12 Marzo 2024

La responsabilità del cessionario per i debiti dell’azienda ceduta

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 13 settembre 2023, n. 26450 – Pres. Rubino – Rel. Spaziani

Parole chiave: Cessione dell’azienda – Responsabilità del cessionario ex art. 2560 c.c. – Applicabilità – Presupposti – Alterità soggettiva delle parti – Necessità

[1] Massima: In tema di cessione di azienda, la disciplina di cui all’art. 2560, comma 2, c.c. – che richiede, ai fini della responsabilità del cessionario per i debiti anteriori al trasferimento, la loro risultanza dai libri contabili obbligatori – è applicabile soltanto in presenza di un’effettiva alterità tra cedente e cessionario, non ravvisandosi, in caso di trasferimento solo formale, l’esigenza di salvaguardia dell’interesse dell’acquirente dell’azienda di avere precisa conoscenza dei debiti dei quali potrà essere chiamato a rispondere, correlato a quello superindividuale alla certezza dei rapporti giuridici e alla facilità di circolazione dell’azienda.

Disposizioni applicate: cod. civ., art. 2560

CASO

La creditrice di somme di denaro dovute in forza di un rapporto di lavoro dipendente notificava alla società che aveva incorporato la cessionaria del ramo d’azienda presso cui era stata prestata l’attività lavorativa un atto di precetto, intimandole il pagamento in virtù di quanto previsto dall’art. 2560, comma 2, c.c.

La società intimata si opponeva al precetto, sostenendo che non ricorressero i presupposti per l’applicazione della predetta norma.

La sentenza di accoglimento dell’opposizione resa dal Tribunale di Gorizia veniva riformata dalla Corte d’appello di Trieste, secondo cui il fatto che il debito retributivo, risultante dal bilancio finale di liquidazione della società cedente, non fosse ricompreso tra le poste conferite alla società cessionaria non rappresentava circostanza decisiva per escludere la responsabilità di cui all’art. 2560, comma 2, c.c., visto che la società cessionaria – gestita dallo stesso amministratore unico che aveva già rivestito la stessa carica nella società cedente – era consapevole della sussistenza del debito; ad avviso dei giudici di secondo grado, quindi, la cessione del ramo d’azienda era stata congegnata in modo tale da lasciare solo in capo alla cedente la responsabilità per il debito retributivo verso la lavoratrice ed era quindi finalizzata a lasciarlo insoddisfatto dopo la messa in liquidazione e la successiva cancellazione dal registro delle imprese della stessa.

La sentenza di secondo grado era gravata con ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che presupposto indispensabile ai fini dell’applicabilità della norma di cui all’art. 2560 c.c. – che persegue l’obiettivo di salvaguardare l’interesse dell’acquirente dell’azienda, cui vengono accollati i relativi debiti, ad averne precisa conoscenza – è la sussistenza di una reale ed effettiva dualità dei soggetti cedente e cessionario, che va esclusa quando, a seguito del trasferimento dell’azienda, la compagine sociale dell’impresa e i suoi organi amministrativi siano rimasti immutati, poiché in questi casi il trasferimento dell’azienda è solo formale.

QUESTIONI

[1] L’art. 2560 c.c., nell’ambito della disciplina relativa all’azienda, detta una regola applicabile ai cosiddetti debiti puri, cioè non ricollegabili a rapporti contrattuali non ancora definiti (con riguardo ai quali vengono invece in rilievo le disposizioni contenute nell’art. 2558 c.c.): da un lato, il cedente non è liberato dai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito; dall’altro lato, il cessionario risponde – in via solidale – dei suddetti debiti, se risultano dai libri contabili obbligatori.

L’interpretazione coordinata degli artt. 2558 e 2560 c.c. porta a ritenere che la prima norma è applicabile quando al debito contrattuale di chi trasferisce l’azienda si contrappone, in rapporto di sinallagmaticità, un credito attuale, derivante dallo stesso negozio giuridico, nei confronti del contraente ceduto, mentre la seconda riguarda il caso in cui il debito contrattuale non è bilanciato da un credito corrispondente: di conseguenza, la successione nei contratti di cui all’art. 2558 c.c. trova applicazione in caso di negozi a prestazioni corrispettive non integralmente eseguite da entrambe le parti al momento del trasferimento dell’azienda, mentre ove il terzo contraente abbia già eseguito la propria prestazione e residui quindi un mero debito, la sorte di quest’ultimo è regolata dall’art. 2560 c.c.

Per questo motivo, per esempio, Cass. civ., sez. III, 10 febbraio 2023, n. 4248, ha affermato che il debito avente titolo nell’obbligo di pagamento dell’importo previsto da una clausola penale contenuta in un contratto di somministrazione per un inadempimento commesso prima della cessione dell’azienda va qualificato come puro, non essendo sinallagmaticamente collegato a una controprestazione, ricadendo così nell’ambito di applicazione dell’art. 2560 c.c.; poiché il contratto di somministrazione ha natura continuativa e periodica, la periodicità o la continuità delle prestazioni, funzionali a soddisfare il fabbisogno del somministrato, rendono ogni singola prestazione distinta e autonoma rispetto alle altre, di modo che, al fine di stabilire se debba applicarsi l’art. 2558 c.c. o l’art. 2560 c.c., occorre avere riguardo alle singole prestazioni e non al contratto complessivamente considerato, trasferendosi al cessionario solo la parte del rapporto relativa a quelle rimaste ineseguite da entrambi i contraenti, mentre quando uno solo di essi abbia eseguito la propria, in capo al cedente residua un mero debito.

A carico del cessionario dell’azienda, dunque, l’art. 2560 c.c. prevede l’insorgenza di una responsabilità ex lege senza debito (che è dell’alienante), riconducibile a un accollo cumulativo che dà luogo a una solidarietà sui generis, visto che non implica il diritto del cedente di ripetere – nemmeno in parte – dal cessionario quanto versato al terzo creditore, avendo adempiuto un’obbligazione discendente esclusivamente dal fatto proprio, contrattuale o extracontrattuale.

L’art. 2560 c.c., tuttavia, subordina l’insorgenza della responsabilità solidale del cessionario dell’azienda all’iscrizione dei debiti nei libri contabili obbligatori: si tratta, quindi, di stabilire se tale circostanza abbia sempre valore costitutivo o se, in determinate fattispecie, possa essere surrogato da requisiti equipollenti (quali, in particolare, la conoscenza dell’esistenza del debito acquisita aliunde dal cessionario dell’azienda).

La sentenza annotata richiama il tradizionale e consolidato orientamento giurisprudenziale che qualifica tale annotazione come essenziale e non surrogabile, in ragione del fatto che la disposizione contenuta nell’art. 2560, comma 2, c.c. ha natura eccezionale (apportando una deroga al principio dettato dall’art. 2740 c.c.), sicché non possono reputarsi ammissibili altre forme di conoscenza della situazione debitoria dell’azienda eventualmente a disposizione dell’acquirente. La regola dettata dalla disposizione in parola, infatti, presidia l’affidamento che l’acquirente dell’azienda ha riposto nell’operazione, a tutela del superiore interesse alla certezza dei rapporti giuridici e alla facilità e sicurezza della circolazione dell’azienda, quale complesso unitario di beni di particolare rilevanza economica.

Alla norma, in realtà, sono sottese due finalità, dal momento che ha lo scopo di tutelare non solo l’interesse del cessionario dell’azienda – quale accollante dei relativi debiti – ad averne precisa conoscenza, ma pure quello dei terzi creditori ad acquisire un nuovo debitore nei confronti del quale fare valere le loro pretese.

Se l’orientamento tradizionale si fonda sull’attribuzione di un rilievo preminente all’esigenza di salvaguardare la posizione dell’acquirente dell’azienda, un altro più recente ha, al contrario, mostrato di considerare prevalente quella dei creditori, ogni volta che vi sia stato un utilizzo della norma diretto a perseguire fini diversi rispetto a quelli per i quali è stata introdotta e, in particolare, per precludere l’adempimento del debito.

Secondo Cass. civ., sez. III, 10 dicembre 2019, n. 32134, infatti, il principio di responsabilità solidale del cessionario dovrebbe comunque prevalere e l’art. 2560, comma 2, c.c. avrebbe la funzione non già di circoscrivere la responsabilità ai debiti registrati, ma di impedire che l’acquirente dell’azienda possa sottrarsi a quelli che, sebbene non risultanti dalle scritture contabili obbligatorie, conosceva o poteva agevolmente conoscere.

Indipendentemente dal fatto che si accordi preferenza all’uno o all’altro degli orientamenti sopra menzionati, resta il fatto che la cessione d’azienda, prima di essere – dal punto di vista oggettivo – un trasferimento di beni e di rapporti, integra una successione – dal punto di vista soggettivo – nell’attività d’impresa, sicché il presupposto fondamentale della fattispecie regolata dall’art. 2560 c.c. è rappresentato dalla dualità dei soggetti che danno vita all’operazione negoziale, ossia dall’effettiva alterità tra il cedente e il cessionario.

La sussistenza di una tale alterità può esemplificativamente escludersi in presenza della trasformazione – anche eterogenea – della forma giuridica del proprietario dell’azienda, oppure nel caso di conferimento dell’azienda di un’impresa individuale in una società unipersonale; come affermato da Cass. civ., sez. I, 26 febbraio 2024, n. 5088, invece, quando l’azienda dell’impresa individuale viene conferita in una società (di persone o di capitali), si determina un fenomeno traslativo in virtù del quale l’alienante acquista la posizione di socio della società, ma non è liberato dai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, salvo che non risulti il consenso dei creditori, perché nell’impresa individuale la persona fisica è contemporaneamente l’imprenditore definito dall’art. 2082 c.c., sicché in tale forma basilare di esercizio dell’impresa non vi è spazio per ipotizzare un’autonomia patrimoniale che possa distinguere il patrimonio della persona fisica da quello dell’imprenditore individuale che gestisce l’impresa.

L’assenza di alterità soggettiva determinante l’inapplicabilità della regola dettata dal comma 2 dell’art. 2560 c.c., che subordina l’insorgenza della responsabilità solidale del cessionario all’iscrizione del debito nei libri contabili obbligatori, ricorre, più in generale, ogni volta che, a seguito del trasferimento dell’azienda e al di là della diversa forma o denominazione giuridica, la compagine sociale dell’impresa e gli organi amministrativi della stessa restino immutati, essendosi così in presenza di un trasferimento d’azienda solo formale.

In questi casi, non vi è spazio per l’operatività della norma, poiché non potrebbe esplicare la funzione di salvaguardare l’interesse dell’acquirente dell’azienda, quale accollante dei relativi debiti, ad avere precisa conoscenza degli stessi, correlato a quello inerente alla certezza dei rapporti giuridici.

Per tale ragione, nella fattispecie esaminata, i giudici di legittimità, prima ancora di dare rilievo all’eventuale assenza del debito cui si riferiva l’intimazione contenuta nel precetto nei libri contabili obbligatori, hanno escluso la possibilità di applicare l’art. 2560, comma 2, c.c. perché era stato accertato che il socio di maggioranza e amministratore unico della cedente era anche amministratore unico della cessionaria, nonché socio di maggioranza e presidente del consiglio di amministrazione della socia unica della cessionaria medesima, con la conseguenza che non si poneva il problema di tutelare l’interesse del cessionario alla conoscenza dei debiti dell’azienda acquistata, difettando in radice l’alterità soggettiva del cessionario medesimo rispetto al cedente.

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Codice della crisi nella sua applicazione pratica