La responsabilità del professionista attestatore di un accordo di ristrutturazione dei debiti
di Silvia Zenati, Avvocato e Dottore Commercialista Scarica in PDFTribunale di Roma, 5 maggio 2023, sent. n. 7157/2023
Parole chiave Accordo di ristrutturazione dei debiti – relazione di attestazione – professionista attestatore – inadempimento prestazione – successivo fallimento del debitore – responsabilità.
Massima: “Il professionista incaricato di redigere la relazione di attestazione nell’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti, in ipotesi di successivo fallimento del debitore, può essere chiamato a rispondere dei danni originati dal comportamento non conforme alla diligenza qualificata cui egli è obbligato e ciò anche nella sola ipotesi di colpa lieve e, dunque, anche per semplice negligenza ex art. 1176, comma 2, Cod. Civ.”.
Disposizioni applicate art. 182 bis l.fall., artt. 1176, 1218, 2236 Cod. Civ.
CASO E SOLUZIONE
Il Tribunale di Roma ricorda che, come più volte evidenziato dalla Suprema Corte di Cassazione, l’attestatore, in ragione degli specifici obblighi assunti e dell’abilità tecnica sulla quale il conferente l’incarico, nonché i terzi fanno tanto più affidamento quanto maggiore è la specializzazione del professionista e la pertinente organizzazione (Cass. Civ. Sent. n. 8469/2020), è tenuto ad eseguire la prestazione d’opera professionale secondo i canoni della diligenza qualificata, dovendo adottare tutte le misure e le cautele necessarie, oltre che idonee, per l’adempimento della prestazione secondo il modello di precisione e di abilità tecnica richiesto nel caso concreto (Cass. Civ. Sent. n. 8496/2020).
Proprio per tale motivo, egli può essere sempre chiamato a rispondere dei danni originati dal comportamento non conforme alla diligenza qualificata cui egli è obbligato anche nella sola ipotesi di colpa lieve (Cass. Civ. Sent. n. 26369/2014) e, dunque, anche per semplice negligenza ex art. 1176, comma 2, Cod. Civ. e non solo per dolo o colpa grave ai sensi dell’art. 2236 Cod. Civ. (cfr. ex multis Cass. Civ. Sent. n. 8494/2020).
Tanto precisato, nella fattispecie oggetto di causa, il fallimento attore aveva individuato la responsabilità dell’attestatore circa l’errata valutazione sulla fattibilità del piano alla base dell’accordo di ristrutturazione dei debiti predisposto dalla società insolvente, nella non corretta svalutazione dei crediti vantati da quest’ultima: errata svalutazione che, stante il mancato espletamento dei dovuti accertamenti in ordine allo “stato di salute” dei debitori, aveva assunto un ruolo non marginale nel determinare la risoluzione dell’accordo di ristrutturazione.
Inoltre, a dire del Tribunale, l’attestatore, preso atto della crisi irreversibile in cui versava la società, non avrebbe dovuto fare affidamento sulla lettera di patronage con la quale il socio di maggioranza si impegnava a patrimonializzare la società: tale promessa, infatti, era sprovvista di qualsiasi fondamento contabile in ordine alle prospettive di reperire le risorse dalle quali attingere al fine di versare l’importo dovuto; circostanza, quella dell’incapacità endemica del socio di maggioranza di adempiere il consistente impegno monetario assunto, confermata, dal successivo fallimento dello stesso.
Dunque, la decisione del Tribunale di Roma si pone nel solco di quell’orientamento condiviso anche dalla giurisprudenza di legittimità, oltre che da altre Corti italiane quale alcuna giurisprudenza di merito. Il Tribunale di Vicenza nell’interessante pronuncia del 6 settembre 2018, estende anche all’Advisor il compito di controllare che le società, per mezzo del consulente da essa incaricato, abbia esposto in modo rispondente al vero i valori in gioco, in quanto “solo attraverso un’esposizione trasparente della situazione economica può essere consentito ai creditori, chiamati nella procedura di concordato all’espressione del voto sulla proposta, un esercizio consapevole e informato dei propri diritti”.
Ad esempio, il Tribunale di Milano, nella sentenza n. 3404/2023, richiama, a sua volta, il principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di cassazione nella sent. n. 42093/2021 secondo cui la responsabilità del professionista attestatore non può, tra l’altro, essere esclusa dalla mera ammissione del debitore (poi fallito) che lo ha designato alla procedura concordataria, non potendosi considerare il decreto di ammissione alla stregua di un’approvazione del suo operato: il provvedimento di ammissione, infatti, non assevera affatto, con valore di giudicato, l’esattezza dell’adempimento della prestazione che, pertanto, può essere sempre smentita dal Tribunale, anche in sede di procedura fallimentare, all’esito di un più approfondito controllo, con ciò giustificandosi anche l’esclusione dallo stato passivo del credito professionale.
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