La responsabilità dell’amministratore per la mancata adozione di adeguati assetti va provata in concreto
di Silvia Zenati, Avvocato e Dottore Commercialista Scarica in PDFTribunale di Venezia sez. specializzata per le imprese, 16 dicembre 2020
Parole chiave Responsabilità dell’amministratore – adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili
Massima La responsabilità dell’amministratore per il mancato assolvimento dell’obbligo di adottare assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati deve essere dimostrata indicando le specifiche condotte fonte di responsabilità
Disposizioni applicate art. 2086 c.c. – Principi di comportamento del collegio sindacale approvati dal CNDCEC il 18/12/20
Il Tribunale di Venezia si è pronunciato in merito all’applicazione dell’art.2086 c.c. in tema di gestione dell’impresa, come novellato dall’art.375 del D.Lgs 14/2019, in vigore dal 16 marzo 2019, il quale prevede a carico dell’imprenditore, operante in forma societaria o collettiva, il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale; ai sensi del citato art.2086 c.c., l’imprenditore ha altresì il dovere di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.
Alla luce dell’introduzione nel codice della crisi del sistema dell’allerta, volto ad intercettare l’emersione della crisi fin dai suoi albori, l’imprenditore è titolare di una serie di obblighi in tema di rispetto degli indicatori di crisi, di cui all’art.13 del D.Lgs 14/2019, cioè di quegli indicatori in grado di intercettare gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore; deve essere in grado, ad esempio, di rilevare la capacità dell’impresa di far fronte ai debiti per almeno sei mesi, ed è quindi tenuto ad adottare un sistema di monitoraggio e organizzativo adeguato, risultando soggetto, in difetto, alla responsabilità ex art.2086 c.c..
Rilevante sull’argomento la definizione di assetto organizzativo, sulla cui adeguatezza e concreto funzionamento è tenuto a vigilare il collegio sindacale, contenuta nella norma 3.5 dei Principi di comportamento del collegio sindacale approvati dal CNDCEC il 18/12/20, con cui si intende “i) il sistema di funzionigramma e di organigramma e,in particolare, il complesso delle direttive e delle procedure stabilite per garantire che il potere decisionale sia assegnato ed effettivamente esercitato ad un appropriato livello di competenza e responsabilità ii) il complesso procedurale di controllo”.
La responsabilità degli amministratori, tuttavia, deve essere formulata da chi la assume non in modo generico e apodittico, dovendo parte attrice circostanziare le condotte imputate all’imprenditore convenuto, da rapportarsi alla fattispecie concreta.
In questo senso si è già espressa la giurisprudenza di merito (Tribunale di Roma, 8 aprile 2020), statuendo la necessità di provvedere ad individuare puntualmente i comportamenti e le omissioni gravemente negligenti posti in essere dagli stessi: in particolare i giudici romani, dopo aver precisato la portata applicativa della Business Judgement Rule rispetto agli adeguati assetti organizzativi di cui deve munirsi la società (e la cui omissione in concreto deve essere provata da chi solleva tale eccezione), lasciano chiaramente intendere che la struttura dei predetti assetti non è fissa, bensì mutevole e va, perciò, valutata in concreto di volta in volta. Nella fattispecie decisa, ad esempio, l’assunzione di un elevato numero di dipendenti a tempo indeterminato, in un momento in cui la società versava ancora in una fase di avviamento, è stata ritenuta lesiva dell’obbligo di dotare la società di assetti adeguati alla fase che quella società stava vivendo.
La giurisprudenza di legittimità ha da tempo stabilito il criterio della sufficienza della prova, in tema di responsabilità per mala gestio, solo qualora siano specificamente individuate le condotte fonte di responsabilità, non potendosi ritenere sufficiente un apodittico e generico richiamo al solo contenuto della norma incriminatrice: in senso conforme, la Suprema Corte nella sentenza 25056/2020 ha statuito che “ se, infatti, l’onere di dar prova degli elementi di contesto inerisce al fatto costituivo dedotto in lite, che è l’illecito dell’amministratore, l’attore (nella specie, la società) adempie a tale onere probatorio dando dimostrazione di quelle condotte che, nella particolare contingenza, denotano l’inosservanza, da parte di quel soggetto, del dovere di lealtà o di diligenza che a lui fa capo”.
Tale carente onere probatorio quanto alla indicazione dei comportamenti ritenuti contrari ai doveri imposti agli amministratori dalla legge o dallo statuto, essendo posto a base del diritto di difesa del convenuto, si traduce, nei casi più gravi, e cioè quando investa l’intero contenuto dell’atto, nella nullità della citazione (Cass. 21566/2017).