La rinuncia al legato in sostituzione di legittima quale condizione dell’azione di riduzione
di Matteo Ramponi, Avvocato Scarica in PDFCassazione Civile, Sezione 2, ordinanza n. 13530 del 29 aprile 2022
SUCCESSIONI “MORTIS CAUSA” – SUCCESSIONE NECESSARIA – DIRITTI RISERVATI AI LEGITTIMARI – Legato in sostituzione di legittima – Rinuncia – Modalità – Rilevanza della proposizione dell’azione di riduzione – Esclusione – Rinuncia quando è in corso la causa di riduzione – Tardività – Insussistenza
Massima: “La rinuncia al legato in sostituzione di legittima, fatta salva la forma scritta quando il legato abbia per oggetto beni immobili, ben può risultare da atti univoci compiuti dal legatario, implicanti necessariamente la volontà di rinunciare al legato, tra i quali non rientra la proposizione dell’azione di riduzione, ben potendo ipotizzarsi un duplice intento del legittimario di conservare il legato conseguendo anche la legittima, cosicché la rinuncia al legato sostitutivo, intervenuta nel corso della causa di riduzione, non è tardiva in senso strettamente temporale, potendo la stessa utilmente avere luogo anche prima della spedizione della causa a sentenza”.
Disposizioni applicate
Articoli 551, 536, 649 e 650 cod. civ.
[1] La decisione in rassegna riguarda la successione testamentaria di Tizia, la quale aveva disposto, a favore de proprio coniuge, Caio, un legato in sostituzione di legittima avente ad oggetto le somme giacenti su un conto corrente. Questi, adito il giudice di primo grado, si vedeva riconoscere il diritto ad agire in riduzione in relazione a una donazione che sarebbe stata realizzata dalla defunta in favore dei propri nipoti ex fratre, avendo il legittimario rinunciato al legato. In particolare, il Tribunale, ha ritenuto che il comportamento complessivo di Caio, anteriore e successivo alla proposizione della controversia, dovesse essere valutato quale espressione di effettiva rinuncia al legato sostitutivo.
La Corte d’Appello ha confermato la decisione, osservando, con riferimento alla questione dell’avvenuta rinuncia al legato, che sebbene Caio avesse incassato una piccola parte delle somme giacenti sul conto corrente, egli aveva provveduto al pagamento delle spese necessarie per le esequie, la sepoltura e le onoranze funebri (e, quindi, spese facenti carico alla massa ereditaria in prededuzione rispetto al soddisfacimento di eredità e di legati) per una somma ben superiore. Correttamente, dunque, il primo giudice aveva escluso che detto incasso costituisse accettazione del legato in sostituzione di legittima, ritenendo, al contrario, sussistenti elementi validi a far ritenere che il comportamento complessivo di Caio dovesse essere valutato come espressione di effettiva rinuncia al legato.
Un primo passaggio avanti alla Suprema Corte portava alla Cassazione con rinvio della sentenza.
La Corte d’appello, adita in sede di rinvio, ha riconosciuto che la Suprema Corte, pure in assenza di un’esplicita articolazione del principio di diritto, aveva affermato che il coniuge legittimario, destinatario di un legato sostitutivo, non avrebbe potuto agire in riduzione senza preventivamente rinunciare al legato. Ciò posto la Corte di rinvio ha ritenuto che non fosse ravvisabile nel comportamento del legittimario alcuna rinuncia al legato sostitutivo, essendo tardiva la rinuncia formulata a verbale in corso di causa.
Avverso tale sentenza, l’erede di Caio, nel frattempo deceduto, proponeva ricorso in Cassazione.
[2] Con il primo motivo, il ricorrente sostiene che la sentenza d’appello non fu cassata per violazione di norme di diritto, ma per vizio di motivazione. Male avrebbe fatto perciò la Corte d’Appello a ravvisare nella pronuncia di legittimità l’enunciazione del principio che il legittimario non avrebbe potuto agire in riduzione senza preventivamente rinunciare al legato.
Con il secondo, evidenzia come ammesso e non concesso che la pronuncia di legittimità contenesse affermazioni giuridiche vincolanti per il Giudice di rinvio, il vincolo avrebbe dovuto essere circoscritto alla necessità della rinuncia e non al tempo della stessa rinuncia al legato sostitutivo: la rinuncia al legato, integrando una condizione dell’azione e non un presupposto processuale, potrebbe utilmente intervenire anche in corso di causa.
Gli Ermellini hanno ritenuto fondati entrambi i motivi, così argomentando.
Dapprima richiamano e fanno propria la tesi secondo cui la rinunzia al legato sostitutivo della legittima, fatto salvo il requisito della forma scritta quando il legato ha per oggetto beni immobili[1], può risultare da atti univoci compiuti dal legatario, implicanti necessariamente la volontà di rinunciare al legato. Indi, precisano che “atto univoco non è la sola dichiarazione di rifiutare le disposizioni testamentarie, in quanto lesive dei diritti dei legittimari, non potendosi negare a priori a siffatta dichiarazione il significato proprio di una mera riserva di chiedere soltanto l’integrazione della legittima, ferma restando l’attribuzione del legato. Non è atto univoco della volontà di rinunciare al legato sostitutivo neanche la proposizione dell’azione di riduzione, essendo ipotizzabile un duplice intento del legittimario di conseguire il legato e di conseguire la legittima“[2].
Nell’intento del legislatore, l’incompatibilità della vocazione a titolo particolare con il diritto alla quota riservata viene sanzionata subordinando la vocazione a titolo universale al rifiuto del legato. La domanda di riduzione sarà così respinta se il legittimario, prima della spedizione della causa a sentenza, non dichiari di rinunciare al legato.
Da tali considerazioni il Giudice di legittimità fa discendere la conseguenza che “la rinuncia al legato sostitutivo, intervenuta nel corso della causa di riduzione, non è mai tardiva in senso squisitamente temporale, potendo la rinuncia utilmente intervenire prima della spedizione della causa a sentenza, ma al limite irrilevante, in presenza di una precedente accettazione, espressa o implicita, che avesse consumato la facoltà di rinuncia del legatario”.
La sentenza in commento esamina, quindi, la decisione del giudice del rinvio il quale aveva ritenuto che la Suprema Corte avesse enunciato il principio che la rinuncia dovesse necessariamente precedere l’esperimento dell’azione. A giudizio degli Ermellini, un simile assunto deriva da una lettura superficiale della sentenza di cassazione da parte della Corte di Appello. Il Giudice di legittimità, nell’identificare il senso della censura proposta con il motivo accolto, che ha poi giustificato per ciò solo la cassazione della sentenza, si esprimeva in questo modo: “Con il primo motivo i ricorrenti ribadiscono che Caio non poteva esperire l’azione di riduzione senza prima rinunciare al legato in sostituzione di legittima e soprattutto dopo averlo conseguito mediante la riscossione delle somme attribuitegli dalla de cuius. Il motivo è fondato. Nella specie non è contestato che la disposizione testamentaria di Tizia in favore del marito costituisse legato in sostituzione di legittima, per cui in tanto Caio avrebbe potuto esperire l’azione di riduzione in quanto avesse preventivamente rinunciato a tale legato. In ordine alla esistenza di tale rinuncia è del tutto apodittica la affermazione della sentenza impugnata, la quale si limita a condividere l’opinione del primo giudice, il quale ha affermato, al contrario, la sussistenza di elementi validi a far ritenere che il comportamento complessivo di Caio, anteriore e successivo alla proposizione della controversia, debba essere valutato come espressione di effettiva rinuncia al legato. Ad ogni modo si osserva che a nulla rileva il fatto che Caio abbia utilizzato le somme oggetto del legato per il pagamento di debiti di cui, quale legatario non avrebbe dovuto rispondere”.
A giudizio degli Ermellini l’espressione per cui Caio avrebbe potuto esperire l’azione di riduzione solo se “avesse preventivamente rinunciato a tale legato”, costituisce semplice passaggio argomentativo, che va letto in coordinazione con le considerazioni che seguono, che non sono incentrate sul tempo della rinuncia rispetto alla proposizione della domanda, ma sui comportamenti del legatario, che i giudici di merito non potevano liquidare come irrilevanti al fine di stabilite se il legato non fosse più rinunciabile in quanto conseguito.
La Suprema Corte conclude, pertanto, accogliendo il ricorso e affermando che la sentenza “al di là del vizio formalmente enunciato nella rubrica del motivo accolto (….), è stata cassata per vizio di motivazione, secondo la nozione risultante dall’articolo 360 c.p.c., nel testo vigente quando fu deciso l’originario ricorso”.
[3] La pronuncia in commento fornisce lo spunto per esaminare brevemente il rapporto tra rinuncia al legato in sostituzione di legittima ed esercizio dell’azione di riduzione.
Come noto, l’art. 551 cod. civ. nel disciplinare il legato in oggetto statuisce che il legittimario può rinunziare al legato e chiedere la legittima, ma che “se preferisce di conseguire il legato, perde il diritto di chiedere un supplemento nel caso che il valore del legato sia inferiore a quello della legittima.”
Due sono i profili che, nella presente sede, meritano un approfondimento.
In primo luogo, ci si interroga su quale forma debba rivestire la rinuncia al legato e quando essa debba intervenire al fine di poter agire in riduzione.
In mancanza di una norma espressa, prevale l’opinione che ritiene la rinuncia soggetta al principio di libertà della forma[3]. Fa eccezione l’ipotesi in cui il legato abbia ad oggetto beni immobili; in tal caso, infatti, si reputa che l’atto di rinuncia debba rivestire la forma scritta: anche il legato in sostituzione segue la regola generale dell’acquisto automatico e, pertanto, la rinuncia comporta la dismissione di un diritto già entrato nel patrimonio del legatario, il che giustifica l’applicazione del principio dettato dall’art. 1350 n. 5 cod. civ.[4].
In merito, invece, al profilo temporale della rinuncia in funzione dell’esperimento dell’azione di riduzione, si contrappongono due posizioni. A fronte di una corrente – prevalentemente giurisprudenziale[5] – che ritiene che essa sia condizione per l’esperimento stesso dell’azione e quindi debba precedere o, tuttalpiù, essere contestuale alla proposizione della domanda giudiziale, prevale in dottrina e nelle decisioni della Suprema Corte la tesi che, qualificando la rinuncia in termini di condizione di ammissibilità (e non di procedibilità) della domanda ammette possa intervenire anche in corso di causa, purché prima della rimessione in decisione[6].
In secondo luogo, occorre verificare se l’acquisizione del legato postuli a sua volta il rispetto di particolari oneri formali. Come già ricordato, l’acquisto del legato consegue automaticamente all’apertura della successione non differendo l’ipotesi in esame da un ordinario legato. Come, dunque, interpretare l’inciso “se preferisce conseguire il legato” di cui al citato art. 551 cod. civ.? La giurisprudenza, al riguardo, ritiene che al legatario sia attribuita una facoltà di scelta (dalla quale discende non l’accettazione del legato, bensì la perdita della facoltà di rinunzia, cui a sua volta consegue l’impossibilità di agire in riduzione), non soggetta a prescrizione e che può essere effettuata sino a che non si sia prescritta l’azione di riduzione[7]. Giova ricordare, tuttavia, come l’art. 650 cod. civ. consenta la richiesta di fissazione di un termine al legatario entro il quale dichiari se intende rinunciare o meno al legato.
Per quanto attiene alle modalità di espressione della predetta scelta, dottrina e giurisprudenza non ritengono necessaria una manifestazione esplicita, potendosi desumere la volontà di conseguire il legato anche da comportamenti concludenti[8]. La sentenza epigrafata puntualizza, al riguardo, che ciò “non vuol dire che l’accettazione sia inutile o irrilevante. Con l’accettazione, infatti, il legatario fa definitivamente proprio il beneficio del legato e ciò si traduce nella definitività giuridica dell’acquisto, rendendo del tutto irrilevante una successiva rinuncia”.
[1] In giurisprudenza, su tutte si veda: Cass. Civ., Sez. Unite, Sentenza n. 7098 del 29/03/2011
[2] Nello stesso senso, vengono richiamati i precedenti di Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 15124 del 22/06/2010 e Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 26955 dell’11/11/2008
[3] Non si ritiene applicabile per analogia il disposto dell’art. 519 cod. civ., che prevede un rigido formalismo per la rinuncia all’eredità.
Preme, altresì, sottolineare, come la Suprema Corte abbia precisato – anche nella sentenza in commento – che, sebbene possa farsi discendere una rinuncia anche da atti non formali, la proposizione della domanda di riduzione non sia qualificabile ex se come rinuncia al legato sostitutivo.
[4] In tal senso anche Cass. Civ., n. 7098/2011, cit.: “In tema di legato in sostituzione di legittima, il legittimario in favore del quale il testatore abbia disposto ai sensi dell’art.551 cod.civ. un legato avente ad oggetto un bene immobile, qualora intenda conseguire la legittima, deve rinunciare al legato stesso in forma scritta ex art. 1350, primo comma, n.5 cod.civ., risolvendosi la rinuncia in un atto dismissivo della proprietà di beni già acquisiti al suo patrimonio; infatti, l’automaticità dell’acquisto non è esclusa dalla facoltà alternativa attribuita al legittimario di rinunciare al legato e chiedere la quota di legittima, tale possibilità dimostrando soltanto che l’acquisto del legato a tacitazione della legittima è sottoposto alla condizione risolutiva costituita dalla rinuncia del beneficiario, che, qualora riguardi immobili, è soggetta alla forma scritta, richiesta dalla esigenza fondamentale della certezza dei trasferimenti immobiliari”.
[5] Si vedano, Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 13380 del 22/06/2005; Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 13785 del 22/07/2004
[6] Si vedano, in giurisprudenza: Cass. Civ., n. 7098/2011, cit., nonché, più di recente Cass. Civ., Sez. 2, Ordinanza n. 19646 del 04/08/2017.
[7] Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 459 del 26/01/1990: “Il potere attribuito ex art. 551 cod. civ. ad un legittimario onorato di un legato in sostituzione di legittima di conseguire la quota dei beni ereditari nella misura stabilita dalla legge attraverso l’esercizio dell’azione di riduzione, anziché di conservare il legato, postula l’assolvimento dell’onere di rinunciare al legato, per cui, attesa la natura di facoltà del relativo potere di scelta e della rinunzia (art. 650 cod. civ.), non è ipotizzabile una autonoma prescrittibilità, avulsa da quella del diritto in cui sono comprese”.
[8] Si vedano Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 20711 del 10/09/2013; Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 11288 del 16/05/2007; Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 13785 del 22/07/2004; Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 4883 del 27/05/1996;
Centro Studi Forense - Euroconference consiglia