico orientamento giurisprudenziale, non costituisce titolo esecutivo) e garantito da ipoteca sugli immobili pignorati, non è tenuto ad allegare e a produrre, a pena d’inammissibilità, l’estratto autentico notarile delle scritture contabili menzionate dall’art. 2214 c.c.
In effetti, l’art. 499 c.p.c. ammette, in via eccezionale, l’intervento di creditori privi di titolo esecutivo in tre distinte e tassative ipotesi: quando, prima del pignoramento, sia stato eseguito un sequestro sui beni pignorati; quando, sui medesimi beni, si disponga di un diritto di pegno o di un diritto di prelazione risultante da pubblici registri (motivo per cui l’art. 498 c.p.c. impone di notificare ai creditori iscritti un avviso volto a notiziarli della pendenza di un’espropriazione forzata che riguarda i beni oggetto della garanzia, per consentire loro di intervenire nel processo esecutivo, in quanto abbiano interesse a fare valere le loro ragioni, stante l’idoneità della vendita forzata a produrre il cosiddetto effetto purgativo, ossia l’estinzione dei diritti di prelazione insistenti sul bene staggito); quando il credito abbia per oggetto una somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all’art. 2214 c.c.
In tale ultimo caso, il creditore deve dimettere l’estratto autentico di dette scritture contabili e notificarlo all’esecutato, come stabilisce il comma 3 dell’art. 499 c.p.c.
La Corte di cassazione, respingendo la tesi propugnata dal ricorrente, ha escluso che tali incombenti debbano essere adempiuti anche quando l’intervento – svolto in assenza di titolo esecutivo – sia fondato sull’esistenza di un diritto di prelazione risultante da pubblici registri, affinché si possa avere contezza dell’entità del credito, atteso che questo profilo rileva ai fini non già della legittimità ovvero dell’ammissibilità dell’intervento, bensì della partecipazione alla distribuzione del ricavato dalla vendita dei beni pignorati.
È proprio in relazione a questo secondo aspetto che viene svolta un’approfondita analisi delle modalità e delle tempistiche con le quali dev’essere accertato il credito di chi sia intervenuto senza disporre di un titolo esecutivo (accertamento che, chiaramente, non va condotto quando un titolo esecutivo esista, giacché sarà esso stesso a indicare la misura del diritto azionato in via esecutiva).
Il subprocedimento di verifica dei crediti disciplinato dai commi 5 e 6 dell’art. 499 c.p.c. costituisce un passaggio obbligato e indefettibile per il soddisfacimento del creditore intervenuto che sia privo di titolo esecutivo, da espletarsi prima che venga autorizzata la vendita, sia ai fini dell’accantonamento delle somme per le quali è stato svolto l’intervento per il tempo – comunque non superiore a tre anni – necessario affinché il creditore si munisca di un titolo esecutivo, sia ai fini dell’accesso immediato alla distribuzione del ricavato; tant’è vero che, quando l’intervento si collochi in un momento successivo all’udienza deputata alla verifica dei crediti, precludendo così la possibilità di disconoscere quello non titolato, quest’ultimo deve considerarsi alla stregua di un credito non riconosciuto (derivandone che, come affermato da Cass. civ., Sez. III, 19 gennaio 2016, n. 774, il creditore privilegiato sprovvisto di un titolo esecutivo, per conseguire il diritto all’accantonamento in sede di distribuzione, dovrà in questo caso presentare apposita istanza, dimostrando di avere agito, entro i trenta giorni successivi alla data dell’intervento tardivo, per conseguire il titolo esecutivo mancantegli nei confronti dell’esecutato).
Secondo i giudici di legittimità, si tratta di un meccanismo funzionale a garantire la regolarità e la celerità della ripartizione e risponde, dunque, a un interesse pubblico processuale, incidendo sulla durata del processo esecutivo (ossia su un interesse di rango costituzionale) e sulla soddisfazione dei creditori concorrenti.
Nel contempo, il subprocedimento di verifica non è subordinato all’impulso di parte, spettando al giudice dell’esecuzione fissare ex officio, con la medesima ordinanza che dispone la vendita o l’assegnazione, un’apposita e distinta udienza per la comparizione del debitore e dei creditori intervenuti privi di titolo esecutivo.
La necessità che si svolga tale udienza sussiste anche quando l’intervento abbia per oggetto un credito nei confronti di un soggetto estraneo al processo esecutivo e sia, quindi, svolto in virtù di un diritto di prelazione (ovvero di una garanzia) insistente sui beni pignorati di proprietà dell’esecutato che sia persona diversa dal debitore diretto: non è corretto, infatti, sostenere l’impossibilità di celebrare l’udienza perché l’esecutato, in quanto terzo garante e – come tale – privo di un debito nei confronti del creditore intervenuto, non potrebbe esercitare le prerogative contemplate dall’art. 499 c.p.c., ossia disconoscere o riconoscere i crediti per i quali ha avuto luogo l’intervento. In realtà, in simili evenienze, occorrerà che la convocazione sia rivolta non solo all’esecutato diverso dal debitore principale, ma pure a quest’ultimo (cui, pertanto, l’ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione andrà notificata), a lui spettando il potere processuale di riconoscere o disconoscere, totalmente o parzialmente, i crediti degli intervenuti privi di titolo esecutivo.
Di conseguenza, nulla impedisce al creditore non titolato che intervenga nel processo esecutivo in virtù di un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri di avvalersi del subprocedimento di accertamento dei crediti disciplinato dall’art. 499 c.p.c. e di essere, in questo modo, esonerato dal procurarsi un titolo esecutivo, nel caso in cui vi sia un riconoscimento da parte del debitore; nell’ipotesi contraria (ovvero di disconoscimento in tutto o in parte del credito), invece, egli dovrà agire per munirsene e potrà chiedere che, nel frattempo, venga disposto l’accantonamento delle somme alle quali afferma di avere diritto ai sensi dell’art. 510, comma 3, c.p.c.
Alla mancata celebrazione dell’udienza di verifica prima che sia disposta la vendita non è possibile ovviare avanzando istanza di rimessione in termini per dare corso agli incombenti omessi, una volta che la fase liquidativa si sia già conclusa: posto che, come detto, la fissazione di detta udienza compete ex officio al giudice dell’esecuzione, il creditore interessato dovrà eventualmente chiederla prima che il processo espropriativo sia transitato nella fase distributiva. Ne consegue che, iniziata quest’ultima, non potranno essere accolte né l’istanza di fissazione dell’udienza per la verifica dei crediti, né quella di rimessione in termini del creditore rimasto colpevolmente inerte.
Infine, gli altri creditori legittimati a partecipare alla distribuzione del ricavato potranno dolersi dell’irritualità dell’intervento non titolato o della sua collocazione nel piano di riparto per carenza dei presupposti surrogatori previsti dall’art. 499 c.p.c. fino a quando il giudice dell’esecuzione non abbia considerato (anche) l’intervento non titolato o equiparato ai fini della distribuzione, poiché è in tale momento che sorge l’interesse a svolgere la contestazione (che integra, dunque, una controversia distributiva, salvo che non sia insorta e non sia stata decisa prima, in quanto la sua soluzione risulti indispensabile per lo sviluppo o il prosieguo del processo esecutivo), non essendo ravvisabile, in precedenza, un effettivo e concreto pregiudizio che la legittimi.
Centro Studi Forense - Euroconference consiglia