12 Luglio 2022

La valida pattuizione della commissione di massimo scoperto

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

La commissione di massimo scoperto è il corrispettivo pagato dal cliente per compensare l’intermediario dell’onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare l’utilizzo oltre il fido accordato sul conto corrente. Il compenso è calcolato in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi in un certo periodo (così Banca d’Italia, Glossario).

È principio consolidato che non sussiste alcuna nullità della CMS allorché la stessa sia frutto di specifica pattuizione, con indicazione dei criteri di determinazione e delle modalità di calcolo, in modo da consentire al cliente di comprenderne la reale entità e di verificarne la corretta applicazione da parte della banca.

La clausola sulla commissione di massimo scoperto, per essere valida, deve rivestire i requisiti della determinatezza o determinabilità dell’onere aggiuntivo che viene ad imporsi al cliente e ciò accade quando siano previsti sia il tasso della commissione, sia i criteri di calcolo, sia la periodicità di tale calcolo, atteso che, in assenza di una specifica individuazione di tutti gli elementi che concorrono alla determinazione della commissione, in relazione alla stessa non potrebbe nemmeno ravvisarsi un vero e proprio accordo delle parti (ex multis Cass. n. 19825/2022: deve considerarsi nulla per indeterminatezza dell’oggetto la clausola che preveda la commissione di massimo scoperto indicandone semplicemente la misura percentuale, senza specificare le modalità di calcolo e di quantificazione della stessa, posto che, in tal caso, il correntista non è in grado di conoscere quando e come sorgerà l’obbligo di dover corrispondere la suddetta commissione alla banca. Non è perciò legittima una clausola negoziale nella quale la commissione di massimo scoperto viene indicata unicamente mediante una determinata percentuale, senza alcun riferimento al valore sul quale dovesse essere calcolata tale percentuale).

In breve. Vale per la commissione di massimo scoperto la questione della determinatezza o determinabilità dell’oggetto, per cui in assenza di univoci criteri di determinazione del suo importo, la relativa pattuizione va ritenuta nulla, con diritto del correntista alla ripetizione di quanto indebitamente versato.

La CMS deve essere esplicitata in contratto, non essendo allo scopo sufficienti indicazioni nei documenti informativi di trasparenza bancaria (Trib. Piacenza 12.4.2011: è nulla, per violazione degli artt. 1346 c.c. e 117, comma 4, TUB, la pattuizione di commissioni di massimo scoperto che, senza alcuna indicazione di tale onere nelle condizioni generali di contratto rechi l’indicazione, nel solo foglio allegato, contenente la specificazione numerica delle condizioni economiche, della voce “commissioni di massimo scoperto”, seguita dall’indicazione numerica 0,750 (senza ulteriori indicazioni sul periodo temporale di riferimento) e dalla voce “per scopertura di conto non autorizzata” non essendo possibile in nessun modo, in base a questi elementi, cogliere i tratti essenziali dell’onere imposto dalla banca).

Inidonea è altresì la ‘pattuizione’ della CMS contenuta nell’estratto conto (Trib. Marsala 6.5.2014: la mancata determinazione in contratto dell’oggetto della CMS non può essere sanata per effetto della descrizione del meccanismo di applicazione della commissione ricavabile dallo scalare dell’estratto conto, essendo quest’ultimo un documento tecnico inidoneo ad integrare il requisito di forma di cui all’art. 117 TUB).

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