La proposizione di insinuazioni tardive impedisce la chiusura del fallimento (anche in assenza di insinuazioni tempestive)
di Luca Iovino Scarica in PDFCass., sez. I civ., 15 febbraio 2017 n. 4021, Pres. Nappi, – Est. Bernabai; – P.M. Soldi (diff.).
Fallimento – Chiusura – Decreto di chiusura – Dichiarazioni tardive – Preclusione – Esclusione – Ostacolo alla chiusura – Sussistenza (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, legge fallimentare, art. 118 comma primo n.1)
[1] Il fallimento non può essere chiuso ai sensi dell’art. 118 comma primo n.1 l. fall. per la mancata proposizione di domande di ammissione al passivo, se, prima dell’emissione decreto di chiusura, sono state presentate domande tardive di insinuazione al passivo.
CASO
[1] Il Tribunale di Treviso dichiarava il fallimento di una società a responsabilità limitata assegnando il termine di trenta giorni prima dell’adunanza dei creditori per la presentazione delle domande tempestive di insinuazione al passivo come previsto dall’art. 16, n. 5, l. fall.
Venivano proposte soltanto quattro domande tempestive di insinuazione al passivo alle quali, successivamente, i creditori istanti rinunciavano.
Spirato il termine per le insinuazioni tempestive, la società dichiarata fallita proponeva istanza di chiusura del fallimento ai sensi dell’art 118 primo comma, n. 1, l. fall., per sopravvenuta mancanza di domande di ammissione al passivo.
Pochi giorni dopo la proposizione dell’istanza di chiusura del fallimento, altro creditore depositava istanza di insinuazione tardiva del proprio credito.
Il Tribunale riteneva che la proposizione dell’insinuazione tardiva impediva la chiusura del fallimento, rigettava l’istanza e disponeva la prosecuzione della procedura.
Il reclamo proposto dalla S.r.l. avverso il decreto del Tribunale veniva accolto dalla corte d’appello di Venezia, che dichiarava la chiusura del fallimento.
Sia il creditore insinuatosi tardivamente che il fallimento della S.r.l proponevano distinti ricorsi in cassazione avverso il provvedimento della corte d’appello di Venezia.
SOLUZIONE
[1] Il supremo collegio cassa il decreto di chiusura del fallimento emesso dalla corte d’appello di Venezia affermando che la norma di cui all’art. 118, primo comma, n. 1, l. fall., non esclude affatto la possibilità di prosecuzione della procedura fallimentare quando, pur in carenza di istanze di insinuazione tempestive, siano state comunque depositate istanze tardive prima dell’emissione del decreto di chiusura.
La cassazione osserva inoltre che la disposizione in esame non pone una preclusione per eventuali domande tardive e, pertanto, non gli si possa attribuire alcuna natura decadenziale.
QUESTIONI
[1] Ai sensi dell’art. 118, primo comma, n. 1, l. fall., la procedura di fallimento si chiude se “nel termine stabilito nella sentenza dichiarativa di fallimento non sono state proposte domande di ammissione al passivo”.
Si tratta di un caso di chiusura del fallimento che, nella prassi, si verifica soprattutto quando i creditori vengono soddisfatti stragiudizialmente dal debitore facendo così venir meno l’interesse a presentare istanze di ammissione al passivo che non vengono depositate o, come é avvenuto nella fattispecie concreta, vengono ritirate.
Prima della riforma della legge fallimentare nel 2006, era principio fermo nella giurisprudenza della cassazione che, in presenza di una delle ipotesi previste dall’art. 118 l.fall., nessuna facoltà discrezionale fosse data al tribunale di protrarre la procedura e di differirne la chiusura nonostante la pendenza di giudizi di dichiarazione tardiva di credito (Cass. civ., sez. VI, 2 settembre 2014, n. 18550; Cass. civ., sez. I, 13 gennaio 2010, n. 39 Cassazione civ., sez. I 22 ottobre 2007 n. 22105, Cass. civ., sez. I, 16 marzo 2001 n. 3819).
La proposizione di istanze per la dichiarazione tardiva del credito, pertanto, secondo la giurisprudenza non poteva impedire la chiusura del fallimento.
La pronuncia in commento segna un’inversione di rotta rispetto ai precedenti sopra richiamati.
In motivazione la Cassazione afferma che l’art. 118, primo comma, n. 1, l. fall. non prevede un termine di decadenza per eventuali domande tardive e non esclude la possibilità di prosecuzione della procedura fallimentare nell’ipotesi in cui, pur non essendo state depositate domande tempestive di insinuazione al passivo, siano state presentate domande tardive prima dell’emissione del decreto di chiusura del fallimento.
Secondo la Corte la funzione dell’art. 118 l.fall. è da ricercare nella “inutilità della pendenza della procedura fallimentare in carenza di domande”, ma la norma non introduce una preclusione al deposito di domande tardive, con la conseguenza che esse, ove proposte, impongono agli organi fallimentari il loro esame e, dunque, la prosecuzione della procedura.
L’interpretazione estensiva della norma, affermata dalla sentenza in esame, comporta rischi per le esigenze di speditezza della procedura e di certezza dei rapporti giuridici; i tribunali fallimentari, infatti, potrebbero essere indotti a ritardare la dichiarazione di chiusura in attesa del deposito di insinuazioni tardive anche fino alla scadenza del termine di legge di dodici mesi decorrenti dalla dichiarazione di esecutorietà dello stato passivo.