La sostituzione fraudolenta di beni immobili con partecipazioni societarie legittima l’azione in revocatoria da parte del creditore
di Vittorio Greco, praticante avvocato Scarica in PDFCassazione civile, sez. III, 14 Luglio 2023, n. 20232.
Parole chiave: Società – Revocatoria ordinaria – Eventus damni – Sostituzione di beni immobili con partecipazioni societarie –Variazione qualitativa del patrimonio del creditore – Creditore – Debitore
Massima: “In tema di azione revocatoria, il requisito oggettivo dell'”eventus damni”, il quale ricorre non solo nel caso in cui l’atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando determini una variazione soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito, è configurabile in caso di sostituzione di beni immobili con partecipazioni societarie, le quali sono soggette a maggiori mutamenti di valore.”
Disposizioni applicate: art. 2332 c.c., art. 2901 c.c.
Nel caso di specie, la società Delta aveva alienato a S. 900.000 azioni della società Alpha pattuendo, come modalità di corresponsione del prezzo, la sostituzione con garanzie proprie, da parte di Beta, delle fideiussioni rilasciate da Delta in favore della BNL e di Mps entro un termine prestabilito.
Decorso il termine, a fronte del mancato adempimento dell’obbligazione da parte di Beta, Delta ha agito in giudizio per ottenere, in primo luogo, l’accertamento dell’inadempimento di Beta e, conseguentemente, la condanna al pagamento della penale pattuita e dei maggiori danni subiti. In secondo luogo, il ricorrente ha agito per la revocazione degli atti posti in essere da S. volti alla diminuzione del proprio patrimonio.
Nel giudizio in esame, la Corte ha accolto le tesi già sposate dai giudici di primo e secondo grado e ha proceduto a rigettare i motivi di ricorso proposti da Beta.
In particolare, limitatamente a quanto in questa sede rileva:
Con riguardo al primo motivo, relativamente alla lamentata violazione dell’art. 2332 c.c., la parte ricorrente ha sostenuto che il precedente orientamento della Cassazione, che ha escluso l’incompatibilità dell’azione revocatoria con l’art. 2332 c.c., dovesse essere disatteso a causa della sopravvenuta modifica del testo della disposizione.
In particolare, la tesi di parte ricorrente è che, una volta che la società è iscritta nel registro, il suo patrimonio è noto ai terzi che vi fanno affidamento e che sarebbero pregiudicati da un mutamento del patrimonio dovuto all’azione revocatoria.
La Corte ha rigettato in toto il motivo di ricorso, sostenendo che la nuova disciplina dell’art. 2332 c.c. non ha inciso sull’art. 2901 c.c. che fa salvi i diritti dei terzi acquisiti in buona fede.
Ha inoltre puntualizzato che, qualora l’atto di conferimento fosse irrevocabile, sarebbe uno strumento sicuro per sottrarre beni alla garanzia del creditore.
Con riguardo al motivo che in questa sede maggiormente rileva, circa la corretta applicazione dell’art. 2901 c.c., la ricorrente ha contestato la valutazione operata dal giudice di merito, sostenendo che, il fatto che “il bene immobile sia più facilmente liquidabile in sede esecutiva di una partecipazione ad una società”, fosse un apprezzamento del tutto arbitrario.
La Corte, rilevando l’infondatezza del motivo, ha, prima di tutto, rimarcato la corretta interpretazione operata dal giudice di merito nel ritenere il bene immobiliare di più pronta liquidazione rispetto alla partecipazione societaria e, di conseguenza, legittimando l’azione revocatoria del creditore, dal momento che “non è necessaria una compromissione della consistenza del patrimonio del debitore, essendo sufficiente che l’atto di disposizione abbia reso meno agevole o più difficile la soddisfazione del credito (Cass 1902/20215)”.
Ha inoltre sostenuto che anche una variazione qualitativa del patrimonio del debitore possa giustificare un’azione revocatoria, e tale deve ritenersi la sostituzione di beni immobili con partecipazioni societarie, essendo noto che queste sono soggette a mutamenti di valore, se non altro, maggiori di quelli.
Di conseguenza la corte ha rigettato le pretese della ricorrente, condannandola al pagamento delle spese di lite.
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