18 Ottobre 2022

La proposizione nel corso di un accertamento tecnico preventivo non salva l’eccezione di prescrizione tardivamente sollevata nel giudizio di merito

di Massimo Montanari, Professore ordinario di Diritto processuale civile e di diritto fallimentare – Università degli Studi di Parma Scarica in PDF

Cass., Sez. II, 9 agosto 2022, n. 24490 – Pres. Di Virgilio – Rel. Papa

Procedimenti cautelari – Accertamento tecnico preventivo – Proposizione nel corso del procedimento di eccezione di merito non rilevabile d’ufficio – Reiterazione dell’eccezione all’atto della costituzione del convenuto nel giudizio di merito – Tardività della costituzione in giudizio – Inammissibilità dell’eccezione (C.p.c. artt. 166, 167, 696, 698)

Massima:L’eventuale tempestività di un’eccezione non rilevabile d’ufficio, formulata nell’àmbito di un procedimento di accertamento tecnico preventivo, non è destinata a spandere effetto nel giudizio di merito poi instaurato, non costituendo, quest’ultimo, una riassunzione del primo; ne consegue che il termine decadenziale prescritto dall’art. 166 c.p.c. opera comunque, ancorché la medesima eccezione sia stata proposta nella fase cautelare preventiva.”

CASO

[1] Il primo atto della vicenda giudiziaria sfociata nel provvedimento in rassegna è costituito dall’incidente cautelare, per accertamento tecnico preventivo ex art. 696 c.p.c., promosso dall’amministrazione di un condominio avverso la società appaltatrice che aveva realizzato l’edificio condominiale, ai fini dell’accertamento dei vizi e difetti di costruzione che l’edificio medesimo avrebbe presentato. La consulenza espletata in quell’occasione aveva effettivamente rilevato la sussistenza dei vizi denunciati, di cui il condominio aveva successivamente e a più riprese sollecitato l’eliminazione da parte della società appaltatrice: ma non avendo ottenuto da quest’ultima alcun riscontro, non gli era rimasto che agire in via ordinaria nei confronti della medesima, in vista dell’accertamento della sua responsabilità ai sensi dell’art. 1669 c.c. e dell’annessa condanna al risarcimento dei danni.

L’adito Tribunale di Rimini ebbe ad accogliere quasi integralmente la domanda così proposta, rigettando come tardive le eccezioni di prescrizione del diritto azionato e di decadenza ex art. 1667 c.c. sollevate da parte convenuta all’atto della sua costituzione direttamente all’udienza anziché a mezzo della comparsa di risposta depositata in cancelleria almeno venti giorni prima dell’udienza stessa, come richiesto, dalle combinate disposizioni  degli artt. 166 e 167 c.p.c., per le eccezioni in senso stretto (al cui genus quelle in questione sicuramente appartenevano) . Contestando questo giudizio di tardività, siccome reso senza tener conto del fatto che le eccezioni in discorso erano già state svolte nell’àmbito del previo procedimento cautelare, la società soccombente aveva allora proposto appello, culminato però nella conferma della sentenza gravata.

Avverso la pronuncia del giudice di seconde cure, la società che a quest’ultimo si era vanamente rivolta, ha allora interpellato il giudice di legittimità, presentando ricorso articolato su sei motivi, tre dei quali ruotanti – e sono quelli che quivi interessano – intorno alla questione della rilevanza, come circostanza sanante delle eventuali decadenze in cui la parte interessata sia incorsa nel giudizio di merito, dell’avvenuta proposizione delle eccezioni in senso stretto nel corso di una pregressa fase cautelare.

SOLUZIONE

[1] Sulla questione di cui s’è appena dato conto, la Suprema Corte ha già avuto di pronunciarsi, con l’ordinanza n. 20881 del 14 ottobre 2016, dove la questione si era posta in relazione a un’eccezione di incompetenza territoriale semplice del giudice adito che, avanzata nel giudizio di merito con una comparsa di risposta che risultava depositata in cancelleria soltanto quattro giorni prima dell’udienza di trattazione della causa, era già stata spesa però, al pari di quanto avvenuto nella fattispecie ora in esame, nell’àmbito di un procedimento di accertamento tecnico preventivo interamente spiegatosi ante causam.

In ordine alla possibilità di considerare in tal modo quell’eccezione come tempestivamente proposta (beninteso, nel giudizio di merito), la posizione assunta dalla Corte era stata di netta chiusura. Essa, infatti, si era in toto allineata alle conclusioni sviluppate sul punto dal Pubblico Ministero, a tenore delle quali «l’eventuale tempestività dell’eccezione di incompetenza formulata nell’ambito del procedimento di accertamento tecnico preventivo non è destinata a spandere effetto nel giudizio di merito [poi] instaurato, non costituendo quest’ultimo una riassunzione del primo, e nel quale trasli l’eccezione di incompetenza colà formulata, sì da rendere inoperante il […] termine decadenziale» posto dai suddetti artt. 166 e 167 c.p.c.

In questi stessi termini, seppure con riferimento esteso alla generalità delle eccezioni non rilevabili d’ufficio, si è pronunciata l’odierna Cass. n. 24490/2022, espressamente richiamandosi alla predetta Cass. n. 20881/2016 e da quella ritraendo anche quell’ulteriore rilievo per cui, se il termine di decadenza dettato per la proposizione delle eccezioni in senso stretto nel giudizio ordinario deve reputarsi operante anche a fronte di eccezioni che siano state formulate nella fase cautelare preventiva, ciò dipenderebbe altresì dal fatto che «il provvedimento che ammette l’accertamento tecnico preventivo è connotato dal carattere della provvisorietà e strumentalità, come risulta dall’art. 698 c.p.c., in virtù del quale l’assunzione preventiva dei mezzi di prova non pregiudica le questioni relative alla loro ammissibilità e rilevanza, né impedisce la loro rinnovazione nel giudizio di merito e non è, per tale sua natura, neppure suscettibile di ricorso per Cassazione»: quanto, a detta dell’ordinanza in commento, starebbe a significare che la proposizione dell’eccezione nel giudizio preventivo equivarrebbe sempre a proposizione della medesima in sede stragiudiziale.

Nel rigettare in parte qua il ricorso, la Suprema Corte ha dato preliminarmente conto del fatto che, sulla questione dell’idoneità o meno dell’eccezione svolta in sede cautelare a consentire l’esame della medesima nel giudizio di merito ancorché, in questa distinta sede, tardivamente proposta, la Corte d’appello fosse incorsa nel vizio di omessa pronuncia, essendosi limitata a confermare la diagnosi di tardività dell’eccezione stilata dal giudice di prima istanza senza motivare neppure implicitamente in merito alle doglianze svolte sul punto dall’appellante. La Corte ha tuttavia escluso di dover per questo decretare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, rifacendosi a quella sua consolidata giurisprudenza (Cass. 19 aprile 2018, n. 9693; Cass., 28 giugno 2017, n. 16171; Cass., 1° febbraio 2010, n. 2313) per cui l’omessa pronuncia su un motivo d’appello non giustifica la cassazione con rinvio allorché la questione posta con detto motivo risulti infondata e la pronuncia che il giudice di rinvio dovrebbe rendere sia perciò destinata a meramente confermare il dispositivo della sentenza adottata.

QUESTIONI

1] La scelta di ribadire quanto, sulla questione venutasi a riproporre alla sua attenzione, la Corte già aveva sostenuto nel 2016, non può che essere condivisa. La possibilità di considerare un’eccezione in senso stretto come tempestivamente proposta nel giudizio di merito per il solo fatto di essere stata sollevata davanti al giudice previamente adito in via cautelare e indipendentemente dal momento in cui sia stata reiterata al cospetto del giudice del merito, ecco, tale possibilità presupporrebbe che i procedimenti in questione si susseguissero l’un l’altro senza soluzione di continuità, quali segmenti di una medesima sequenza processuale: il che è tassativamente da escludere, come la Cassazione ha ben chiarito affermando che il giudizio di merito non è riguardabile come una forma di riassunzione del pregresso incidente cautelare.

Dove il ragionamento articolato dalla Corte esige una puntualizzazione in senso correttivo, è, semmai, in ordine al riferimento, che nella presente Cass. n. 24490/2022 figura addirittura come formale premessa dell’enunciato per cui «la proposizione dell’eccezione nel giudizio preventivo equivale a proposizione in sede stragiudiziale», compiuto ai profili della provvisorietà e strumentalità che tipicamente connoterebbero l’accertamento tecnico preventivo: riferimento fuorviante, nella misura in cui, almeno, potrebbe indurre a ritenere che, qualora l’incidente cautelare sia idoneo a mettere capo ad accertamenti, almeno in certa misura, stabili e autonomi, come è nei casi di strumentalità c.d. attenuata di cui all’art. 669-octies, co. 6, c.p.c., allora le eccezioni in senso stretto sollevate in quella sede dovrebbero essere automaticamente recuperabili come tempestivamente proposte nella successiva controversia di merito. Svolgendo ad consequentias quel riferimento, insomma, si dovrebbe dire che, se l’eccezione di prescrizione venuta qui in gioco fosse stata opposta a un giudice adito con ricorso per provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. – figura paradigmatica di strumentalità cautelare “attenuata” -, allora, di quell’eccezione, il giudice di merito avrebbe dovuto conoscere, senza poterla ricusare come tardiva. Al che viene però spontaneo ribattere che, del procedimento fondato su detto ricorso, il giudizio di merito che abbia successivamente ad innescarsi non è in alcun modo raffigurabile come prosecuzione o svolgimento ulteriore, al pari di quanto è a dirsi, e la Cassazione ha detto, del rapporto tra detto giudizio e l’accertamento tecnico preventivo: e se è proprio sulla base di questo rapporto di reciproca autonomia e alterità che può escludersi l’idoneità dell’eccezione spesa in un procedimento a spiegare effetti nell’altro, allora identica conclusione deve valere anche quando l’incidente cautelare che abbia preceduto il giudizio di merito non evidenzi i medesimi tratti di radicale provvisorietà e strumentalità che denotano gli ATP.