La tassazione delle liberalità indirette
di Luigi Ferrajoli Scarica in PDFNel caso di liberalità indiretta collegata ad atti concernenti il trasferimento di diritti immobiliari, la donazione è esente da imposta di donazione, ai sensi dell’articolo 1, comma 4-bis, D.Lgs. 346/1990, solo nel caso di espressa dichiarazione contenuta nell’atto di donazione.
Questo è il principio enunciato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 13133 del 24 giugno 2016, secondo cui, per essere esente da imposta, la donazione indiretta deve essere espressamente menzionata nel contratto di compravendita cui la liberalità indiretta è collegata, ciò ai sensi dell’articolo 1, comma 4-bis D.Lgs. 346/1990 secondo cui “ferma restando l’applicazione dell’imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, l’imposta non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro, in misura proporzionale, o dell’imposta sul valore aggiunto”.
La decisione in commento riguarda il caso di due fratelli che avevano ricevuto nel corso del 2001 una elargizione di denaro da parte dei genitori finalizzata all’acquisto di due immobili. Ai due soggetti veniva notificato da parte dell’Agenzia delle Entrate un avviso di accertamento contenente un accertamento sintetico che contestava lo scostamento tra il reddito dichiarato nell’anno di acquisto dell’immobile e la spesa sostenuta, a fronte del quale i contribuenti eccepivano in sede di contraddittorio con l’Ufficio di avere ricevuto la liberalità indiretta dai genitori sufficiente a giustificare l’esborso sostenuto per acquistare i due immobili.
Tale giustificazione comportava l’annullamento dell’accertamento sintetico, tuttavia la confessione circa la somma ricevuta, trasferita senza atti formali e senza alcuna registrazione, portava l’Ufficio a notificare un avviso di accertamento ai fini dell’imposta di donazione. L’articolo 56-bis del D.Lgs. 346/1990 consente, infatti, all’Ufficio di procedere all’accertamento delle liberalità indirette diverse da quelle registrate, in presenza di due condizioni: a) l’esistenza della liberalità deve risultare da dichiarazioni rese dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi; b) le liberalità devono avere determinato un incremento patrimoniale superiore alle franchigie di legge.
Il prelievo sulla donazione non può comunque essere applicato nei casi di liberalità indirette collegate ad atti concernenti la compravendita o la costituzione di diritti su immobili e aziende qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale.
La disposizione di cui all’articolo 1, comma 4-bis D.Lgs. 346/1990 definisce come presupposto per l’esenzione dall’imposta di donazione l’esistenza di un collegamento fra la donazione indiretta e l’atto di acquisto, senza che venga specificato come detto collegamento debba essere effettuato e senza che sia previsto che, ai fini dell’esenzione, occorra effettuare particolari menzioni negli atti che si stipulano.
La Suprema Corte nella sentenza in commento sostiene che “per regola generale l’esenzione dal tributo (e più in generale la fruizione del beneficio fiscale) presuppone l’esplicito esercizio del diritto corrispondente da parte del contribuente il quale, a tale fine, è conseguentemente onerato dal farne espressa dichiarazione in atto; ciò allo scopo di certa e tempestiva individuazione degli elementi fondamentali e costitutivi del rapporto tributario, oltre che di porre l’Amministrazione finanziaria in condizione di immediatamente rilevare e verificare l’effettiva sussistenza dei presupposti di non imponibilità”.
La conclusione cui giunge la Corte di Cassazione appare, invero, non del tutto accettabile dal momento che è opportuno evidenziare che quando il legislatore tributario vuole che in atto risultino dichiarazioni necessarie per l’ottenimento di un’agevolazione o di un’esenzione, lo dice espressamente (ad esempio nell’agevolazione “prima casa” non basta all’acquirente di non essere proprietario di altre abitazioni ma occorre che lo dichiari espressamente).
Inoltre, in termini più generali va evidenziato che l’articolo 10 dello Statuto del contribuente dispone che i rapporti fra contribuente ed Amministrazione finanziaria devono essere improntati al principio della collaborazione e della buona fede. Conseguentemente, se la legge richiede che non esista nient’altro che un “collegamento” fra due elementi di fatto, quali la dazione di denaro da un lato ed il suo successivo impiego per l’acquisto dall’altro lato, non è possibile escludere il perfezionamento del presupposto dell’esenzione (e, cioè, del collegamento) solamente perché detto collegamento non sia stato espressamente dichiarato in atto; per la stessa ragione, nel campo dell’agevolazione prima casa, in cui la legge richiede che determinate dichiarazioni siano presenti nell’atto come presupposto dell’agevolazione, è pacifico che la mancanza di dette dichiarazioni possa essere rimediata con un atto integrativo.
Articolo tratto da “Euroconference News“
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