7 Marzo 2023

Per la produzione in giudizio di atti nativi digitali non è necessaria l’attestazione di conformità all’originale

di Valentina Baroncini, Avvocato e Ricercatore di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cass., sez. VI, 16 gennaio 2023, n. 981, Pres. Napolitano – Est. Di Marzio

[1] Notificazione dell’appello e dei suoi allegati a mezzo pec – Deposito telematico degli stessi e dell’attestazione di consegna – Attestazione di conformità all’originale – Necessità – Esclusione (art. 23 del d.lgs. n. 82 del 2005; art. 25-bis del d.lgs. n. 546 del 1992; art. 9 della l. n. 53 del 1994)

Massima: “In tema di giudizio di appello, ove la produzione in giudizio di atti nativi digitali, quali la notificazione a mezzo pec del ricorso, degli allegati e dell’attestazione di consegna, avvenga mediante allegazione al fascicolo processuale in modalità telematica, non è necessaria la relativa attestazione di conformità all’originale da parte del difensore”. 

CASO

[1] Il provvedimento oggetto del presente commento scaturisce da un contenzioso tributario conclusosi, all’esito del giudizio di primo grado, con la decisione dell’adita Commissione Tributaria Provinciale di annullamento dell’avviso di accertamento a suo tempo notificato al contribuente.

Avverso tale decisione, l’Agenzia delle Entrate proponeva appello, dichiarato inammissibile dalla Commissione Tributaria Regionale della Calabria a causa del difetto di prova della notificazione dell’atto introduttivo del gravame, per non essere stata attestata la conformità dell’atto, nativo digitale, dei suoi allegati e della ricevuta di attestazione e di consegna dal difensore dell’Ente impositore impugnante.

L’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso per cassazione contestando, ai sensi dell’art. 360, n. 3), c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 23, 1° e 2°co., d.lgs. n. 82 del 2005, e dell’art. 5, 2°co., del decreto MEF n. 163 del 2013, dell’art. 9, l. n. 53 del 1994, nonché dell’art. 16-bis, d.lgs. 546 del 1992, per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente ritenuto inesistente la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di appello, documento nativo digitale, al domiciliatario di controparte, perché il difensore dell’Amministrazione finanziaria non ha attestato l’autenticità del ricorso, degli allegati e dell’attestazione di consegna, tutti prodotti in forma digitale.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione accoglie il ricorso proposto, conseguentemente cassando la decisione del giudice dell’appello, con rinvio innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, perché proceda a nuovo giudizio.

In particolare, la Cassazione ha chiarito che quando la produzione di un atto, nativo digitale, quale la notificazione a mezzo pec del ricorso in appello, degli allegati e dell’attestazione di consegna, avvenga in giudizio tramite l’allegazione al fascicolo processuale mediante modalità telematica, non è richiesta l’attestazione di conformità all’originale dell’atto prodotto da parte del difensore.

Ciò da cui deriva l’erroneità della decisione della Commissione Tributaria Regionale, di inammissibilità dell’appello proposto per difetto di prova della notificazione dell’atto introduttivo del gravame, per non essere stata attestata la conformità dell’atto, nativo digitale, dei suoi allegati e della ricevuta di attestazione e di consegna dal difensore dell’Ente impositore impugnante.

QUESTIONI

[1] Nella costruzione dell’iter logico-argomentativo della propria decisione, la Cassazione ha immediatamente rilevato l’equivoco in cui è incorsa la Commissione Tributaria Regionale, la quale ha ragionato sulla base dell’ipotesi in cui, dell’originale digitale dell’atto di notifica, e degli ulteriori relativi al procedimento di notificazione, il difensore notificante abbia estratto e depositato copia analogica. Ciò, però, non è avvenuto nel caso di specie: il ricorso in appello dell’Amministrazione finanziaria, infatti, è stato redatto e notificato in forma digitale, e la notifica è stata effettuata a mezzo pec presso il domiciliatario del contribuente. Quindi, l’Agenzia delle Entrate ha depositato nel fascicolo processuale ì documenti digitali riportanti il ricorso e l’attestazione di consegna, sempre mediante modalità telematica.

Ciò posto, la Suprema Corte richiama la serie di norme (art. 23 del d.lgs. n. 82 del 2005; art. 25-bis del d.lgs. n. 546 del 1992; art. 9 della l. n. 53 del 1994) poste dalla Commissione Tributaria Regionale a fondamento della propria decisione, tutte accomunate dall’evidenziare come l’attestazione di conformità dell’atto depositato sia richiesta soltanto nel caso in cui l’atto notificato sia allegato al fascicolo dibattimentale previa estrazione di copia analogica, e l’evento si verifica nel solo caso in cui non sia stato possibile procedere al deposito con modalità telematica dell’atto notificato con modalità telematica.

La ratio della scelta operata dal legislatore, che non richiede l’attestazione di conformità in relazione all’atto nativo digitale prodotto in giudizio in tale forma, mediante allegazione telematica al fascicolo dibattimentale, dipende dal fatto che, a differenza dei documenti su supporto cartaceo, in cui vi è un problema di conformità dell’atto depositato con l’originale, quando il deposito riguarda l’atto digitale, lo stesso non viene prodotto in copia, bensì in originale, essendo l’originale dell’atto suscettibile di ripetute riproduzioni, senza perdere le sue caratteristiche di essere un atto originale.

In definitiva, il deposito telematico di un documento telematico, secondo le previsioni dell’ordinamento vigente, non richiede attestazione di conformità da parte del difensore che lo produce.

In chiusura del presente commento è inoltre interessante rilevare come, nel caso di specie, nella contumacia del contribuente nel giudizio di appello, la notificazione del ricorso per cassazione sia stata effettuata dall’Agenzia delle Entrate presso il difensore del contribuente costituito nel primo grado del giudizio, indicato anche quale domiciliatario.

A tal proposito, la Cassazione – affrontando la questione in via preliminare rispetto all’esame del motivo di ricorso presentato – ha aderito all’orientamento di legittimità attualmente maggioritario, secondo cui deve ritenersi valida la notifica del ricorso per cassazione effettuata dall’Agenzia delle Entrate presso il procuratore domiciliatario costituito in primo grado di parte contribuente, rimasta contumace in grado di appello. Invero, Cass., sez. un., 20 luglio 2016, n. 14916 ha affermato che, sebbene in tema di ricorso per cassazione avverso le sentenze delle Commissioni Tributarie Regionali si applichi, con riguardo al luogo della sua notificazione, la disciplina dettata dall’art. 330 c.p.c., tuttavia, in ragione del principio di ultrattività dell’indicazione della residenza o della sede e dell’elezione di domicilio effettuate in primo grado, sancito dall’art. 17, 2°co., d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, è valida la notificazione eseguita presso uno di tali luoghi, ai sensi del citato art. 330, 1°co., c.p.c., ove la parte non si sia costituita nel giudizio di appello oppure, costituitasi, non abbia espresso al riguardo alcuna indicazione. Nel caso in esame, il ricorso per cassazione risulta essere stato già notificato tempestivamente, tramite pec, alla parte contribuente presso il domicilio eletto in primo grado sicché, alla luce dei principi appena esposti, la notifica è stata ritenuta corretta con conseguente ammissibilità del ricorso.