21 Giugno 2022

La responsabilità del gestore di supermercato è di natura contrattuale o extracontrattuale?

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 19 maggio 2022, n. 16224 – Pres. Sestini – Rel. Spaziani

Parole chiave: Compravendita – Obbligazioni del venditore – Consegna – Protezione dell’incolumità del compratore – Sussistenza – Danno derivante da cose presenti nei locali del venditore – Responsabilità extracontrattuale

Massima: “Nella vendita conclusa all’interno di un supermercato, allorché la compromissione dell’incolumità fisica del compratore non sia occasionata dalle modalità di adempimento delle obbligazioni del venditore, ma piuttosto dalla potenzialità dannosa delle cose che si trovano all’interno del locale, il danno non è legato all’attuazione dell’obbligo contrattuale e non è ascrivibile alla mancata osservanza della dovuta diligenza adempitiva da parte del venditore, ma all’esplicazione della predetta potenzialità dannosa delle cose che si trovano nel supermercato, sicché può essere esclusivamente fonte di responsabilità extracontrattuale a carico del custode delle cose medesime”.

Disposizioni applicate: cod. civ., artt. 1476, 2051

CASO

Nel 1999, la cliente di un supermercato, mentre si apprestava a uscire dal locale dopo aver effettuato i propri acquisti, veniva violentemente colpita dalle porte a scorrimento automatico (che, a causa di un malfunzionamento, si chiudevano all’improvviso) e riportava lesioni.

Nel giudizio promosso al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’infortunio, la società che gestiva il supermercato e la compagnia assicuratrice da questa chiamata in causa eccepivano la prescrizione del diritto, essendo stato azionato dopo che erano trascorsi cinque anni dall’evento.

Il Tribunale di Reggio Emilia, prima e la Corte d’Appello di Bologna, poi, respingevano la domanda, reputando fondata tale eccezione ed escludendo, in particolare, che la responsabilità della società convenuta avesse natura contrattuale (con conseguente applicazione dell’ordinario termine decennale), in quanto non scaturente dalla violazione di obblighi inerenti al contratto di vendita concluso tra il gestore del supermercato e il cliente.

Così, avverso la sentenza di secondo grado, l’erede dell’infortunata (nel frattempo deceduta) proponeva ricorso per cassazione, contestando l’erronea qualificazione della responsabilità del gestore del supermercato operata dai giudici di merito.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, escludendo che l’evento che aveva cagionato il danno fosse riconducibile alla negligenza del venditore nell’adempimento della propria obbligazione di consegna (e, dunque, propositivo di una sua responsabilità contrattuale), derivando piuttosto dall’esplicazione della potenzialità dannosa delle cose presenti all’interno del locale (inquadrabile, quindi, nell’ambito della responsabilità – di natura extracontrattuale – che grava sul custode).

QUESTIONI

[1] Con l’ordinanza che si annota, la Corte di Cassazione precisa la natura della responsabilità ascrivibile al gestore di un supermercato per i danni riportati dai clienti all’interno del locale.

Trattasi di tematica che sottende una serie di problematiche riconducibili all’intrecciarsi di diversi profili che, in vario modo, concorrono all’individuazione del perimetro della responsabilità del venditore e alla sua qualificazione come contrattuale o extracontrattuale, dal momento che ne risultano coinvolte: la questione relativa all’estensione degli obblighi gravanti sul debitore a prestazioni che, sia pure non espressamente contemplate, risultano nondimeno necessarie per soddisfare l’interesse del creditore, in applicazione del principio generale di correttezza e buona fede anche nella fase esecutiva del rapporto obbligatorio; la questione relativa alla ravvisabilità di una responsabilità da contatto sociale; la questione relativa alla predicabilità di obblighi di protezione in capo a determinati soggetti che rivestono una particolare qualifica o svolgono una determinata attività, ovvero anche nei confronti di chi non è parte del rapporto negoziale (il riferimento è ai cosiddetti contratti con effetti protettivi).

Proprio facendo leva su tali aspetti, la ricorrente aveva sostenuto che dal contratto di vendita concluso all’interno del supermercato sarebbero discese, a carico della venditrice, obbligazioni ulteriori rispetto a quelle tipicamente previste dall’art. 1476 c.c., aventi propriamente per oggetto la salvaguardia, da parte del gestore della struttura, dell’incolumità personale del compratore.

I giudici di legittimità, tuttavia, hanno reputato infondata la tesi secondo cui, in ragione di ciò, la responsabilità imputabile alla società che gestiva il supermercato, nella fattispecie oggetto di controversia, dovesse essere qualificata come contrattuale, ovvero derivasse dall’inadempimento di obblighi – aventi pur sempre titolo nel contratto di vendita – accessori rispetto a quelli contemplati dall’art. 1476 c.c.

Per giungere a tale conclusione, la Corte di Cassazione svolge un articolato ragionamento, che prende le mosse dall’individuazione, da un lato, delle obbligazioni gravanti sul venditore e, dall’altro lato, dell’interesse creditorio tutelato, essenziale per l’esatta individuazione del contenuto delle prime.

Da questo punto di vista, assume rilievo centrale il fatto che l’interesse a vedere assicurata la propria integrità fisica all’interno di un locale (sia esso un supermercato o qualsiasi altra struttura aperta al pubblico) non è proprio – ovvero tipico – del solo cliente che ha acquistato le merci ivi poste in vendita, ma di chiunque vi abbia accesso.

In questo senso, quindi, bisogna distinguere due ipotesi.

La prima è quella del danno cagionato dalle cose che si trovano all’interno dei locali, riconducibile alla responsabilità extracontrattuale del custode ai sensi dell’art. 2051 c.c., che trova esplicazione sia nella fase antecedente all’acquisto, sia in quella successiva alla conclusione del contratto di compravendita delle merci, in quanto l’evento dannoso non sia conseguenza delle modalità adottate dal venditore per adempiere il proprio obbligo di consegna.

La seconda è quella del danno cagionato dall’inosservanza, da parte del gestore della struttura, degli obblighi su di esso incombenti per effetto ovvero in conseguenza dell’acquisto dei beni posti in vendita, questa sì idonea a configurare una responsabilità tipicamente contrattuale.

Quanto alla possibilità di fare rientrare in questi obblighi anche quelli che, non trovando una specifica individuazione nel rapporto negoziale, sono qualificabili – secondo l’elaborazione dottrinale – come di protezione, intesi come accessori rispetto alle obbligazioni principali derivanti dal contratto e volti a proteggere interessi della controparte o di terzi che si trovano in una posizione tale da esporli a un rischio di danno, i giudici di legittimità hanno osservato che essi non debbono essere, in realtà, riguardati come distinti o ulteriori rispetto all’obbligazione principale, giacché la loro osservanza è imposta proprio dalla necessità di dare esatta esecuzione alla prestazione che ne forma oggetto.

In altre parole, seguendo questa impostazione, gli obblighi di protezione non configurano il contenuto di un’obbligazione autonoma, ma concorrono a individuare il perimetro all’interno del quale si collocano i comportamenti e le condotte che il debitore deve tenere affinché il suo adempimento possa essere ritenuto esatto, corretto e – in definitiva – liberatorio.

È proprio l’interesse creditorio, così, a fungere da elemento discriminante per qualificare ciò che rientra e ciò che, al contrario, fuoriesce da tale perimetro e che, dunque, concorre o meno alla determinazione della prestazione da eseguire, anche allo scopo di valutare se sia stata adempiuta oppure no (e, nel secondo caso, in termini di gravità tale da legittimare la risoluzione del contratto): se, da un lato, l’esecuzione della prestazione va parametrata a uno sforzo di diligenza normalmente esigibile e adeguato per soddisfare l’interesse del creditore, dall’altro lato essa deve considerarsi liberatoria quando abbia comunque consentito di conseguirlo, anche qualora, al limite, non sia stata esattamente conforme a quanto previsto (in ragione di inesattezze qualitative o quantitative che risultano comunque irrilevanti).

Riguardato in quest’ottica, l’interesse creditorio assume – come anticipato – un ruolo fondamentale nell’individuazione della responsabilità contrattuale del debitore e consente di affermare che la salvaguardia della persona e dei beni del creditore o di soggetti terzi a questo legati da peculiari rapporti, quando l’esecuzione della prestazione o le modalità di adempimento della stessa li esponga a uno specifico rischio di danno, non costituiscono l’oggetto di obbligazioni accessorie, distinte e ulteriori rispetto a quella dedotta nel contratto, ma costituisce esatto adempimento di essa.

Sotto altro, concorrente profilo, l’interesse creditorio assume specifica rilevanza in ordine all’individuazione della causa concreta del contratto, che esprime la sintesi degli interessi concretamente perseguiti attraverso l’operazione negoziale e, in ultima analisi, il suo scopo pratico, tenuto conto delle finalità perseguite dalle parti: in questo senso, i giudici di legittimità parlano di relazione biunivoca tra causa concreta del contratto e interesse creditorio, dal momento che, da un lato, la prima consente di determinare il secondo e, dall’altro lato, questo concorre a integrare quella, individuandone gli effetti naturali.

Se, dunque, è vero che, anche nell’adempimento delle obbligazioni aventi titolo in un contratto di compravendita (e, in particolare, di quella avente per oggetto la consegna del bene), il debitore deve impiegare la cautela, la prudenza, la cura e la perizia necessarie per salvaguardare la persona e i beni del creditore che risultino esposti a pericolo di pregiudizio (sicché la loro mancata adozione costituirà fonte di responsabilità contrattuale per il venditore), è altrettanto vero che se il danno all’incolumità fisica scaturisce non già dalle modalità con le quali il venditore adempie l’obbligazione di consegna, ma costituisce l’estrinsecazione della potenzialità dannosa delle cose che si trovano all’interno dei propri locali, esso non è eziologicamente legato all’attuazione dell’obbligo contrattuale, tant’è vero che può attingere tanto la persona che abbia effettuato l’acquisto (e sia, dunque, parte del contratto di vendita), quanto quella che si trovi all’interno della struttura pur non avendovi (ancora o affatto) provveduto. L’interesse del cliente di un supermercato a conservare l’integrità fisica, infatti, trova tutela a prescindere dal fatto che siano o meno effettuati acquisti, a riprova del fatto che la responsabilità per i danni scaturenti dalla sua violazione non può che essere qualificata come extracontrattuale.

Secondo la lettura offerta dai giudici di legittimità, quindi, il pregiudizio subito dal cliente che risulti ascrivibile non alla mancata osservanza, da parte del venditore, della dovuta diligenza adempitiva, ma all’esplicazione della potenzialità dannosa delle cose che si trovano all’interno del supermercato, può condurre a ravvisare esclusivamente, in capo al loro custode, una responsabilità di tipo extracontrattuale.

Per questa ragione, il termine di prescrizione dell’azione risarcitoria, nel caso di specie, non era quello decennale invocato dalla ricorrente, ma quello quinquennale applicato dai giudici di merito per respingere la domanda.

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