La notificazione della citazione per la convalida dello sfratto per morosità a mezzo posta elettronica certificata
di Elisabetta Pofi Scarica in PDFTrib. Frosinone 22 marzo 2016 – Est. G. Mauro Pellegrini
Convalida di sfratto per morosità – Notificazione diretta – Avviso ex art. 660 c.p.c. – esclusione (Cod. proc. civ., art. 658, 660; l. 21 gennaio 1994 n. 53)
[1] Qualora l’intimato sia una soggetto obbligato a dotarsi di un indirizzo pec, è ammissibile la notificazione della intimazione di sfratto per morosità a mezzo posta elettronica certificata eseguita da parte del difensore munito di procura alle liti, poiché si tratta di notificazione assimilabile a quella eseguita a mani proprie del destinatario, con effetti equipollenti quanto alla validità ed efficacia e conseguente esclusione dell’applicabilità dell’ultimo comma dell’art. 660 c.p.c.
CASO
[1] Il Sig. C.C., titolare della ditta A., proponeva opposizione tardiva alla ordinanza di convalida di sfratto emessa dal Tribunale di Frosinone, deducendo la nullità della citazione notificata a mezzo Pec all’indirizzo di posta elettronica certificata della ditta intimata e non perfezionata in assenza della successiva spedizione della raccomandata, in ossequio al disposto dell’ultimo comma dell’art. 660 c.p.c.
SOLUZIONE
[1] Il Tribunale di Frosinone, dopo avere ricostruito la funzione dell’art. 660 c.p.c. e le modalità di funzionamento delle PEC, nonché precisato che sussiste l’obbligo, anche per le imprese individuali di dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, depositato presso il registro delle imprese ed inserito in pubblici elenchi, ha addossato all’imprenditore l’onere di curare la consultazione della propria casella di posta con regolarità, trattandosi di uno strumento previsto dalla legge per l’invio e la ricezione di comunicazioni con effetti legali. Per il Tribunale tale consultazione è oggi resa più agevole dall’uso dei dispositivi mobili, accessibili ovunque e senza alcuna difficoltà, specialmente per coloro che esercitano un’attività imprenditoriale, i quali ne fanno largo uso per svolgere il lavoro quotidiano. Partendo allora dal presupposto che il senso della disposizione contenuta nell’art.660 c.p.c. è quello di scongiurare l’omessa visione dell’atto da parte del destinatario o che l’atto medesimo venga recapitato ad un soggetto, il quale potrebbe omettere o tardare la consegna, il Tribunale ne fa discendere che la notificazione a mezzo PEC, proprio perché ad essa si accede mediante credenziali nella esclusiva disponibilità del titolare, deve equipararsi alla notificazione a mani proprie, con la conseguenza che l’avviso dell’art. 660 c.p.c. non è necessario.
QUESTIONI
[1] La sentenza affronta una delle questioni non ancora risolte in tema di notificazioni da parte dell’avvocato a mezzo posta elettronica certificata. In particolare, il Tribunale ha affrontato il problema della notificazione dell’intimazione di sfratto per morosità e dell’obbligo di inviare l’avviso di cui all’ultimo comma dell’art. 660 c.p.c.
Come è noto, la ratio sottesa all’art. 660 c.p.c. è quella di portare a conoscenza dell’intimato la citazione, in considerazione delle conseguenze pregiudizievoli che su di esso ricadrebbero nell’ipotesi di mancata comparizione all’udienza fissata per la convalida. La norma infatti dispone che, nel caso in cui l’intimazione non sia stata notificata a mani proprie, l’ufficiale giudiziario deve spedire l’avviso all’intimato dell’effettuata notificazione a mezzo lettera raccomandata.
L’invio della detta raccomandata, a parere della giurisprudenza, può essere omesso sia nella ipotesi in cui la notificazione sia eseguita ad una persona giuridica o ai soggetti indicati dall’art. 145, comma 2, c.p.c., con una delle modalità indicate dal comma 1, sia nell’ipotesi di notifica a mezzo posta, poiché, come prescritto dall’art. 36, comma 2-quater, l. n. 31 del 2008 che ha aggiunto all’art. 7 della Legge 890/82 il comma 6, il quale disponendo che se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell’atto, l’agente postale da notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata, già garantisce l’intimato della conoscenza dell’atto.
Alcune pronunce dei giudici di merito, emanate per lo più in fase di prima applicazione della normativa in materia di notifica degli atti giudiziari a mezzo PEC, avevano negato, sul presupposto della diversità (più descrittiva che concettuale) tra la notifica a mani proprie e la notifica a mezzo PEC, la piena efficacia di quest’ultima in caso di notifica di intimazione per la convalida di sfratto, ritenendo comunque necessario, ai fini del suo perfezionamento, l’assolvimento dell’onere di cui all’art. 660 ultimo comma c.p.c., pena l’invalidità della notifica, rilevabile appunto con l’opposizione tardiva ex art. 668 c.p.c.
La conclusione cui giunge il Tribunale di Frosinone è senz’altro corretta: per un verso equipara la notifica a mani proprie alla notifica a mezzo PEC, per altro verso considera che accedere alla propria casella di posta elettronica, oggi, non è più difficile e lo si può comodamente fare con l’uso «di quei dispositivi mobili che, divenuti dei veri e propri beni di consumo di massa, sono anche beni di uso quotidiano». Del resto, dell’evoluzione informatica non può non tenere conto la giurisprudenza, là dove il legislatore impone innovazioni in ogni materia, basti considerare la legge fallimentare e, soprattutto, l’art. 149 bis c.p.c. ha introdotto la notificazione a mezzo PEC anche da parte dell’Ufficiale giudiziario.
Non possono poi sottacersi i profili di concreta inapplicabilità del combinato disposto dell’art. 149 bis e dell’art. 660 ultimo comma c.p.c. che creerebbe un procedimento di notifica “ibrido”, eseguito per una parte, in forma digitale e, per altra parte, in forma cartacea. Ciò a tacere del fatto che l’Ufficiale Giudiziario non potrebbe poi, seguendo il tenore letterale della norma, allegare la ricevuta della raccomandata all’originale, costituito appunto da un documento informatico, essendo tale la relata di notifica, a norma del 4° comma dell’art. 149 bis cpc.
Inoltre, sebbene il d. leg. n. 82 del 2005, art. 48, comma 2, equipari la PEC alla notifica a mezzo posta, siffatta assimilazione appare riferita esclusivamente all’efficacia giuridica di questa forma di trasmissione dei documenti elettronici, e non vale a rendere applicabile l’intera disciplina prevista dalla legge 20 novembre 1982 n. 890, in tema di notifiche tramite il sistema postale, con la conseguenza che la ricevuta di avvenuta consegna costituisce documento idoneo al dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio è pervenuto nella casella del destinatario, senza tuttavia assurgere a quella ‘certezza pubblica’ propria degli atti facenti fede fino a querela di falso (Cass. 21 luglio 2016, n. 15035, in Giust. civ., Mass., 2016).
Da qui tuttavia i giudici di merito di senso contrario non fanno discendere la conseguenza che, essendo pervenuta nella casella del destinatario, quand’anche non letta (art. 6, comma 5, D.P.R. n. 68/2005), la PEC con il suo contenuto deve ritenersi conosciuta e pertanto mai l’atto potrebbe essere dichiarato nullo. La Suprema Corte, infatti, proprio con riferimento ai vizi della notifica a mezzo PEC ha chiarito che non determinano mai nullità quando l’atto ha raggiunto lo scopo ed è giunto a conoscenza del destinatario, con la consegna nel ‘luogo virtuale’ rappresentato dall’indirizzo PEC (Cass., sez. un., 18 aprile 2016, n. 7665, in www.eclegal.it, con nota di Ricuperati). Non è chiaro allora il motivo per il quale analogo ragionamento rimanga precluso per la convalida di sfratto.