28 Maggio 2024

La struttura (necessariamente) bifasica delle opposizioni esecutive

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 9 aprile 2024, n. 9451 – Pres. De Stefano – Rel. Tatangelo

Esecuzione forzata – Opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi – Fase sommaria innanzi al giudice dell’esecuzione – Necessità – Mancato svolgimento – Conseguenze

La preliminare fase sommaria delle opposizioni esecutive (successive all’inizio dell’esecuzione) davanti al giudice dell’esecuzione (ai sensi degli artt. 615, comma 2, 617, comma 2, 618 e 619 c.p.c.) è necessaria e inderogabile, in quanto prevista non solo per la tutela degli interessi delle parti del giudizio di opposizione, ma anche di tutte le parti del processo esecutivo e, soprattutto, in funzione di esigenze pubblicistiche, di economia processuale, di efficienza e di regolarità del processo esecutivo e di deflazione del contenzioso ordinario, sicché la sua omissione, così come il suo irregolare svolgimento, ove abbia impedito la regolare instaurazione del contraddittorio nell’ambito del processo esecutivo e il preventivo esame dell’opposizione da parte del giudice dell’esecuzione – in vista non solo di eventuali richieste cautelari, ma anche dell’esercizio dei poteri officiosi diretti a regolare il corso dell’esecuzione – determina l’improponibilità della domanda di merito e l’improcedibilità del giudizio di opposizione a cognizione piena.

CASO

Nell’ambito di un’espropriazione immobiliare, veniva proposta opposizione avverso l’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione, disattese le contestazioni mosse avverso il progetto di distribuzione, ne aveva dichiarato l’approvazione.

L’opposizione era accolta dal Tribunale di Lamezia Terme, con sentenza che veniva gravata con ricorso per cassazione dal creditore che aveva visto pregiudicata l’attribuzione disposta in suo favore.

Nello specifico, si sosteneva l’inammissibilità ovvero l’improcedibilità dell’opposizione, in quanto non preceduta dalla necessaria fase sommaria davanti al giudice dell’esecuzione, dal momento che l’originario ricorso non era stato depositato nel fascicolo del processo esecutivo, ma iscritto nel ruolo degli affari contenziosi, sicché il giudice dell’esecuzione, cui pure era stato trasmesso, lo aveva qualificato come atto introduttivo del giudizio di cognizione di merito dell’opposizione e, invece di fissare innanzi a sé la comparizione delle parti per lo svolgimento della fase sommaria, aveva rimesso il fascicolo al giudice della cognizione, senza sentire le parti.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, avendo rilevato che non solo era stato violato il principio della struttura bifasica delle opposizioni esecutive (in forza del quale occorre che il giudice dell’esecuzione disponga la comparizione della parti davanti a lui, fissando un termine perentorio per la notificazione del ricorso e, all’esito della fase sommaria, un ulteriore termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito), ma che il ricorrente non aveva comunque rispettato il termine per la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di merito ex art. 618, comma 2, c.p.c. che era stato stabilito dal giudice cui era stata assegnata l’opposizione, che andava quindi dichiarata inammissibile in ragione della decadenza così verificatasi.

QUESTIONI

[1] L’opposizione proposta una volta che l’esecuzione sia iniziata – ai sensi dell’art. 615, comma 2, c.p.c., ovvero dell’art. 617, comma 2, c.p.c. – va introdotta con ricorso indirizzato allo stesso giudice dell’esecuzione (inteso come magistrato persona fisica), il quale, con decreto, fissa l’udienza di comparizione delle parti e il termine perentorio entro cui ricorso e decreto debbono essere notificati; all’udienza, il giudice dell’esecuzione si limita a pronunciare con ordinanza i provvedimenti opportuni e indilazionabili, oppure a sospendere la procedura esecutiva, assegnando un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito.

Conclusasi la fase sommaria, nel cui ambito il giudice dell’esecuzione è messo nelle condizioni di rilevare – anche in via officiosa – le questioni che possono rendere inutile, superflua e antieconomica la prosecuzione del processo esecutivo, si passa al giudizio di cognizione vero e proprio, in quanto la parte interessata (tenuto conto del meccanismo estintivo delineato dal comma 3 dell’art. 624 c.p.c.) lo abbia ritualmente e tempestivamente introdotto.

In questo modo, il ricorso in opposizione, pur costituendo l’atto introduttivo di una distinta azione giudiziale, va qualificato come atto endoesecutivo, visto che il procedimento ex artt. 615 e 617 c.p.c. ha natura unitaria ma struttura necessariamente bifasica, articolandosi in una prima fase a cognizione sommaria (di competenza funzionale e inderogabile del giudice dell’esecuzione, cui va indirizzato il ricorso) e in una seconda fase, meramente eventuale, a cognizione piena, che si attua con l’iscrizione a ruolo contenzioso del procedimento e la notifica dell’atto introduttivo nel termine all’uopo assegnato dal medesimo giudice dell’esecuzione.

La giurisprudenza è ferma nel sostenere l’impossibilità di instaurare direttamente il giudizio di opposizione esecutiva senza passare dalla fase preliminare dinanzi al giudice dell’esecuzione: quest’ultima, infatti, è necessaria e inderogabile, giacché diretta a tutelare gli interessi di tutte le parti del processo esecutivo e a consentire l’esercizio dei poteri officiosi del giudice dell’esecuzione, volti a salvaguardare esigenze pubblicistiche di economia processuale, di efficienza e di regolarità del processo esecutivo, nonché di deflazione del contenzioso. La sua omissione, il suo irregolare svolgimento, la sua mancata rinnovazione o regolarizzazione, pertanto, determinano l’improponibilità della domanda di merito e l’improcedibilità del giudizio di opposizione a cognizione piena.

Detto questo, va operato un distinguo, a seconda che l’omesso svolgimento della fase sommaria dell’opposizione davanti al giudice dell’esecuzione sia o meno imputabile alla parte ricorrente:

  • nel primo caso, infatti, la nullità prodottasi non potrà essere sanata, a meno che – per effetto di quanto stabilito dall’art. 156, comma 3, c.p.c. – l’atto abbia comunque raggiunto il suo scopo (è il caso, per esempio, del ricorso depositato in un fascicolo diverso da quello dell’esecuzione, che, per iniziativa della stessa parte o della cancelleria, ovvero d’ufficio, sia comunque stato trasmesso al giudice dell’esecuzione);
  • nel secondo caso, invece, la nullità non potrà condurre all’immediata declaratoria d’inammissibilità dell’opposizione, in quanto riconducibile non all’opponente, ma a un errore dell’ufficio giudiziario (si pensi al mancato tempestivo inserimento del ricorso nel fascicolo dell’esecuzione per un errore della cancelleria), con la conseguenza che il giudizio di cognizione di merito svoltosi senza la preventiva fase sommaria davanti al giudice dell’esecuzione dovrà bensì essere rinnovato, previo svolgimento della fase sommaria omessa, ma senza alcuna decadenza per la parte opponente (diversamente da quanto accade se l’omissione le sia imputabile).

Nella fattispecie esaminata con la sentenza annotata, il ricorso introduttivo dell’opposizione non solo era stato assegnato a un giudice deputato alla trattazione dei giudizi di cognizione ordinaria – anziché a quello dell’esecuzione – perché il ricorrente lo aveva iscritto nel ruolo degli affari contenziosi, ma non era stato nemmeno notificato nel termine perentorio fissato dal giudice alfine designato per la trattazione dell’opposizione.

Tale circostanza, secondo la Corte di cassazione, assumeva rilevanza dirimente ai fini della declaratoria di improcedibilità dell’opposizione, al punto da rendere superfluo stabilire sia perché non avesse avuto luogo la necessaria fase sommaria davanti al giudice dell’esecuzione, sia se la fissazione dell’udienza di comparizione da parte del giudice assegnatario dell’opposizione fosse avvenuta onde consentire lo svolgimento avanti a sé della fase sommaria (per quanto in violazione della disciplina codicistica), oppure del solo giudizio di merito, dal momento che, in entrambi i casi, si sarebbe trattato di termine da qualificarsi come perentorio ai sensi, rispettivamente, del comma 1 o del comma 2 dell’art. 618 c.p.c., la cui violazione determina l’improponibilità e l’improseguibilità dell’opposizione.

La medesima conclusione si sarebbe imposta anche volendo ritenere che la fase sommaria si fosse svolta – sia pure in modo irregolare – davanti al giudice dell’esecuzione, che, invece di disporre la convocazione delle parti innanzi a sé, aveva trasmesso il ricorso al giudice della cognizione: anche in questo caso, infatti, il giudice dell’esecuzione, pur essendo venuto a conoscenza dell’opposizione, non aveva assegnato il termine per l’instaurazione del giudizio di merito, con la conseguenza che la parte interessata avrebbe dovuto chiederne la fissazione, con istanza proposta ai sensi dell’art. 289 c.p.c., ovvero introdurre o riassumere di sua iniziativa il giudizio di merito, nel medesimo termine perentorio previsto dalla succitata disposizione.

In altre parole, secondo i giudici di legittimità, quand’anche si fosse esclusa la rilevanza della sostanziale omissione della fase sommaria dell’opposizione per ragioni imputabili al giudice dell’esecuzione, l’opponente avrebbe avuto l’onere di instaurare il giudizio di merito, mediante notificazione del relativo atto introduttivo alla controparte nel termine perentorio di cui all’art. 289 c.p.c., decorrente al più tardi da quando il giudice dell’esecuzione aveva disposto la trasmissione del ricorso al giudice della cognizione, senza assegnare egli stesso il termine ex art. 618, comma 2, c.p.c.

Il che non era avvenuto, con conseguente decadenza dell’opponente dalla relativa facoltà processuale e definitiva inammissibilità dell’opposizione.

In altra fattispecie, in cui pure era stata lamentato l’irrituale svolgimento della fase sommaria dell’opposizione, Cass. civ., sez. III, 11 aprile 2024, n. 9811, ha invece escluso l’improponibilità delle domande dell’opponente, nonostante i plurimi vizi del provvedimento assunto dal giudice dell’esecuzione (che, senza convocare le parti, aveva dichiarato estinta la procedura esecutiva), dal momento che le irregolarità erano state tempestivamente denunciate con il reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. al collegio, che, previa instaurazione del contraddittorio, aveva revocato il provvedimento censurato, adottando i provvedimenti indilazionabili di natura cautelare che avrebbe dovuto assumere il giudice dell’esecuzione e assegnando il termine per l’introduzione del giudizio di merito erroneamente non fissato dallo stesso giudice dell’esecuzione.

Di conseguenza, poiché doveva ritenersi che la fase sommaria dell’opposizione nell’ambito del processo esecutivo si fosse di fatto svolta, sia pure davanti al collegio a seguito di reclamo, ponendosi così rimedio alle irregolarità commesse dal giudice dell’esecuzione, il giudizio di merito dell’opposizione non poteva dichiararsi inammissibile.

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