31 Gennaio 2017

La motivazione per relationem nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi

di Roberta Metafora Scarica in PDF

Cass. civ., 4 novembre 2016, n. 22372; Pres. Amendola, Est. Barreca

Esecuzione forzata – Opposizione agli atti esecutivi – Sentenza – Contenuto – Motivazione – “Per relationem” ad ordinanza resa in corso di causa – Ammissibilità (cod. proc. civ., artt. 132, 360, 1° comma, n. 4, 612, 617; cod. proc. civ. disp. att., art. 118).

 

[1] La sentenza resa a seguito di opposizione agli atti esecutivi la cui motivazione si riporti ad altro provvedimento reso nel corso del giudizio (nella specie, all’ordinanza resa dal giudice adito all’esito della fase sommaria ai sensi dell’art. 618 c.p.c.) non è affetta da nullità per violazione dell’art. 132 c.p.c., essendo la decisione motivata per relationem.

CASO

[1] Proposta opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza resa dal g.e. per obblighi di fare, ai sensi dell’art. 612 c.p.c., il Tribunale adito rigettava la domanda. Avverso la decisione di rigetto viene proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 4, deducendosi la violazione dell’art. 132 c.p.c. per essere la motivazione della sentenza impugnata meramente apparente.

SOLUZIONE

[1] La Corte rigetta il ricorso per manifesta infondatezza. Nel caso di specie, infatti, non si trattava di motivazione apparente, ma di motivazione per relationem, giacché il giudice dell’opposizione non aveva fatto altro che riportarsi all’ordinanza emessa da lui stesso all’esito della fase sommaria del giudizio di opposizione, ordinanza con la quale aveva esplicitamente escluso la fondatezza dei motivi di opposizione.

QUESTIONI

[1] La decisione si inserisce nel filone giurisprudenziale ampiamente consolidato della Corte di cassazione che riconosce ormai piena cittadinanza alla motivazione per relationem: secondo i giudici di legittimità, in mancanza di una disciplina legislativa sul punto (ma anche di un corrispondente divieto di motivare per relationem) e riprendendo quanto affermato in ambito amministrativo (art. 3 l. 241 del 1990), ben può il giudice rinviare agli atti e ai provvedimenti di causa, precisandosi tuttavia che il rinvio dev’essere effettuato in modo certo e preciso, così da consentire l’immediata identificazione degli atti o dei provvedimenti da cui trarre il contenuto della motivazione, essendo al contrario invalido un riferimento vago o assolutamente generico. Il mancato rispetto di detti parametri comporterebbe, evidentemente, una lesione del diritto di difesa delle parti destinatarie del provvedimento, nonché una violazione di legge dal momento che la “succinta” e “concisa” esposizione delle ragioni di fatto e di diritto – così come descritte dall’art. 118 disp. att. c.p.c. – di certo non può intendersi come un mero rinvio ad “altro”, in nome di un’economia processuale che rischia di tradursi in arbitrio (Cass. 25 settembre 2002, n. 13937; Cass. 16 gennaio 2009, n. 979; da ultimo, Cass. 23 settembre 2016, n. 18754).

Sul punto, vedi tra gli altri, Ferrajoli, La motivazione della sentenza per relationem, in www.ecnews.it.