25 Marzo 2025

La nullità dei finanziamenti per gli acquisti di azioni opera anche per le società cooperative (banche venete)

di Valerio Sangiovanni, Avvocato Scarica in PDF

Corte di Cassazione, 8 gennaio 2025, n. 372, Pres. Terrusi, Rel. Dongiacomo

Parole chiave

Prestito – Acquisto di azioni – Collegamento negoziale – Nullità – Società cooperativa

Massima: “L’art. 2358 c.c., lì dove vieta alla società di accordare prestiti ovvero fornire garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie, salve le condizioni legittimanti ivi previste, è compatibile e dunque applicabile alle società cooperative per azioni nonché, e a maggior ragione, alle banche popolari che ne rivestono la forma”. 

Disposizioni applicate

Art. 2358 c.c. (altre operazioni sulle proprie azioni), art. 2519 c.c. (norme applicabili)

CASO

Una banca popolare veneta eroga a una s.r.l. un mutuo fondiario per l’importo di 1.100.000 euro. I soci della società usano una parte di detta somma (500.000 euro) per acquistare azioni della medesima banca. Successivamente la s.r.l. fallisce, cosicché la banca presenta domanda di ammissione al passivo per la parte del mutuo non ancora restituita. Il credito non viene ammesso, reputando il curatore che il contratto sia nullo per violazione dell’art. 2358 c.c. La banca presenta opposizione allo stato passivo. Il tribunale rigetta però l’opposizione e conferma la nullità del contratto di mutuo. La banca esclusa dal passivo si rivolge così, infine, alla Suprema Corte.

SOLUZIONE

La Corte di cassazione reputa esserci un collegamento negoziale tra il finanziamento e l’acquisto delle azioni e, ritenendo applicabile il divieto dell’art. 2358 c.c. anche alle società cooperative, dichiara la nullità sia del mutuo che dei correlati acquisti di azioni.

QUESTIONI

L’art. 2358 comma 1 c.c. prevede che “la società non può, direttamente o indirettamente, accordare prestiti, né fornire garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni, se non alle condizioni previste dal presente articolo”. Il senso di questa disposizione è che l’aumento di capitale deve essere effettivo, nel senso che il danaro conferito dai soci entra realmente a formare il patrimonio della società, a tutela dei creditori. Se la società eroga finanziamenti ai soci per l’acquisto delle azioni, il danaro che entra in società sotto forma di aumento di capitale è lo stesso che poco prima è uscito dalla società sotto forma di prestito. In questo modo non si assicura l’effettività del capitale sociale, che potrà dirsi raccolto solo quando i soci avranno rimborsato i finanziamenti contratti. E potrebbe anche capitare che i soci non vogliano o non possano rimborsare i prestiti. Ecco spiegata la ratio dell’art. 2358 c.c.

Le due banche popolari venete (Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca), poi messe in liquidazione coatta amministrativa, hanno fatto ampio uso di finanziamenti finalizzati all’acquisto di azioni emesse della medesime banche. Nel gergo, dette operazioni vengono definite “baciate”, per esprimere il collegamento negoziale tra prestito e acquisto.

La questione che si pone è se il divieto dell’art. 2358 c.c. valga anche per le società cooperative, quali erano le due banche venete al momento dell’erogazione dei finanziamenti. La sentenza della Corte di cassazione n. 372/2025 risponde affermativamente al quesito. Bisogna partire dalla considerazione che l’art. 2358 c.c. è dettato nell’ambito della disciplina della società per azioni. Dal canto suo, peraltro, l’art. 2519 comma 1 c.c. stabilisce che “alle società cooperative, per quanto non previsto dal presente titolo, si applicano in quanto compatibili le disposizioni sulla società per azioni”. La domanda allora è: l’art. 2358 c.c., nel vietare finanziamenti per l’acquisto di azioni, è compatibile con il regime delle società cooperative? Secondo la Corte di cassazione sussistono nella società cooperativa esigenze di tutela assimilabili a quelle esistenti nella società per azioni. Anzi, trattandosi di banche, la necessità di tutela del patrimonio è ancora maggiore, tenuto conto dei vincoli patrimoniali a carattere prudenziale cui sono sottoposte.

Ma quali sono le conseguenze della violazione dell’art. 2358 c.c.? Sul punto, la Corte di cassazione – nella sentenza n. 372/2025 – è chiara nello spiegare che ne consegue la nullità tanto del contratto di finanziamento quanto del contratto di acquisto delle azioni. L’art. 2358 c.c. è volto a presidiare interessi di carattere generale, come sono quelli dei soci e dei terzi creditori all’integrità patrimoniale della società. L’operazione compiuta in violazione di detta norma integra l’inosservanza di una norma imperativa. Il mancato rispetto del divieto produce di conseguenza la nullità a norma dell’art. 1418 comma 1 c.c. dell’operazione di assistenza finanziaria nel suo complesso, vale a dire tanto del contratto di finanziamento quanto dell’atto di acquisto delle azioni cui lo stesso era funzionale. Se il legislatore vieta di stipulare il contratto e, nondimeno, il contratto viene stipulato, è la sua stessa esistenza a porsi in contrasto con la norma imperativa; e ne discende la nullità dell’atto per ragioni ancor più radicali di quelle dipendenti dalla contrarietà a norma imperativa del contenuto dell’atto medesimo.

Un argomento non trattato direttamente dalla sentenza della Corte di cassazione n. 372/2025 è chi possa far valere la nullità dei due contratti (di finanziamento e di acquisto delle azioni). Soccorre però il disposto dell’art. 1421 c.c., secondo cui “la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse”. Nel caso delle due banche popolare venete, la messa in liquidazione coatta amministrativa ha determinato l’azzeramento del valore delle azioni. I contratti di mutuo o di apertura di credito per l’acquisto delle azioni sono tuttavia ancora formalmente in forza. Ecco allora che il soggetto interessato alla declaratoria è il finanziato, il quale desidera liberarsi dall’obbligo di restituire quanto dovuto in base al contratto di mutuo.

Sul punto va però operata una distinzione: un conto è il capitale che è stato erogato, un altro conto sono gli interessi passivi generati dal capitale erogato. La nullità del contratto di mutuo o apertura di credito implica che il contratto non può produrre interessi passivi. La somma erogata costituisce tuttavia un indebito oggettivo, in quanto versata sulla base di un contratto nullo.

Abbiamo visto che la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse. Ma contro chi deve essere intentata la causa per ottenere la declaratoria di nullità del contratto di mutuo o affidamento? Il contratto è stato concluso prima del 25 giugno 2017, data della messa in liquidazione coatta amministrativa, con una delle due vecchie banche popolari. Tuttavia, i contratti di mutuo o di apertura di credito sono transitati a Intesa Sanpaolo, quale successore sul lato attivo dei rapporti che prima facevano capo alle due banche. Ne consegue che sussiste la legittimazione passiva di Intesa Sanpaolo.

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