15 Febbraio 2022

La vendita forzata del fondo servente fa rivivere la servitù estintasi per confusione

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. II, 19 ottobre 2021, n. 28853 – Pres. Orilia – Rel. Dongiacomo

Pignoramento immobiliare – Servitù costituita prima del pignoramento del fondo servente – Estinzione per confusione successiva alla trascrizione del pignoramento – Reviviscenza della servitù per effetto della vendita coattiva del fondo servente – Sussistenza

Massima: “In caso di acquisto della proprietà del fondo servente da parte del proprietario del fondo dominante, ove quest’ultimo, in conseguenza dell’inopponibilità del suo titolo d’acquisto nei confronti del creditore pignorante, subisca le conseguenze dell’esecuzione forzata, la servitù costituita anteriormente al pignoramento riprende la sua originaria efficacia nei confronti del terzo che abbia acquistato il fondo in sede coattiva”.

CASO

Una società agiva in giudizio perché fosse accertata la proprietà, in capo alla stessa, di una striscia di terreno.

Il Tribunale adito accoglieva la domanda e, per l’effetto, dichiarava che la società attrice aveva la piena ed esclusiva proprietà – libera da diritti reali di terzi – del terreno, condannando alla sua immediata restituzione i convenuti.

La sentenza, impugnata da questi ultimi, era confermata in sede di gravame, dal momento che veniva respinta la doglianza degli appellanti volta a fare accertare – tra l’altro e per quanto interessa in questa sede –  l’esistenza di una servitù di passaggio a favore del fondo di loro proprietà e gravante su quello oggetto di causa: la servitù in questione era stata costituita con atto del 1982, in data anteriore al pignoramento del fondo servente (avvenuto nel 1990); quest’ultimo era stato acquistato dai medesimi appellanti – già proprietari del fondo dominante – nel 1995 e, successivamente, all’incanto dalla società appellata, per effetto di decreto di trasferimento emesso nel 2000. Per i giudici di secondo grado, infatti, l’acquisto degli appellanti, sebbene inopponibile perché trascritto successivamente al pignoramento, aveva nondimeno determinato l’estinzione della servitù per confusione, ai sensi dell’art. 1072 c.c., giacché non si trattava di un effetto pregiudizievole per l’acquirente in sede di esecuzione forzata, come tale da ritenersi precluso ai sensi dell’art. 2919 c.c.

I soccombenti, proprietari del preteso fondo dominante, proponevano ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando con rinvio la sentenza impugnata: i giudici di legittimità, infatti, hanno reputato giuridicamente scorretta la statuizione in base alla quale era stata ritenuta inopponibile alla società aggiudicatasi il fondo servente in sede di vendita forzata la servitù costituita a favore del fondo dominante, per il fatto che i proprietari di quest’ultimo avevano, con atto trascritto dopo il pignoramento, acquistato il fondo servente, con conseguente estinzione della servitù per confusione.

QUESTIONI

[1] La sentenza che si annota illustra il modo di operare della regola – affatto particolare – dettata dall’art. 2862 c.c. (in base alla quale, una volta avvenuta la vendita all’incanto del bene pignorato, riprendono vigore, in danno dell’aggiudicatario o dell’assegnatario, le ipoteche, le servitù e gli altri diritti reali che spettavano al terzo che ha subito l’espropriazione forzata prima dell’acquisto) e da reputarsi applicabile anche in favore del proprietario del fondo dominante che, avendo acquistato la proprietà del fondo servente con atto inopponibile al creditore procedente, ne venga successivamente privato all’esito della vendita esecutiva.

In linea generale, va osservato che, in virtù di quanto previsto dagli artt. 2913 e 2919 c.c., gli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante, dei creditori che intervengono nell’esecuzione e del terzo che acquista il bene pignorato in sede esecutiva: il pignoramento, in altre parole, rende relativamente inefficaci (nei confronti dei summenzionati soggetti) gli atti comportanti il trasferimento a terzi della proprietà dei beni assoggettati a espropriazione forzata. Tali atti, in sé, restano validi tra coloro che li hanno stipulati e nei confronti degli altri terzi, continuando a produrre gli effetti giuridici a essi direttamente o indirettamente riconducibili, a condizione che non pregiudichino il creditore pignorante.

L’acquirente, dunque, non potrà fare valere il suo acquisto (e le facoltà a esso connesse) nei confronti del creditore pignorante e del terzo resosi aggiudicatario del bene all’esito della vendita forzata, ma tale acquisto rimane pur sempre un effetto giuridico prodottosi in conseguenza della stipulazione dell’atto non opponibile e, nella misura in cui non risulti pregiudizievole per detti soggetti, mantiene una sua rilevanza (tanto da legittimare il terzo a partecipare alla distribuzione del prezzo ricavato dalla vendita forzata del bene, sia pure in quanto residui qualcosa dopo che sono stati soddisfatti il creditore procedente e gli altri intervenuti nell’esecuzione).

Ne discende, di conseguenza, che l’acquisto del fondo servente da parte del proprietario del fondo dominante intervenuto successivamente alla trascrizione del pignoramento, pur essendo inopponibile alla procedura, resta in grado di determinare l’estinzione per confusione della servitù, ai sensi dell’art. 1072 c.c.

Tuttavia, a norma dell’art. 2862, comma 2, c.c., le servitù esistenti sul fondo servente che si sarebbero dovute estinguere per confusione in conseguenza dell’acquisto del terreno da parte del proprietario del fondo dominante, nel caso in cui questi subisca l’esecuzione, riprendono la loro efficacia nei confronti del terzo che si renda aggiudicatario del fondo servente: la disposizione è volta a evitare che, in conseguenza della vendita coattiva dell’immobile già gravato dalla servitù, l’acquirente in sede esecutiva possa beneficiare dell’effetto estintivo della servitù medesima solo perché il fondo servente era stato precedentemente acquistato dal proprietario del fondo dominante (non potendosi presumere che questi, per effetto ovvero in conseguenza dell’acquisto, intendesse privarsi dei diritti dei quali godeva prima di esso, a fronte del successivo assoggettamento all’esecuzione e alla vendita forzata del bene così acquistato): come affermato da una risalente pronuncia della Corte di Cassazione (la n. 139 del 31 gennaio 1949), la reviviscenza delle ipoteche, delle servitù e degli altri diritti reali che spettavano all’acquirente sull’immobile di cui ha eseguito il rilascio o subito l’espropriazione, si fonda su ragioni di equità sostanziale e, in particolare, sulla considerazione del vantaggio che i creditori ipotecari conseguirebbero ai suoi danni per il semplice fatto del trasferimento del bene, qualora nell’espropriazione non si dovesse tenere conto delle ipoteche e degli altri diritti reali che a costui spettavano prima dell’acquisto e che avrebbero dovuto essere rispettati, se solo l’immobile fosse rimasto di proprietà del debitore.

Di qui, l’enucleazione di un principio di carattere generale, in base al quale l’acquisto di un immobile gravato da servitù da parte del proprietario del fondo dominante non può impedire, in deroga all’effetto estintivo che conseguirebbe alla confusione, la conservazione del relativo diritto una volta che – come accaduto nella fattispecie oggetto della sentenza che si annota – il pignoramento già gravante sull’immobile abbia comportato, in ragione dell’inopponibilità del predetto acquisto, la sua vendita forzata a favore di un terzo, con la conseguente perdita della proprietà che quell’effetto (estintivo per confusione) aveva medio tempore determinato.

Si tratta di evitare, in virtù dell’interpretazione estensiva dell’art. 2862, comma 2, c.c., che il creditore procedente, al pari di chi acquisti l’immobile in sede di esecuzione forzata, possa beneficiare in modo del tutto irragionevole dell’effetto estintivo di una servitù opponibile gravante sul fondo pignorato, solo perché chi l’ha acquistato dal debitore era anche proprietario del fondo dominante e abbia, tuttavia, subito (in ragione dell’ipoteca ovvero del pignoramento, rispettivamente già iscritta ovvero trascritto al momento della trascrizione dell’atto d’acquisto inopponibile) l’esecuzione sull’immobile costituente il fondo servente e la sua successiva vendita forzata, perdendone così la proprietà.

L’acquirente in sede di espropriazione forzata dell’immobile gravato dalla servitù non può, d’altra parte, dolersi della sopravvivenza (ovvero della reviviscenza) della servitù già spettante al proprietario del fondo dominante che, senza effetto nei confronti del creditore procedente (ai sensi dell’art. 2913 c.c.), ovvero del creditore ipotecario (ai sensi dell’art. 2862, comma 2, c.c.), abbia acquistato la proprietà del fondo servente, visto che, in entrambi i casi, al momento della trascrizione del pignoramento o dell’iscrizione dell’ipoteca, la servitù era già stata costituita sull’immobile ed era, come tale, opponibile – pur se in stato di quiescenza (fino alla perdita della proprietà) – sia al creditore procedente, sia al creditore ipotecario, sia a chi lo avesse acquistato nell’ambito del processo esecutivo: quest’ultimo, del resto, acquista – a norma dell’art. 2919 c.c. – solo i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l’espropriazione, vale a dire la proprietà dell’immobile gravata dalla servitù, la quale, in definitiva, dopo la vendita del fondo, uscendo dallo stato di quiescenza in cui si era venuta a trovare in conseguenza dell’acquisto da parte del proprietario del fondo dominante, riprende la sua originaria efficacia giuridica e può essere, come tale, fatta valere erga omnes.

Sempre in tema di rapporti tra ipoteca, pignoramento e servitù, va rammentata, altresì, la regola dettata dall’art. 2812 c.c., a mente della quale il creditore ipotecario può fare vendere coattivamente l’immobile come libero dalle servitù che siano state trascritte dopo l’iscrizione dell’ipoteca e che, in quanto tali, non sono a lui opponibili, determinandosi – con l’espropriazione del fondo servente – l’estinzione della servitù; per tale motivo, al proprietario del fondo dominante è riconosciuto il diritto di fare valere le proprie ragioni sul ricavato dalla vendita, con preferenza rispetto alle ipoteche iscritte posteriormente alla trascrizione della servitù.

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