1 Dicembre 2020

La mediazione in condominio: necessaria l’autorizzazione assembleare per la partecipazione dell’amministratore

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Corte di Cassazione, Sezione 6^-2, civile, ordinanza 8 giugno 2020 n. 10846 (presidente P. D’Ascola, relatore A. Scarpa)

Condominio – Dilazione di pagamento degli oneri condominiali – Attribuzione dell’amministratore – Mediazione obbligatoria ex art. 71 quater disp- att. c.c. – Autorizzazione dell’amministratore alla mediazione – Improcedibilità.

“Ai sensi del comma 3 dell’art. 71 quater disp. att. c.c. l’amministratore di condominio è legittimato a partecipare alla procedura di mediazione obbligatoria solo previa delibera assembleare di autorizzazione, non rientrando tra le sue attribuzioni, in assenza di apposito mandato, il potere di disporre dei diritti sostanziali rimessi alla mediazione. Ne consegue che la condizione di procedibilità delle “controversie in materia di condominio” non può dirsi realizzata qualora l’amministratore partecipi all’incontro davanti al mediatore sprovvisto (come nella specie) della previa delibera assembleare, da assumersi con la maggioranza di cui all’art. 1136, comma 2, c.c., non essendo in tal caso possibile iniziare la procedura di mediazione e procedere al relativo svolgimento, come suppone il comma 1 dell’art. 8 del d.lgs. n. 28 del 2010.”

Non rientra tra le attribuzioni dell’amministratore il potere di pattuire con i condomini morosi dilazioni di pagamento o accordi transattivi, spettando all’assemblea il potere di approvare una transazione riguardante spese d’interesse comune, ovvero di delegare l’amministratore a transigere, fissando gli eventuali limiti dell’attività dispositiva negoziale affidatagli.”

CASO

Il condominio Alfa, rimasto soccombente tanto in primo grado – avanti al Giudice di Pace, quanto in secondo grado, avanti al Tribunale di Roma, ricorreva in Cassazione, avverso i provvedimenti dei giudici di prime cure, i quali, entrambi, avevano  dichiarato improcedibile la domanda del Condominio, volta alla condanna di una condomina al pagamento di una somma insoluta e determinata dalla deliberazione assembleare di approvazione del bilancio consuntivo. In entrambe le pronunce l’improcedibilità della domanda discendeva dalla mancata attivazione da parte del Condominio della procedura di mediazione obbligatoria, la quale, seppure sollecitata dal giudice, restava senza esito in virtù della mancata adozione, da parte dell’assemblea condominiale, della delibera di autorizzazione all’amministratore di parteciparvi.

Il Tribunale, quale giudice d’appello, distingueva il profilo della autonoma legittimazione processuale dell’amministratore ad agire in giudizio per la riscossione dei contributi, come riconosciuto per legge ex art.63 disp att cc e senza autorizzazione dell’assemblea, dalla legittimazione dello stesso a partecipare alla procedura di mediazione, spiegandosi nel secondo caso l’imprescindibilità della delibera dell’assemblea in base all’esigenza di conferire, a chi interviene in mediazione, la possibilità di disporre della lite; ovverossia di negoziare sulla res controversa, salva poi la ratifica da parte dell’assemblea della proposta di mediazione.

Avverso quest’ultima pronuncia del Tribunale, il Condominio Alfa proponeva ricorso per Cassazione con atto affidato ad unico motivo.

SOLUZIONE

La Suprema Corte di Cassazione rigettava il ricorso per le motivazioni che seguono e, condannava il Condominio ricorrente a rimborsare alla controricorrente condomina le spese sostenute nel giudizio di cassazione.

QUESTIONI

 Mediante l’unico motivo di ricorso, il Condominio lamentava l’”omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio” ed evidenziava come la mediaconciliazione doveva ritenersi ritualmente introdotta e comunque attuata, anche se poi chiusa senza il raggiungimento dell’accordo ed in assenza dell’autorizzazione dell’assemblea dei condomini alla partecipazione dell’amministratore, senza in tal modo comportare alcun riflesso sulla procedibilità della domanda.

In ordine alla sentenza impugnata, il Tribunale, quale giudice di appello della sentenza di primo grado, osservava come il mancato svolgimento della mediazione fosse da addebitare al Condominio attore, essendo rimasto insoddisfatto l’obbligo di attivare la procedura di mediazione. Quest’ultimo onere, difatti, comporta non soltanto l’introduzione dello stesso procedimento, ma altresì l’obbligo dell’amministratore di presenziarvi “munito dei necessari poteri, essendo questi necessari per il buon esito del procedimento”.

La Corte di Cassazione, evidenziando che il Tribunale di Roma aveva correttamente applicato la norma di cui all’art. 71 quater disp. att. c.c. (inserito dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220); forniva della medesima disposizione un’attenta disamina. In primo luogo, gli Ermellini ribadivano che la domanda avanzata dal condominio ricorrente rientrava tra quelle indicate al comma 1 dell’anzidetto art. 71; il quale, indicando quali siano le “controversie in materia di condominio”, ne prescrive la condizione di procedibilità dell’esperimento della procedura di mediazione.

In ordine alla legittimazione dell’amministratore, il comma 3 della medesima disposizione stabilisce che a questi è consentito partecipare al tentativo di mediazione, “previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136 c.c., comma 2″.

Il comma 4, invece, contempla la possibilità di una proroga del termine di comparizione dell’amministratore in mediazione, nelle more della autorizzazione assembleare, alla quale, da ultimo, il comma 5 rimette l’approvazione della proposta di mediazione, da votare con la medesima maggioranza necessaria per la partecipazione dell’amministratore alla procedura.

In questo quadro normativo, dunque, la Suprema Corte concludeva che la condizione di procedibilità di cui all’art. 71, non può ritenersi soddisfatta allorquando dinanzi al mediatore partecipi un amministratore di condominio sprovvisto di autorizzazione dell’assemblea, atteso che in tal caso non è possibile dare avvio alla mediazione secondo la prescrizione dell’art. 8, comma 1, D.lgs. 28/2010.

Oltre a quanto detto, il Supremo Collegio forniva un ulteriore acuta osservazione chiarendo che la circostanza che la controversia del caso oggetto di rassegna, rientri nell’ambito delle attribuzioni dell’amministratore, in forza dell’art. 1130 c.c. – in ordine alle quali l’amministratore possiede la c.d. legittimazione processuale ex. Art. 1131 c.c. – non consente aprioristicamente di eludere la necessaria autorizzazione, secondo le forme dell’art. 1136 c.c., dell’amministratore a partecipare al procedimento di ADR.

 Ciò in quanto, seppure egli goda della c.d. rappresentanza istituzionale, l’amministratore non può partecipare alle attività di mediazione in assenza di autorizzazione, atteso che in tal caso sarebbe sprovvisto del mandato necessario al fine di disporre dei diritti sostanziali rimessi alla mediazione e, dunque, nei fatti privo del potere occorrente per la soluzione della controversia[1].

Il caso di specie, dunque, precisavano gli Ermellini, non rientra nelle ipotesi previste all’art. 5, comma 4 bis del D.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, il quale dispone che “quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo“, atteso che, ancor prima che mancato, qui l’accordo amichevole di definizione della controversia “è privo di giuridica possibilità”.

Di fatti, approvare una transazione riguardante spese d’interesse comune, ovvero delegare l’amministratore a transigere, fissando gli eventuali limiti dell’attività dispositiva negoziale affidatagli, è facoltà ineludibile ed esclusiva dell’organo assembleare[2]. (cfr. Cass. Sez. 2, 16/01/2014, n. 821; Cass. Sez. 2, 25/03/1980, n. 1994).

Parimenti, ai lumi dell’art. 1229 comma 9 c.c., l’amministratore è obbligato ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale sia compreso il credito esigibile, a meno che non sia stato espressamente dispensato dall’assemblea; da ciò, consegue che non rientra tra le attribuzioni dell’amministratore il potere di pattuire con i condomini morosi dilazioni di pagamento o accordi transattivi senza apposita autorizzazione dell’assemblea.

Per tutte le ragioni già indicate, la Suprema Corte di Cassazione rigettava il ricorso presentato dal condominio con condanna alle spese ed al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, ravvisando i presupposti processuali ex art. 13, comma 1-bis D.P.R. n. 115 del 2002.

[1] Cass., Sez. 3, civ., sent. del 27/03/2019, n. 8473.

[2] Cass., sez. 2, civ., sent. del 16 gennaio 2014 n. 821; Cass., sez. 2, civ., sent. del 25 marzo 1980 n. 1994.