7 Aprile 2020

Come la tecnologia sta cambiando la professione legale

di Mario Alberto Catarozzo - Coach, Formatore, Consulente – CEO di MYPlace Communications Scarica in PDF

Il 2020 aveva preso inizio parlando di Intelligenza Artificiale (AI), Blockchain, 5G e cobot (collaboratori robot), i nuovi trend del decennio, mercato legale compreso. Il brusco stop di questi mesi di emergenza sanitaria ha spostato l’attenzione dei media verso altre tematiche non rallentando certo i trend dell’innovazione tecnologica. Dal 2008, anno in cui Internet è diventato “portabile” tramite i device mobili, la tecnologia ha pervaso tutti i settori professionali e quello legale non ha fatto eccezione. Certo, rispetto ai colleghi anglosassoni, in Italia c’è un ritardo tecnologico di un decennio, ma questo gap si sta colmando con sempre maggior velocità. La questione dell’impatto che avrà la tecnologia sulla professione legale va prima di tutto affrontata su un piano di mentalità e cultura e solo dopo su un piano di strumenti e infrastrutture.

BOUTIQUE DEL DIRITTO E AVVOCATI D’AFFARI

Il settore legale italiano oggi appare alquanto disomogeno sia da un punto di vista geografico, sia da un punto di vista organizzativo. Dei 244mila avvocati ufficialmente iscritti all’Albo, solo una piccola parte oggi risulta organizzata in forma associativa e societaria (stp, sta), mentre la maggioranza degli studi risulta ancora strutturato in forma individuale, con il dominus a capo, qualche professionista collaboratore o praticante e la segretaria. Dal dopo guerra fino ad oggi la cultura forense è rimasta pressochè invariata dal punto di vista dell’interpretazione  e conseguente organizzazione della professione e solo nell’ultimo periodo si vede un’apertura verso una nuova visione della professione. Professione intellettuale, svolta in forma individuale, con clientela prossimale e competenze generaliste. Questa potrebbe essere la sintesi estrema della professione per circa 70 anni. Va considerato che tra il 1985 e il 2015 il numero degli avvocati è aumentati di 5 volte. A questo aumento esponenziale degli avvocati non è corrispoto una crescita organizzativa o un cambio di mentalità: lo studio risulta ancora poco strutturato, centrato sulla figura del titolare-dominus, di cui portava il nome. Negli ultimi 20 anni tuttavia una nuova cultura organizzativa è arrivata nel nostro Paese: quella degli studi internazionali. Parliamo degli studi legali d’affari, associazioni professionali con partner a capo, diverse figure professionali all’interno, spesso definite in base alla seniority (equity partner, salary partner, associate, of counsel, trainee) e uno staff di supporto (personal assistant, receptionist, IT manager, marketing manager, HR manager). Lo studio legale diventa azienda in queste strutture e come le aziende si organizza in reparti, settori, dipartimenti, aree. Come le aziende si dota di una organizzazione tecnologica di tutto rispetto, per poter lavorare con sedi in tutto il mondo, con clienti di ogni dove e in mobilità per i suoi componenti (smart workers). Non è un caso che in questo momento storico caratterizzato dall’emergenza sanitaria, i grandi studi legali d’affari non hanno avuto alcun problema ad attuare lo smart working, avendo già dotato tutti i professionisti di studio di computer portatili, cellulari e sistemi di videoconference. Tutti questi studi da tempo utilizzano il cloud, quindi una modalità di archiviazione smart dei materiali di lavoro, in modo che siano accessibili in qualunque momento dovunque.

TECNOLOGIA E PROFESSIONE

Vediamo allora di cosa parliamo in concreto quando parliamo di tecnologia nella professione forense. Innanzitutto come hardware lo studio tecnologico utilizza computer portatili, tablet e smartphone per i collaboratori e sistemi di videoconference professionali. A ciò si aggiunge poi la dotazione software, quindi gestionali di studio per l’organizzazione delle pratiche e delle attività, software per la produzione di documenti e atti, per le ricerche giurisprudenziali, per il deposito e lo scambio documentale con Tribunali e uffici giudiziari.

Questo momento storico ha inoltre rotto le abitudini decennali dell’avvocato, tutto studio e udienze, portandolo a riflettere sulla dotazione tecnologica che gli permette di essere flessibile e lavorare a distanza anche con i propri collaboratori. Ecco che le piattaforme di meeting on line, di videoconference sono diventate di uso comune e i webinar il nuovo modo per formarsi e per mantenere il rapporto con i clienti. L’uso della tecnologia non solo richiede investimento di soldi per attrezzarsi, ma anche investimento di tempo ed energie per formarsi. È la mentalità la prima cosa da cambiare per poi poter utilizzare la tecnologia di cui ci si è dotati.

COMUNICARE A DISTANZA

La tecnologia, a partire dalla Rete permette di comunicare a distanza, che è una sfida per l’avvocato, abituato al rapporto de visu. Vuol dire il deposito di atti a distanza, la richiesta di copie, delegare i collaboratori in videoconference, gestire la redazione di un atto con piattaforme di condivisione, accedere ai fascicoli in cloud, coordinare le attività con il timesheet per la rilevazione dei tempi, utili per la fatturazione. Non solo: vuol dire saper motivare i collaboratori a distanza, saper condividere una vision, saper condividere tempi e valori a distanza.

Verso i clienti significa poi saper valorizzare il proprio brand, sapersi far sentire vicini, saper costruire la relazione e creare uno stile. Ecco che la comunicazione via Internet mediante il sito di studio diventa fondamentale, così come l’uso dei social, l’uso dei motori di ricerca, la collaborazione con riviste on line, la formazione a distanza per i clienti, lo sviluppo di clip video per spiegare le novità normative, lo sviluppo di podcast per instaurare un filo comunicativo audio costante con i prospect e con i clienti su novità giurisprudenziali, normative, commenti di fatti di cronaca, approfondimenti.

Insomma, la tecnologia sta già permeando ogni area organizzativa della professione e resistere – come molti stanno cercando di fare – non solo non serve a molto, ma è deleterio. La tecnologia, ricordiamolo, cambiando il modo di organizzare il tempo e le attività, cambia la forma mentis delle persone, avvocati e clienti. Cambiano di conseguenza le relazioni nei tempi, luoghi e modalità di svolgimento. Cambia il modo di formarsi e informarsi. Cambia il modo di fare squadra e i luoghi e tempi del lavoro. Cambiano i servizi offerti, prezzi, modalità con cui vengono proposti.

Le esigenze dei clienti sono oggi diverse rispetto a soli 10 anni fa: sono diversi i tempi delle risposte, sono diversi i contenuti, che oggi devono essere multidisciplinari. Gli avvocati che prestano consulenza per le aziende devono entrare nelle dinamiche dell’azienda, nel suo tessuto organizzativo, nei suoi tempi e diventare non un soggetto esterno, bensì essere percepiti come un partner del business aziendale.

Possiamo solo immaginare cosa accadrà usciti da questa fase di stallo che ci sta facendo riflettere e che rappresenta un catalizzatore del cambiamento. Immaginiamo con l’introduzione del 5G cosa accadrà quando la banda di trasmissione sarà talmente potente da permettere collegamenti stabili e perfetti in videoconferenza. Immaginiamo cosa accadrà quando il cliente si abituerà a dialogare in videoconference e chiederà continuità nella relazione e non solo di fronte al caso patologico.

Insomma, il futuro è tutto da costruire e sarà molto, molto diverso dal passato. La tecnologia sarà parte integrante di questo futuro e la professione del futuro è ancora tutta da costruire.