21 Gennaio 2020

La tutela dell’abitazione del debitore: l’evoluzione normativa dal Codice della crisi e dell’insolvenza al processo esecutivo immobiliare – I parte

di Francesco Angeli Scarica in PDF

Uno sguardo all’attuale normativa concorsuale

La tutela della casa di abitazione del debitore, nel corso degli anni, anche alla luce della persistente crisi economica, ha indotto il legislatore ad introdurre nell’ordinamento dei contributi normativi atti a salvaguardare il soggetto che, considerato più debole dall’ordinamento, subisce l’espropriazione della propria abitazione.

Con l’avvento della L. 3/2012 e con le modifiche alla legge fallimentare intervenute nel 2006, è stata regolamentata la vendita dell’abitazione del debitore soggetto a procedure concorsuali nel rispetto e nei limiti della tutela degli interessi dei creditori.

L’art. 47 c. 2 lf dispone che “la casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria all’abitazione di lui e della sua famiglia, non può essere distratta da tale uso fino alla liquidazione delle attività”.

Dalla lettura della disposizione normativa, appare controverso il limite temporale a cui è agganciata la vendita della casa adibita ad abitazione del debitore e dei suoi familiari, tant’è che, sia in dottrina che in giurisprudenza, si è sempre discusso se il curatore sia tenuto a liquidare per ultimo, nel senso come ultimo bene, l’abitazione del fallito. Inizialmente, secondo un primo orientamento, si riteneva che il curatore fosse tenuto a liquidare l’abitazione per ultimo e, quindi, dopo aver venduto tutti gli altri beni, quantomeno quelli immobili. Successivamente, l’orientamento della dottrina, ed anche della giurisprudenza, è mutato fino a ritenere che l’utilizzo dell’abitazione sia concesso al fallito ed ai suoi familiari fino alla vendita dell’abitazione stessa, disancorando, quindi, la vendita alla liquidazione di tutte le altre attività fallimentari.

In tema di sovraindebitamento, l’art. 12 bis c. 2 L. 3/2012 dispone che “quando nelle more della convocazione dei creditori, la prosecuzione di specifici procedimenti di esecuzione forzata potrebbe pregiudicare la fattibilità del piano, il giudice, con lo stesso decreto, può disporre la sospensione degli stessi sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo”.

Il consumatore sovraindebitato, nel piano di pagamento che propone ai suoi creditori, non è obbligato a prevedere liquidazione dei propri immobili e, tantomeno, la liquidazione dell’immobile adibito a propria abitazione. La previsione del c. 2 dell’art. 12 bis salvaguarda il patrimonio immobiliare di proprietà del debitore, non oggetto di liquidazione, prevedendo la possibilità di sospensione delle esecuzioni individuali gravanti sugli immobili stessi, fino all’omologazione del piano. Nella fase successiva della procedura, ovvero dall’omologazione del piano e fino all’adempimento dello stesso, vige il divieto assoluto ex lege di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali sul patrimonio del debitore.

Tra le varie problematiche che deve affrontare l’OCC – gestore – nella predisposizione del piano del consumatore sussiste anche quella relativa al pagamento del mutuo ipotecario che grava sull’abitazione del debitore. Se il contratto di mutuo, alla data di predisposizione del piano risulta essere stato risolto dall’istituto di credito, l’OCC, nelle more della predisposizione del piano, seguendo l’orientamento giurisprudenziale, dovrà prevedere il pagamento del debito residuo del mutuo, in quota capitale oltre interessi al tasso legale, entro il lasso temporale di adempimento del piano che viene individuato nel periodo massimo di cinque anni. Nel caso in cui il contratto di mutuo, alla data di predisposizione del piano, non è stato risolto dall’istituto di credito, l’OCC, nelle more della predisposizione del piano potrebbe “sganciare” il pagamento del mutuo dal piano e prevedere il pagamento delle rate alle originarie scadenze. Il breve lasso temporale entro il quale prevedere il pagamento del mutuo accompagnato, molto spesso, da modeste risorse finanziarie che il debitore può devolvere ai creditori inseriti nel piano, portano alla conseguenza di una inammissibilità o ad un inadempimento del piano stesso.

Le previsioni del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza

Con l’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, le criticità ad oggi sussistenti hanno trovato una loro soluzione che permetterà di salvaguardare la casa di abitazione del debitore, rispettando anche la necessità del miglior soddisfacimento degli interessi dei creditori alla quale è deputata la procedura concorsuale.

Nella procedura di liquidazione giudiziale l’art. 147 c. 2 dispone che “La casa della quale il debitore è proprietario o può godere in quanto titolare di altro diritto reale, nei limiti in cui è necessaria all’abitazione di lui e della famiglia, non può essere distratta da tale uso fino alla sua liquidazione”.

La nuova norma sancisce che:

  • la casa di cui è proprietario il debitore può essere adibita ad abitazione dello stesso e della sua famiglia;
  • il debitore non proprietario può utilizzare la casa di abitazione, alla stessa stregua del debitore proprietario, a patto che sia titolare di un diritto reale di godimento (usufrutto, uso o abitazione) che sia opponibile alla procedura concorsuale e quindi il relativo atto di costituzione dovrà essere in forma scritta e munito di data certa anteriore all’apertura della procedura di liquidazione giudiziale;
  • la casa può essere utilizzata solo come abitazione e non può essere concessa in godimento ad altri soggetti estranei alla sua famiglia;
  • l’occupazione della casa è consentita sino alla sua liquidazione e, pertanto, potrà essere occupata dal debitore e dalla sua famiglia sino a quando l’aggiudicazione non diventerà definitiva.

Nella procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore l’art. 67 c. 5 dispone che “E’ possibile prevedere anche il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo garantito da ipoteca iscritta sull’abitazione principale del debitore se lo stesso, alla data del deposito della domanda, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data.

Il precetto normativo ha risolto le problematiche relative alla predisposizione del piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore difatti, alla luce della novella normativa il piano potrà prevedere il pagamento del debito residuale del mutuo secondo le normali scadenze contrattuali a condizione che:

– il debitore, alla data di presentazione del piano, dimostra di aver regolarmente pagato le rate scadute del mutuo;

– nel caso di risoluzione del contratto di mutuo, il giudice comunque autorizzi il pagamento del debito residuale alle scadenze previste nel contratto originario.

Con l’introduzione della previsione di cui al c. 5 dell’art. 67, i piani di ristrutturazione dei debiti del consumatore acquistano una loro posizione di convenienza, anche a tutela dei creditori, nello scenario del diritto concorsuale nazionale.

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