1 Febbraio 2022

La stabilità del rapporto qualifica come agente e determina l’obbligo di pagare i contributi all’Enasarco

di Valerio Sangiovanni, Avvocato

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 1102 del 14 gennaio 2022, Pres. Berrino, Rel. De Felice

Parole chiave

Contratto di agenzia – Procacciamento d’affari – Stabilità del rapporto – Obbligo di pagare i contributi all’Enasarco

Massima: “Quando sussiste la volontà delle parti di dare corso a un rapporto stabile, diverso da un mero procacciamento di affari, circostanza che risulta provata dalla regolare e costante emissione di fatture a cadenza trimestrale (riferite a una pluralità indeterminata di affari), il rapporto va qualificato come contratto di agenzia, con la conseguenza che la società preponente è obbligata a pagare i contributi all’Enasarco”.

Disposizioni applicate

Art. 1742 c.c. (nozione), art. 1749 c.c. (obblighi del preponente)

CASO

Una società a responsabilità limitata si avvale di un collaboratore per la vendita dei propri prodotti, ma omette di pagare i relativi contributi previdenziali all’Enasarco. L’Enasarco agisce in giudizio nei confronti della società, sostenendo che il rapporto debba qualificarsi come contratto di agenzia. La corte di appello afferma che il rapporto fra le parti può essere qualificato come contratto di agenzia, a causa del suo carattere di stabilità, con conseguente sussistenza dell’obbligo contributivo in capo alla s.r.l. preponente.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione conferma la sentenza della corte di appello. Gli accertamenti in fatto svolti nei precedenti gradi di giudizio dimostrano il carattere di stabilità del rapporto. In particolare era emersa l’emissione di fatture, da parte dell’agente, con carattere di continuità nel tempo, a cadenza trimestrale, riferite a una pluralità indeterminata e non specifica di affari, segno dell’atteggiarsi concreto del rapporto in modo non occasionale.

QUESTIONI

L’Enasarco ha interesse ad ampliare il novero dei soggetti che sono obbligati a versare i contributi. È in questo contesto che va collocata l’ordinanza della Corte di cassazione in commento. L’obbligo di pagamento dei contributi sussiste per la società preponente se il proprio collaboratore va qualificato come “agente”, non se si tratta di una figura professionale diversa, quale il procacciatore d’affari.

Va premesso che il contratto di procacciamento d’affari non è espressamente disciplinato dal codice civile, ma è stato sviluppato nella prassi commerciale. Con detto contratto vengono disciplinati i rapporti con i soggetti che collaborano in via occasionale con l’imprenditore nella vendita dei suoi prodotti, mediante la raccolta e la trasmissione di ordini di acquisto, senza carattere di continuità nel tempo.

Dal punto di vista dell’attività materiale svolta, quella di procacciatore assomiglia all’operato degli agenti. La differenza, secondo l’orientamento giurisprudenziale, sta nella “occasionalità” del lavoro del procacciatore, diversa dalla “stabilità” del lavoro dell’agente. L’art. 1742 comma 1 c.c. dà la nozione di contratto di agenzia: “col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata”. L’agente si caratterizza pertanto per la stabilità dell’incarico;

Nell’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione qualifica come agente la persona coinvolta per il carattere di stabilità dell’incarico. Sussiste nel caso di specie la stabilità, poiché gli elementi indiziari esaminati in corso di causa hanno indotto il giudice a ritenere stabile il rapporto instaurato fra la società produttrice dei beni e la persona che li distribuiva. Questi principi enunciati dalla Corte di cassazione nell’ordinanza in commento trovano conforto nella precedente giurisprudenza. Tuttavia, in altri casi, non è riuscita all’Enasarco la prova della stabilità del rapporto. Volendo limitarsi a qualche esempio, si consideri Corte di cassazione, n. 16565 del 31 luglio 2020: l’Enasarco chiede al giudice l’emissione di un decreto ingiuntivo per il significativo importo di circa € 207.000 a titolo di contributi omessi per procacciatori d’affari che in realtà – secondo l’istituto pensionistico – dovrebbero essere considerati come agenti. In questo caso, peraltro, la Cassazione nega che i procacciatori siano agenti: risulta difatti che non lavorano con stabilità per la società preponente. Si veda anche Corte di cassazione, n. 12197 del 22 giugno 2020: vi erano dei contratti scritti di procacciamento d’affari che l’Enasarco intende riqualificare come contratti di agenzia. La Cassazione, peraltro, rileva che le provvigioni percepite sono discontinue nel tempo (oltre che limitate negli importi) e ritiene che non vi sia la prova della stabilità del rapporto, revocando così il decreto ingiuntivo che era stato inizialmente ottenuto contro la società preponente.

Nell’ordinanza n. 1102 del 14 gennaio 2022 in commento, la Corte di Cassazione valorizza la “continuità” delle fatture emesse dall’agente. Se vengono emesse dal collaboratore fatture regolarmente (tipicamente con cadenza trimestrale), è ragionevole assumere che il rapporto presenti caratteri di stabilità. Sotto questo profilo non dovrebbe nemmeno – di per sé – rilevare l’importo delle fatture, che potrebbe anche essere esiguo. Si consideri difatti che l’agente può essere monomandatario oppure plurimandatario. Nel caso di agente plurimandatario, ossia che lavora per più case mandanti, è comune che con qualcuna di esse abbia introiti marginali, senza che per ciò si possa negare la continuità del rapporto e dunque la qualità di agente. Ma anche se un agente lavorasse come monomandatario, il criterio decisivo non è quello dell’importo delle fatture, bensì quello della loro continuità nel tempo.

L’emissione delle fatture da parte dell’agente è una tematica non affrontata direttamente dal codice civile, trattandosi di un profilo fiscale. Peraltro l’art. 1749 comma 2 c.c. impone al preponente di consegnare “all’agente un estratto conto delle provvigioni dovute al più tardi l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale esse sono maturate… Entro il medesimo termine le provvigioni liquidate deve essere effettivamente pagate all’agente”. Come si può notare, i rapporti economici fra preponente e agente hanno questa cadenza trimestrale. Ne consegue che è comune che l’agente emetta fatture con periodicità trimestrale (al più tardi all’atto della ricezione del pagamento delle provvigioni). Se le fatture dell’agente alla società preponente vengono emesse ogni tre mesi senza soluzione di continuità, è difficile negare che il rapporto fra le parti abbia carattere di continuità e di stabilità nel tempo.

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