La regolamentazione delle spese sostenute dal terzo chiamato in garanzia tra principio di causazione e criterio di soccombenza
di Lucia Di Paolantonio, Avvocato Scarica in PDFCass., Sez. Terza, ord., ud. 09 ottobre 2019, 06.12.2019, n. 31889.
Spese legali – principio di causazione – manifesta infondatezza – soccombenza virtuale – motivazione (cod. proc. civ., art. 91)
[1] In forza del principio di causazione mitigato dal criterio della soccombenza, il rimborso delle spese di lite in favore del terzo chiamato non soccombente in giudizio deve essere posto a carico dell’attore qualora la chiamata in causa del terzo sia resa necessaria in relazione alle proprie tesi e queste siano ritenute infondate, e a carico al chiamante allorquando l’iniziativa dello stesso si riveli manifestamente infondata o palesemente arbitraria. La decisione spetta al giudice di merito e non è impugnabile in sede di legittimità salvo che per vizi di motivazione.
CASO
La società N.R.B. S.r.l. evocava in giudizio G.G. S.p.a. per ottenerne la condanna ex art. 2049 cod. civ. al risarcimento dei danni a essa cagionati in un sinistro stradale da M.Z., dipendente della convenuta, nell’esecuzione del contratto di fornitura di lavoro temporaneo stipulato fra le due società. G.G. S.p.a. si costituiva resistendo e veniva autorizzata alla chiamata in causa della sua compagnia assicurativa A. S.p.a. che a sua volto si costituiva resistendo. All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale di Bologna respingeva le domande tutte proposte dall’attrice condannandola alla refusione delle spese di lite in favore sia della convenuta sia della terza chiamata in causa.
N.R.B. S.r.l. proponeva appello, cui le controparti resistevano, che era rigettato.
Successivamente, avverso la sentenza di appello N.R.B. S.r.l. proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a due motivi: il primo denunciava violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2049 cod. civ., 20 e 26 d.lgs n. 276/2009 e 14 prel. Per essere stata esclusa la responsabilità del somministratore di lavoro per i danni causati dal somministrato all’impresa utilizzatrice; il secondo motivo – presentato in subordine – denunciava violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ. per essere stata condannata a rifondere le spese alla parte chiamata in causa in entrambi i gradi di giudizio, nonostante la domanda di garanzia della convenuta nei confronti della parte chiamata fosse infondata.
SOLUZIONE
La terza sezione della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, con compensazione delle spese processuali per la peculiarità della tematica introdotta con il primo motivo, ma ha comunque dichiarato l’esistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 13 d.P.R. n. 115/2002.
QUESTIONI
Quanto al primo motivo dedotto in ricorso, la Corte di Cassazione ha pregevolmente affrontato la questione sulla ripartizione delle responsabilità tra somministratore di lavoro e utilizzatore, dichiarando che il somministratore non è responsabile dei danni causati dal somministrato all’utilizzatore quando questo stia dando seguito alla sua missione.
[1] Quanto al secondo motivo, in punto alla condanna alla rifusione delle spese di lite cui è tenuta la parte soccombente a norma dell’art. 91 cod. proc. civ., la Suprema Corte ha analizzato la relazione tra il criterio si soccombenza e il principio di causazione per individuare chi sia chiamato alla rifusione delle spese di lite in favore del terzo chiamato.
I Giudici di Legittimità, ritenendo di dover dare continuità all’indirizzo “tradizionale”, hanno disatteso il più recente orientamento – secondo il quale era sufficiente basare la decisione sulla valutazione della soccombenza, tenendo distinti il rapporto processuale tra le parti originarie da quello tra il chiamato ed il chiamante – e ha rimarcato che in punto di statuizione sulle spese di lite in favore del terzo chiamato, sia necessario continuare ad affiancare criterio della soccombenza e principio di causazione, senza cedere alla formalistica separazione della pluralità di rapporti dell’unico giudizio, ma valutando la complessiva regiudicanda.
Di conseguenza, secondo il Collegio, qualora la chiamata in causa del terzo sia resa necessaria in relazione alle tesi prospettate dall’attore e queste siano ritenute infondate, sarà lui a dover rifondere le spese sostenute dal terzo anche qualora non abbia rivolto allo stesso alcuna domanda, e ciò in virtù del principio di causazione; tuttavia il principio trova temperamento nell’interruzione del nesso di causazione rilevabile allorquando l’iniziativa del chiamante si riveli manifestamente infondata o palesemente arbitraria, per cui le spese sostenute dal terzo dovranno essere rifuse dal chiamante soccombente virtuale. La verifica che si tratti del primo o del secondo caso deve essere effettuata dal giudice del merito e non attiene a questioni di legittimità, salvo il caso in cui la decisione sia affetta da vizi di motivazione.