La responsabilità oggettiva dell’amministratore di società appartenente ad un gruppo di imprese
di Virginie Lopes, Avvocato Scarica in PDFCassazione Civile, Sez. I, Ordinanza, 3 marzo 2021, n. 5795
Parole chiave: Società – Azione di responsabilità contro gli amministratori – Responsabilità dell’amministratore
Massima: La responsabilità dell’amministratore di una società per inosservanza dei suoi obblighi di vigilanza sull’andamento della società e di attivarsi diligentemente per impedire il compimento di atti pregiudizievoli non è esclusa dall’appartenenza della società ad un gruppo di imprese, anche se l’amministratore sia rimasto di fatto estraneo alla gestione della società e abbia subito l’ingerenza di altri nella conduzione dell’impresa sociale o si sia limitato ad eseguire decisioni prese in altra sede.
Disposizioni applicate: art. 2392 c.c., art. 2393 c.c., art. 2394 c.c., art. 2449 c.c. e art. 146 L.F.
Nel caso di specie, il curatore fallimentare di una società facente parte di un gruppo ha promosso dinanzi al Tribunale di Messina un’azione di responsabilità, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2393c.c., 2394 c.c. e 146 L.F., nei confronti di un (ex) amministratore della società.
L’amministratore si è difeso, facendo valere, da una parte, una sentenza di proscioglimento dai reati di falso, truffa, false comunicazioni e bancarotta fraudolenta resa in un procedimento penale avente ad oggetto la stessa vicenda e, dall’altra, il fatto di essere stato un semplice prestanome che, nonostante il conferimento dell’incarico, era sempre rimasto estraneo alla gestione della società.
Il Tribunale e poi la Corte di Appello di Messina hanno respinto le difese dell’amministratore e accertato e dichiarato la sua responsabilità per aver omesso di adempiere ai propri obblighi di vigilanza sull’andamento della società amministrata, consentito l’interferenza degli amministratori della società capogruppo nella gestione della società, omesso di attivarsi per impedire il compimento di atti pregiudizievoli e per essersi limitato a dare corso a decisioni assunte da altri.
L’amministratore ha pertanto proposto ricorso in cassazione; tuttavia la Corte di Cassazione, ritenendo corrette le valutazioni dei giudici di merito, ha rigettato il ricorso.
Essendo l’ordinanza in esame particolarmente articolata, andremo qui a soffermarci soltanto su alcuni punti di maggior interesse ed in particolare (i) sul tema del giudicato penale e del processo civile di risarcimento del danno, (ii) su quello della responsabilità dell’amministratore di una società facente parte di un gruppo e (iii) su quello della mancata rilevanza, ai fini dell’esonero di responsabilità dell’amministratore, della delega ad altri di funzioni o dell’assenza di rilievi da parte del collegio sindacale.
(i) Giudicato penale e processo civile di risarcimento del danno
La Suprema Corte ha ritenuto che la sentenza impugnata aveva correttamente escluso che la sentenza penale di proscioglimento ai sensi dell’art. 425 c.p.p. invocata dall’amministratore potesse spiegare efficacia vincolante nel giudizio civile di responsabilità promosso dal curatore fallimentare della società.
La Corte di Cassazione ha infatti ritenuto, conformemente a quanto deciso in precedenza[1], che l’art. 652 c.p.p. attribuisce efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo di risarcimento del danno alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o assoluzione, solo se pronunciata a seguito di dibattimento.
Ne consegue che, nel caso di specie, la deroga al principio di autonomia e separazione tra giudizio penale e giudizio civile non poteva operare posto che la pronuncia penale era stata emessa all’esito della sola udienza preliminare, senza che ci fosse quindi alcun dibattimento.
(ii) Responsabilità dell’amministratore di una società facente parte di un gruppo
La Corte di Cassazione torna, nel caso che ci interessa, ad affrontare il tema della responsabilità degli amministratori di società facenti parte di gruppi, riaffermando il principio secondo cui il gruppo di imprese non costituisce un soggetto giuridico unico o comunque un centro di interessi autonomo rispetto alle società collegate.
Alla luce di ciò, ai fini della responsabilità degli amministratori, in mancanza di prova di un accordo fra le varie società, volto a creare un’impresa unica, con direzione unitaria e patrimoni accomunati, deve essere valutato il comportamento che la legge e l’atto costitutivo impongono rispetto alla società di appartenenza e gli amministratori rispondono verso la società di appartenenza in caso di inosservanza dei loro doveri (in particolare quelli di vigilanza sull’andamento gestionale)[2].
Del resto, la Suprema Corte costantemente si è espressa in tal senso e, come sottolineato nell’ordinanza in esame, sia la disciplina in tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, sia l’art. 2497 c.c. confermano l’operatività dei principi generali, la prima prevedendo, in caso di direzione unitaria delle imprese del gruppo, la responsabilità solidale degli amministratori delle società laddove abbiano abusato del relativo potere, senza tuttavia escludere la responsabilità di quelli della società dichiarata insolvente e il secondo disponendo che le società o gli enti che, nell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento, abbiano agito nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società, senza tuttavia escludere, in linea di principio, la responsabilità degli amministratori.
(iii) Mancata rilevanza, ai fini dell’esonero di responsabilità dell’amministratore, della delega ad altri di funzioni o dell’assenza di rilievi da parte del collegio sindacale
Come detto, l’amministratore ha asserito, per esimersi dalla propria responsabilità, che, in quanto ingegnere, aveva affidato la verifica dei dati contabili ad un dipendente che curava la contabilità del gruppo e al collegio sindacale, che non aveva operato rilievi con riguardo alla regolarità della gestione della società (salvo poi rifiutare di firmare l’ultimo bilancio della società in bonis).
La Corte di Cassazione ha tuttavia ritenuto che “la responsabilità dell’amministratore non è esclusa né dalla delega ad altri dei compiti inerenti alla concreta gestione della società, che non lo esonera dal dovere di vigilare sull’operato di tali soggetti e di attivarsi per porre rimedio ad atti pregiudizievoli, né dalla mancata formulazione di rilievi da parte dei sindaci, tenuti autonomamente a rispondere per l’eventuale inadempimento degli obblighi inerenti alla funzione di controllo a loro demandata”, sottolineando che l’amministratore non aveva assolto all’onere della prova in quanto al fatto di essersi diligentemente attivato e di non aver potuto esercitare la dovuta vigilanza a causa del comportamento ostativo di altri soggetti.
Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ha quindi mantenuto fermo il suo costante orientamento e rigettato il ricorso.
[1] cfr. Cass., Sez. VI, 3/07/ 2018, n. 17316; Cass., Sez. III, 18/11/2014, n. 24475; Cass., Sez. lav., 9/10/2014, n. 21299.
[2] cfr. Cass., Sez. I, 8/05/1991, n. 5123 in Foro Italiano, 1992.