21 Novembre 2017

La tardiva proposizione dell’istanza di mediazione non determina l’improcedibilità della domanda

di Carolina Mancuso Scarica in PDF

Tribunale di Vasto, ord., 15 maggio 2017 – Giudice Pasquale

Mediazione delegata – Tardiva proposizione – Improcedibilità – Non sussiste (d.leg. 4 marzo 2010, n. 28, art. 5; cod. proc. civ., art. 152, comma 2°)

[1] Il termine di giorni quindici previsto dall’art. 5, comma 2°, d.leg. n. 28/2010, assegnato dal giudice alle parti per la presentazione della domanda di mediazione ha natura ordinatoria e non perentoria, sicché il deposito dell’istanza oltre il termine suddetto non determina l’improcedibilità della domanda, a meno che dal ritardo non sia derivato un pregiudizio all’effettivo esperimento della mediazione prima dell’udienza di verifica, fissata ex art. 5, comma 2°, d.leg. n. 28/2010.

 IL CASO

[1] L’ordinanza in commento affronta il tema della natura del termine di quindici giorni assegnato dal giudice per la proposizione dell’istanza di mediazione, ai sensi dell’art. 5, comma 2°, d.leg. n. 28/2010. In particolare, nel caso di specie, la questione trae origine da un’eccezione di improcedibilità formulata dalla parte convenuta all’udienza di rinvio, fondata, per l’appunto, sul presupposto che la domanda di mediazione fosse stata presentata oltre il termine assegnato.

SOLUZIONE

[1] Con il provvedimento in esame, il Tribunale di Vasto rigetta l’eccezione di improcedibilità della domanda giudiziale sollevata dalla parte convenuta. Al riguardo, ricostruito il dibattito giurisprudenziale relativo alla natura del termine per la presentazione della domanda di mediazione, il giudice conclude per la sua natura ordinatoria, valorizzando duplici argomentazioni. In primo luogo rileva come, da un punto di vista meramente formale, manchi un’espressa previsione di perentorietà del termine, ai sensi dell’art. 152, comma 2°, c.p.c. In secondo luogo, da un punto di vista sostanziale, evidenzia come non ricorrano nemmeno i presupposti per desumere la perentorietà del termine per via interpretativa, posto che lo scopo ad esso assegnato va ricercato nell’intento di compulsare le parti all’attivazione della procedura di mediazione, di modo che la stessa possa esaurirsi prima della celebrazione dell’udienza di rinvio. Invero, la ratio sottesa al termine di cui all’art. 5, comma 2°, d.leg. n. 28 cit., risponde ad un’esigenza di certezza dei tempi di definizione della mediazione, affinché la durata della parentesi extraprocessuale, che si apre con l’ordinanza di rimessione delle parti in mediazione, possa concludersi senza aggravare i tempi complessivi del giudizio. Ne consegue che, ai fini dell’avveramento della condizione di procedibilità della domanda, il tardivo esperimento della mediazione conclusasi regolarmente non produce gli stessi effetti del mancato esperimento della stessa.

QUESTIONI

[1] Il Tribunale di Vasto, accogliendo la tesi della non perentorietà del termine ex art. 5, comma 2°, d.leg. n. 28 cit., attribuisce maggiore rilevanza al profilo sostanziale sotteso allo svolgimento della mediazione, piuttosto che al profilo meramente formale del rispetto del termine di giorni quindici assegnato dal giudice per la presentazione della domanda (la pronuncia si allinea a Cass., sez. un., 18 aprile 2016, n. 7665, Foro. it., Rep. 2016, voce Notificazione civile, n. 13, secondo cui “la lesione delle norme processuali non può essere invocata in sé e per sé, ma solo quando quel pregiudizio determina una lesione del diritto di difesa della parte”).

Ciò posto, prima di accogliere la tesi della non perentorietà del termine, il giudice di merito ripercorre il dibattito svoltosi in giurisprudenza circa la natura del termine medesimo.

Al riguardo, secondo alcuni si tratta di un termine perentorio, desumibile in via interpretativa dalla stessa funzione ad esso assegnata e cioè quella di assicurare il verificarsi della condizione di procedibilità della domanda giudiziale (v. Trib. Lecce, 3 marzo 2017, www.dirittoegiustizia.it, con nota di Tantalo, Per il Tribunale di Lecce il termine per la presentazione dell’istanza di mediazione è perentorio; Trib. Cagliari, 8 febbraio 2017, www.dejure.it; Trib. Firenze, 14 settembre 2016, www.eclegal.it, con nota di Serra, Sulla tempestività della domanda di mediazione c.d. delegata).

Secondo altri, invece, in assenza di un’espressa previsione di perentorietà, si tratta di un termine ordinatorio la cui violazione non determina l’improcedibilità della domanda principale, a meno che il ritardo nella presentazione dell’istanza di mediazione non abbia pregiudicato l’effettivo esperimento della procedura prima dell’udienza di verifica (v. Trib. Vasto, 27 settembre 2017, www.dirittoegiustizia.it; Trib. Roma, 14 luglio 2016, www.dejure.it; Trib. Milano, 27 settembre 2016, www.eclegal.it, con nota di Adorno, Mediazione delegata: non è perentorio il termine assegnato dal giudice; Trib. Pavia, 14 ottobre 2015, www.adrintesa.it).

Secondo altri ancora, infine, dalla natura ordinatoria del termine discende la facoltà per la parte su cui incombe l’onere di presentare la domanda di mediazione di ottenerne una proroga ex art. 154 c.p.c., purché tale istanza sia depositata prima della scadenza del termine medesimo e che la proroga non superi la durata del termine originario. In mancanza di queste condizioni, la parte decade dalla facoltà di instaurare il procedimento di mediazione, sicché la domanda diventa improcedibile (così Trib. Savona, 26 ottobre 2016, www.101mediatori.it; Trib. Monza, 21 gennaio 2016, www.dirittoegiustizia.it, con nota di Valerini, Incertezze su chi sia la parte onerata alla mediazione nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo; Trib. Como, 12 gennaio 2015, www.eclegal.it, con nota di Polizzi, Mediazione obbligatoria e natura del termine per l’attivazione del procedimento che accolgono l’orientamento in tema di proroga dei termini ordinatori espresso da Cass., 21 febbraio 2013, n. 4448, Foro. it., Rep. 2013, voce Prova civile in genere, n. 35).

Ebbene, il Tribunale di Vasto accoglie la seconda delle tesi sopra esposte, avvalorando la mancanza di una espressa previsione di perentorietà, neppure desumibile – secondo una tesi estensiva dell’art. 152, comma 2°, c.p.c. – per via interpretativa (v. Picardi e Martino, voce Termini (diritto processuale civile), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1994, XXXI, 4 e Cass., 19 gennaio 2005, n. 1064, Foro it., Rep. 2005, voce Termini processuali civili, n. 16, secondo cui i termini sono «ordinatori, salvo che la legge li dichiari espressamente perentori o la perentorietà consegua allo scopo e alla funzione adempiuta»). Peraltro, conclude il giudice di merito, diversamente opinando si perverrebbe ad una interpretazione estensiva in malam partem della disposizione normativa che sanziona l’improcedibilità della domanda e si darebbe maggiore rilevanza ad un elemento meramente formale rispetto al fattore sostanziale finalizzato ad incentivare il ricorso alla mediazione.

Facendo dunque applicazione di tali considerazioni, il giudice rigetta l’eccezione di improcedibilità della domanda.

Da ultimo, valuta come scorretto il comportamento della parte convenuta che per ben due volte non si presentava al primo incontro di mediazione, convinta della fondatezza della sua eccezione. Per tali ragioni, il convenuto viene condannato ai sensi dell’art. 8, comma 4-bis, d.leg. n. 28/2010 per non aver partecipato al procedimento di mediazione senza giustificato motivo.