La prova della qualificazione di somme versate alla società spetta al socio che ha agito in giudizio
di Dario Zanotti, Avvocato Scarica in PDFCorte d’Appello di Genova – sentenza del 19 dicembre 2017.
Parole chiave: natura dei versamenti effettuati dal socio.
Massima: “La qualificazione delle erogazioni dei soci effettuate nei confronti della società, ad esempio come mutuo o versamento, dipende dall’esame della volontà negoziale delle parti, dovendo trarsi la relativa prova, di cui è onerato il socio attore in restituzione, non tanto dalla denominazione dell’erogazione contenuta nelle scritture contabili della società, quanto dal modo in cui il rapporto è stato attuato in concreto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi.”
Disposizioni applicate: art. 2467, 2697 c.c.
In seguito alla propria esclusione, Caio, che era socio di Il Raggio di Luce s.n.c., ha agito in giudizio nei confronti della società e dei soci (Tizietto e Tizio) chiedendo tra le altre cose, oltre alla liquidazione della propria quota sociale, la restituzione di somme che ha anticipato a favore della stessa società. Tali domande sono state in primo grado respinte integralmente (anche con condanna dell’attore ex art. 96, ultimo comma, c.p.c.) e così Caio ha proposto appello.
Il punto di diritto che qui interessa riguarda le argomentazioni dell’appellante e il ragionamento della Corte sulla restituzione dei finanziamenti di Caio a Il Raggio di Luce s.n.c. Nello specifico, la domanda di restituzione delle somme erogate da Caio alla s.n.c. era stata respinta in primo grado per carenza di prove.
In prima battuta, la Corte d’Appello cita un indirizzo di legittimità ritenuto pacifico, ossia che l’erogazione di somme che a vario titolo i soci effettuano alle società da loro partecipate può avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo per la società di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza, oppure di versamento, destinato ad essere iscritto non tra i debiti, ma a confluire in apposita riserva ‘in conto capitale’ (o altre simili denominazioni). Tale ultimo contributo, sempre secondo l’orientamento citato dalla Corte, non dà luogo ad un credito esigibile, se non per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio di liquidazione, ed è più simile al capitale di rischio che a quello di credito, connotandosi proprio per la postergazione della sua restituzione al soddisfacimento dei creditori sociali e per la posizione del socio quale “residual claimant” (così, Cass. civ., 9 dicembre 2015, n. 24861).
Dunque, la qualificazione, nell’uno o nell’altro senso, dipende dall’esame della volontà negoziale delle parti, dovendo trarsi la relativa prova, di cui è onerato il socio attore in restituzione, non tanto dalla denominazione dell’erogazione contenuta nelle scritture contabili della società, quanto dal modo in cui il rapporto è stato attuato in concreto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi (da ultimo, Cass. civ., 23 marzo 2017, n. 7471).
L’onere di dimostrare che i versamenti sono stati eseguiti a titolo di mutuo spetta all’attore e, nel caso di specie, la Corte conferma come tale prova non sia stata fornita da Caio. Il Giudice del gravame rileva infatti come gli elementi di valutazione indicati dall’appellante non siano significativi: (i) da un lato, la facoltà attribuita ai soci nell’atto costitutivo di eseguire finanziamenti alla società nulla consente di inferire circa la natura dei versamenti in concreto eseguiti, (ii) né appare significativa la destinazione delle somme a soddisfare esigenze della società, essendo tale anche la funzione del patrimonio sociale; (iii) dall’altro lato, non rileva nemmeno un documento sottoscritto dai soci al momento della fuoriuscita del Caio dalla compagine sociale, dove i versamenti erano definiti come “anticipazioni” ma la circostanza non è stata ritenuta rilevante, in quanto il termine è comunemente adoperato anche per i versamenti in conto capitale.
Di conseguenza, secondo la Corte d’Appello, Caio non ha provato che le somme erogate a Il Raggio di Luce s.n.c. siano state erogate a titolo di mutuo e ha dunque confermato la sentenza di primo grado, dichiarando così infondato tale motivo d’appello.
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