4 Febbraio 2025

La responsabilità del professionista delegato nell’espropriazione immobiliare

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 25 settembre 2024, n. 25698 – Pres. Scrima – Rel. Valle

Delega delle operazioni di vendita ai sensi dell’art. 591-bis c.p.c. – Professionista delegato – Svolgimento di funzioni giudiziarie o giurisdizionali – Esclusione – Violazioni commesse nell’esercizio dell’attività giurisdizionale – Responsabilità del giudice – Sussistenza – Responsabilità del professionista delegato ai sensi dell’art. 2043 c.c. – Condizioni

Massima: “La delega delle operazioni di vendita ai sensi dell’art. 591-bis c.p.c. non comporta il pieno esercizio, da parte del professionista, di funzioni giudiziarie o giurisdizionali, in quanto la legge processuale si limita a prevedere la delegabilità di un novero – invero assai ampio – di atti del processo esecutivo, che resta diretto dal giudice dell’esecuzione, sicché l’imputazione degli atti fa capo sempre all’ufficio giudiziario nel suo complesso e l’eventuale azione di risarcimento danni per violazioni commesse nell’esercizio dell’attività giurisdizionale dovrà essere rivolta nei confronti del giudice che l’ha posta in essere, mentre il professionista delegato potrà essere chiamato a rispondere in via ordinaria, per colpa o dolo, ai sensi dell’art. 2043 c.c., quando i suoi atti siano stati compiuti al di fuori dello schema legale e non possano essere ricondotti in alcun modo al legittimo esercizio della delega”.

CASO

Il Tribunale di Bari veniva investito di una domanda di risarcimento danni proposta nei confronti di un professionista delegato dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 591-bis c.p.c. da una società che lamentava che un suo immobile, dopo essere stato pignorato, era stato illegittimamente venduto.

La domanda era respinta sia in primo che in secondo grado.

La sentenza d’appello veniva gravata con ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione, respingendo il ricorso, ha colto l’occasione per delineare lo statuto della responsabilità del professionista cui, nell’ambito dell’espropriazione immobiliare, vengano delegate le operazioni di vendita ai sensi dell’art. 591-bis c.p.c., escludendo che il loro svolgimento comporti l’assimilazione della figura del professionista a quella del giudice dell’esecuzione.

QUESTIONI

[1] Il professionista delegato è una presenza divenuta irrinunciabile nelle procedure esecutive immobiliari: sebbene l’art. 591-bis c.p.c., anche a seguito della riforma di cui al d.lgs. 149/2022 e del correttivo recentemente entrato in vigore, non sia stato modificato nella parte in cui prevede, al comma 2, la possibilità che il giudice dell’esecuzione proceda direttamente alle operazioni di vendita, si tratta di un’eventualità che, di fatto, ormai non si verifica più.

La delega delle operazioni liquidatorie dei beni pignorati a un professionista specificamente formato e scelto tra gli appartenenti all’elenco istituito presso ciascun tribunale ai sensi dell’art. 179-ter disp. att. c.p.c. (per l’accesso al quale occorre attestare il possesso delle competenze e della preparazione necessarie per svolgere idoneamente le funzioni affidate) ha dimostrato, nel corso degli anni, di contribuire all’efficientamento dell’esecuzione forzata, non solo velocizzandone il corso, ma pure mettendo a disposizione del servizio giustizia un patrimonio di conoscenze e di esperienze che consentono di rilevare tempestivamente eventuali criticità e di proporre l’adozione degli opportuni rimedi, nell’ottica della stabilizzazione dell’acquisto effettuato in sede esecutiva, che rappresenta uno dei cardini sui quali si gioca l’attrattività e la competitività delle vendite giudiziali.

Tant’è vero che il d.lgs. 149/2022 ha previsto, da un lato, la nomina del professionista delegato anche quando attività inerenti alla vendita strettamente intesa non debbono essere compiute (ci si riferisce, giusta quanto stabilito dall’art. 591-bis, comma 12, c.p.c., al caso in cui sia stata presentata un’istanza di vendita diretta ai sensi dell’art. 568-bis c.p.c. e, a fronte di un’offerta valida e dell’assenza di opposizione da parte dei creditori, il bene venga aggiudicato all’offerente direttamente all’udienza ex art. 569 c.p.c.), nonché, dall’altro lato, l’esternalizzazione anche della fase distributiva (attraverso la riscrittura dell’art. 596 c.p.c.), codificando le prassi adottate in diversi uffici giudiziari che già assegnavano al professionista delegato il compito di curarne i relativi adempimenti.

Anche il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – non modificato sul punto dagli ultimi interventi correttivi – prevede, all’art. 216 e con disposizione innovativa rispetto a quanto stabiliva in precedenza l’art. 107 l.fall., che le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in esecuzione del programma di liquidazione possano essere effettuati “dal delegato alle vendite tramite procedure competitive”, segno evidente dell’apprezzamento del legislatore per un modello ormai ampiamente rodato nelle vendite esecutive, che ha dato e sta continuando a dare buona prova di sé.

La sentenza che si annota, tuttavia, ci ricorda che il professionista delegato, pur essendo investito di funzioni sostanzialmente paragiurisdizionali (che, in quanto tali, lo rendono un ausiliario sui generis rispetto al custode giudiziario e all’esperto stimatore), non può essere assimilato ovvero parificato al giudice dell’esecuzione.

D’altro canto, la Corte di cassazione aveva già avuto modo di sottolineare come sia prerogativa di quest’ultimo e di lui soltanto compiere quegli atti nei quali si invera la funzione giurisdizionale: con l’ordinanza n. 9412 del 5 aprile 2023, infatti, i giudici di legittimità hanno affermato che l’udienza per l’approvazione del progetto di distribuzione prevista dall’art. 596 c.p.c. (nella versione precedente alla riforma di cui al d.lgs. 149/2022) non poteva celebrarsi davanti al professionista delegato, legittimato a una mera audizione preventiva delle parti ai fini della migliore predisposizione del piano di riparto da sottoporre al giudice dell’esecuzione per eventuali variazioni da apportare prima e in vista della sua approvazione in un’apposita udienza da svolgersi necessariamente innanzi a lui, giacché le udienze del processo esecutivo, quale tipica espressione della funzione giurisdizionale, si possono tenere esclusivamente davanti al giudice dell’esecuzione.

Sebbene tale perentoria e categorica presa di posizione presti il fianco a qualche perplessità (è discutibile, infatti, che avanti al professionista delegato non si possano tenere udienze, visto che quella per la deliberazione sull’offerta e per lo svolgimento dell’eventuale gara tra gli offerenti di cui all’art. 573 c.p.c. si svolge indubbiamente innanzi a lui), anche perché, in alcuni casi, al professionista delegato è demandata l’assunzione di provvedimenti nei quali si fatica a non ravvisare una componente di carattere decisorio che li rende assimilabili a un atto del giudice (si pensi, per esempio, alla delibazione circa la validità o meno di un’offerta, all’aggiudicazione o all’assegnazione, oppure all’autorizzazione all’assunzione dei debiti da parte dell’aggiudicatario ai sensi dell’art. 508 c.p.c.), il principio che vi è sotteso è lo stesso che ha indotto la Corte di cassazione a escludere che lo statuto della responsabilità del professionista delegato possa essere mutuato da quello proprio del giudice.

Da un lato, dunque, viene sottolineato che, per quanto ampie siano le attività e le funzioni demandate al professionista delegato, la direzione del processo esecutivo rimane sempre accentrata, in modo esclusivo, in capo al giudice dell’esecuzione, che ne assume, quindi, la piena responsabilità, sicché i relativi atti vanno imputati all’ufficio giudiziario: a ciò fa da contraltare la regola dettata dal comma 11 dell’art. 591-bis c.p.c., che attribuisce al giudice dell’esecuzione il potere-dovere di vigilare sul regolare e tempestivo svolgimento delle attività delegate e sull’operato del professionista delegato.

Dall’altro lato, si precisa che la normativa di cui alla l. 13 aprile 1988, n. 177, disciplinante il risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e la responsabilità civile dei magistrati, non può applicarsi ai professionisti delegati, i quali non possono farsi rientrare nel novero dei soggetti contemplati dall’art. 1 (che si riferisce a tutti gli appartenenti alle magistrature ordinaria, amministrativa, contabile, militare e speciali, che esercitano l’attività giudiziaria, indipendentemente dalla natura delle funzioni, nonché agli estranei che comunque partecipano all’esercizio della funzione giudiziaria), proprio perché, pur affiancando il giudice dell’esecuzione e svolgendo i compiti demandati dallo stesso e dalla legge, non svolgono funzioni (stricto sensu) giurisdizionali.

Va da sé che ciò preclude al professionista delegato di beneficiare di un regime di responsabilità – qual è quello delineato dall’art. 2 l. 177/1988 – indubbiamente meno gravoso, in quanto limitato ai casi nei quali sia ravvisabile colpa grave o addirittura dolo e cui resta comunque estranea l’attività di interpretazione di norme di diritto o di valutazione dei fatti e delle prove, espressamente esclusa dal perimetro delle condotte potenzialmente rilevanti.

Nel contempo, tuttavia, si afferma che l’azione diretta a ottenere il risarcimento dei danni provocati dall’assunzione di un provvedimento giudiziario ritenuto lesivo dev’essere indirizzata, ai sensi della l. 177/1988, nei confronti dell’ufficio giudiziario, ovvero del singolo giudice persona fisica che quel determinato atto ha posto in essere.

Il professionista delegato, invece, risponderà dei danni causati dal suo operato, qualora ne ricorrano i presupposti, ai sensi dell’art. 2043 c.c., vale a dire in applicazione della clausola generale di responsabilità per violazione del divieto di neminem laedere, quando i suoi atti siano stati posti in essere al di fuori dello schema legale e non possano essere ricondotti in alcun modo al legittimo esercizio della delega.

Un tanto costituisce un ulteriore elemento di differenziazione della figura del professionista delegato rispetto agli altri ausiliari del processo esecutivo, per i quali, in materia di responsabilità, valgono invece le regole dettate dagli artt. 64 (per l’esperto stimatore) e 67 (per il custode giudiziario) c.p.c. e attesta come non possa nemmeno configurarsi una responsabilità di natura contrattuale da contatto sociale (posto che il professionista delegato svolge le proprie funzioni e adempie i compiti demandatigli nell’interesse del servizio giustizia e non di una delle parti del processo esecutivo).

Infine, non può obliterarsi il fatto che la diretta e immediata impugnabilità – con lo strumento del reclamo previsto dall’art. 591-ter c.p.c. – degli atti compiuti dal professionista delegato esclude la possibilità di aggredire, con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, il provvedimento del giudice dell’esecuzione su cui si siano riverberate le illegittimità ascrivibili all’operato del delegato; nell’ottica del preteso danneggiato, dunque, assumerà rilievo la tempestiva impugnazione dell’atto viziato imputabile al professionista delegato, quale mezzo per evitare che esso, direttamente o perché influente sulla progressione della vendita forzata, produca quegli effetti pregiudizievoli successivamente lamentati, potendo la colpevole inerzia del danneggiato limitare o addirittura escludere il diritto al risarcimento in applicazione delle regole dettate dall’art. 1227 c.c.

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