11 Luglio 2016

La notifica a mezzo pec e i limiti imposti dall’art. 147 c.p.c.

di Giuseppe Vitrani, Avvocato Scarica in PDF

Una norma fondamentale in materia di notificazioni a mezzo della posta elettronica certificata è l’art. 147 c.p.c. il quale dispone espressamente che le notificazioni non possono farsi prima delle ore 7 e dopo le ore 21.

Come noto, al debutto della disciplina di cui all’art. 3 bis della legge n. 53 del 1994 ci si interrogava sull’applicabilità della norma codicistica; diversamente dalle altre modalità di notifica previste dal codice di rito e dalla legge n. 53 del 1994 nelle quali è necessario in ogni caso ricorrere all’ausilio di un terzo soggetto (l’Ufficiale Giudiziario, il servizio postale), nel caso di notificazione effettuata a mezzo della Posta Elettronica Certificata il procedimento è curato in piena autonomia dall’avvocato, che effettua le formalità di legge valendosi esclusivamente del proprio computer, della connessione ad internet e di un servizio di posta elettronica certificata. Visto il silenzio della legge n. 53 del 1994 sul punto ci si domandava pertanto se fosse possibile procedere con una notificazione telematica senza limiti di orario, essendo evidentemente possibile inviare un messaggio di posta elettronica certificata in ogni momento della giornata.

A tale quesito ha successivamente dato risposta l’art. 16 septies del d.l. 179/2012 il quale ha espressamente previsto che “la disposizione dell’articolo 147 del codice di procedura civile si applica anche alle notificazioni eseguite con modalità telematiche. Quando è eseguita dopo le ore 21, la notificazione si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo”.

Chiarito il dubbio iniziale e precisato che nel caso di specie non si è in presenza di un’ipotesi di nullità o invalidità della notificazione (la notifica effettuata dopo le ore 21 è perfettamente valida; semplicemente si perfeziona il giorno successivo), ci si è passati a domandare in quale momento la notificazione stessa si considera eseguita e cioè se anche nel caso di specie valga il principio della scissione degli effetti codificato all’art. 16 quater, comma III, d.l. 179 del 2012 ai sensi del quale “la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall’ art. 6, comma I, d.p.r. 68/2005, e per il destinatario nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall’art. 6, comma II, d.p.r. 68/2005

A tale interrogativo ha dato recentemente risposta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8886 del 4 maggio 2016. Giudicando proprio in un caso di notificazione a mezzo della posta elettronica certificata la Suprema Corte ha infatti precisato che il citato art. 16-septies d.l. 179/12 “non prevede la scissione tra il momento di perfezionamento della notifica per il notificante ed il tempo di perfezionamento della notifica per il destinatario espressamente disposta, invece, ad altri fini dal precedente art. 16 quater

Secondo l’interpretazione della Corte di Cassazione, pertanto, il notificante dovrà ricevere entro le ore 21 del giorno in cui effettua la notificazione non solo la ricevuta di accettazione del messaggio di posta elettronica certificata ma anche la ricevuta di avvenuta consegna del messaggio di PEC.

Per la verità siffatta interpretazione pare abbastanza pericolosa; è vero che nella stragrande maggioranza dei casi l’invio delle due ricevute è pressoché contestuale (o al massimo incontra uno scarto di pochissimi minuti), sicché potrebbe essere sufficiente provvedere all’invio del messaggio una decina di minuti prima dell’orario di scadenza, ma è anche  vero che, ai sensi dell’art. 8 del d.p.r. 68/2005, “quando il messaggio di posta elettronica certificata non risulta consegnabile il gestore comunica al mittente, entro le ventiquattro ore successive all’invio, la mancata consegna tramite un avviso secondo le modalità previste dalle regole tecniche di cui all’articolo 17”.

Dalla suddetta norma comprendiamo che il gestore di posta elettronica certificata tenta il recapito della PEC per le 24 ore successive all’invio e dunque non si può escludere che, per disfunzioni del sistema, una ricevuta di avvenuta consegna venga recapitata a distanza di molte ore dall’invio della PEC e magari dopo le ore 21 del giorno di invio del messaggio PEC.

Il principio stabilito dalla Suprema Corte porta dunque con sé evidenti pericoli: in assenza della possibilità di valersi della scissione degli effetti della notificazione e laddove si fosse notificato un atto in scadenza, si correrebbe il rischio di effettuare una tardiva notifica e di incorrere in decadenza per una disfunzione di un sistema sul quale l’avvocato non avrebbe alcuna possibilità di dominio.

Si auspica dunque che tale (pericolosa) interpretazione della Suprema Corte venga presto superata o che si ponga rimedio ai pericoli evidenziati attraverso un opportuno correttivo legislativo che subordini il perfezionamento della notifica alla sola generazione, entro le ore 21, della ricevuta di accettazione del messaggio di posta elettronica certificata. In attesa di ciò, e consci dell’esistenza dell’indirizzo giurisprudenziale ora esaminato, sarà bene che l’avvocato adotti le opportune cautele e provveda alla notificazione con congruo anticipo.

Peraltro tale cautela è buona regola anche a prescindere dalle implicazioni della pronuncia analizzata; ricordiamo infatti che, a causa di un evidente vuoto normativo, non vi è alcuna sanzione per il caso in cui la casella PEC del destinatario, pur risultando dai pubblici elenchi previsti dalla legge, non risulti attiva. Anche in tale ipotesi, infatti, la notificazione non andrà a buon fine con conseguente pericolo di decadenza a carico del notificante, non esistendo (ancora) per le notifiche telematiche un meccanismo equiparabile all’art. 140 o all’art. 143 c.p.c.

Un principio di prudenza vuole pertanto che l’atto in scadenza venga notificato a mezzo PEC mantenendo un congruo lasso di tempo per potersi eventualmente rivolgere all’ufficio postale o all’ufficiale giudiziario al fine di non incorrere in decadenze processuali.