La valutazione sulla natura dei versamenti di un socio è prerogativa del giudice di merito
di Vittorio Greco, praticante avvocato Scarica in PDFTribunale Catanzaro, Sezione Specializzata in materia di imprese, sentenza del 28 Febbraio 2024
Parole chiave: Società – Soci – Versamenti – Finanziamenti – Capitale – Restituzione conferimenti – Versamenti in conto capitale o a fondo perduto – Versamenti in conto futuro aumento di capitale.
Massima: “Lo stabilire se un determinato versamento tragga origine da un mutuo o se invece sia stato effettuato quale apporto del socio al patrimonio della società è questione di interpretazione, riservata al giudice del merito, il cui apprezzamento non è censurabile in cassazione, se non per violazione delle regole giuridiche da applicare nell’interpretazione della volontà delle parti o per eventuali carenze o vizi logici della motivazione che quell’accertamento sorregge. L’indagine sull’effettiva natura dei versamenti deve andare oltre la mera denominazione con la quale tali versamenti risultano registrati nelle scritture contabili della società, piuttosto analizzando il modo in cui è concretamente stato attuato il rapporto, tenendo conto delle finalità pratiche perseguite, degli interessi applicati, e della reale intenzione dei soggetti.”
Disposizioni applicate: art. 2439 c.c.; 2467 c.c.
CASO
Il caso in esame trova origine nella domanda avanzata al Tribunale di Catanzaro da parte degli eredi di un socio di una società a responsabilità limitata, per richiedere che venisse disposta la restituzione di alcune somme dal socio conferite quando ancora in vita a titolo di versamenti in conto futuro aumento capitale sociale.
Ciò in quanto, non essendo mai stato deliberato l’aumento di capitale, gli eredi sostenevano che per quei versamenti dovesse operare un vero e proprio meccanismo risolutivo.
La società convenuta, si è difesa sostenendo che i versamenti oggetto di causa, seppur contabilizzati come “versamenti in conto futuro aumento capitale sociale”, siano sempre stati effettuati ed utilizzati, avuto riguardo della concreta volontà delle parti, per pagare, nella sua immediatezza, le spese correnti e i costi di gestione, in mancanza di utili e liquidità. Pertanto, dovevano ritenersi definitivamente acquisiti nella disponibilità della società.
Il Tribunale ha naturalmente evidenziato come la decisione della lite dipendesse dalla classificazione effettiva dei versamenti effettuati dal dante causa degli attori alla società convenuta.
I giudici hanno ricordato che gli apporti dei soci possano essere classificati come: (i) finanziamenti; (ii) versamenti in conto capitale o a fondo perduto; o (iii) versamenti in conto futuro aumento di capitale.
I primi versamenti fanno sorgere un vero e proprio obbligo di restituzione da parte della società. I secondi, al contrario, non comportano alcun obbligo di restituzione, in quanto non legati ad una specifica e prospettica operazione sul capitale, perciò idonei ad irrobustire il patrimonio netto della società e a dotarla di mezzi propri. I terzi sono versamenti corrispondenti a veri e propri acconti su ulteriori e successivi versamenti che saranno dovuti in ragione dell’intenzione di sottoscrivere un determinato aumento di capitale.
Si tratta, in altri termini, di apporti risolutivamente condizionati alla mancata, successiva, deliberazione di aumento del capitale nominale della società per cui, ove l’aumento effettivamente intervenga, confluiscono automaticamente nel capitale sociale. Mentre, nel caso contrario, devono essere restituiti, in conseguenza del mancato perfezionamento della fattispecie programmata.
I giudici, hanno precisato che l’indagine sull’effettiva natura dei versamenti deve andare oltre la mera denominazione con la quale tali versamenti risultano registrati nelle scritture contabili della società, piuttosto analizzando il modo in cui è concretamente stato attuato il rapporto, tenendo conto delle finalità pratiche perseguite, degli interessi applicati, e della reale intenzione dei soggetti.
Lo stabilire se un determinato versamento tragga origine da un mutuo o se invece sia stato effettuato quale apporto del socio al patrimonio della società è questione di interpretazione, riservata al giudice del merito, il cui apprezzamento non è censurabile in cassazione, se non per violazione delle regole giuridiche da applicare nell’interpretazione della volontà delle parti o per eventuali carenze o vizi logici della motivazione che quell’accertamento sorregge.
Nella fattispecie, i giudici hanno ritenuto i versamenti inquadrabili come “in conto capitale o a fondo perduto”, e perciò non soggetti ad obbligo di restituzione da parte della società.
Centro Studi Forense - Euroconference consiglia