La mancata indicazione del provvedimento che ha dichiarato l’esecutorietà del decreto ingiuntivo comporta la nullità del precetto, da far valere con opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.
di Valentina Scappini, Avvocato Scarica in PDFCassazione civile, sesta sez., sentenza del 25 gennaio 2022, n. 2093; Pres. Scoditti; Rel. Porreca.
Massima: “La menzione del provvedimento di dichiarazione di esecutorietà non si può evincere dall’indicazione di apposizione della formula esecutiva, e ciò per plurime ragioni: a) si tratta di menzioni distintamente previste dal legislatore, sicché l’opposta conclusione si tradurrebbe in una interpretazione abrogante come tale inammissibile; b) le menzioni corrispondono a due diverse attività e garanzie per l’ingiunto: l’una, del giudice, che, dichiarando l’esecutorietà, attesta di aver verificato la regolarità della notificazione e il legale decorso dei termini per l’opposizione; l’altra, del cancelliere, che autorizza il richiedente legittimato all’utilizzo del documento contenente il titolo a fini coattivi, ovvero ad avvalersi, per quello, dell’organo esecutivo” (in questo senso, già Corte di Cassazione, sentenza n. 24226 del 30 settembre 2019).
CASO
Un soggetto proponeva opposizione agli atti esecutivi contro un precetto notificatogli e relativo a un credito ingiunto con ricorso ex art. 633 c.p.c. Deduceva la violazione dell’art. 645, co. 2, c.p.c., sostenendo che l’atto di precetto non menzionava né l’Autorità, né il provvedimento che aveva disposto l’esecutorietà del decreto e l’apposizione della formula esecutiva.
L’opposta società creditrice resisteva avanti al Tribunale di Locri, il quale rigettava l’opposizione, stante il fatto che il precetto faceva comunque menzione della data di notifica del decreto ingiuntivo (21 marzo 2013), del fatto che non era stata proposta opposizione allo stesso e del fatto che la formula esecutiva era stata apposta il 20 giugno 2013.
Secondo il Tribunale, dunque, era implicito che l’Autorità che aveva apposto la formula esecutiva coincidesse con quella che aveva emesso il decreto ingiuntivo. Pertanto, non era possibile propendere per la nullità dell’intimazione in questione, non essendo stato leso il diritto di difesa dell’opponente, che aveva comunque proposto rituale opposizione presso l’Autorità corretta.
Quest’ultimo veniva persino condannato a titolo di responsabilità processuale aggravata.
L’opponente ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Locri, sulla base di due motivi. La società opposta ha resistito con controricorso.
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, con il quale è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 480, 617 e 645, co. 2, c.p.c., cassando la sentenza del Tribunale di Locri e dichiarando la nullità del decreto.
Il secondo motivo, con il quale il ricorrente aveva dedotto la falsa applicazione degli artt. 92 e 96 c.p.c., è stato dichiarato assorbito.
QUESTIONI
Il primo motivo è stato accolto dalla Suprema Corte, posto che il precetto non indicava l’autorità che aveva dichiarato l’esecutorietà (che non poteva ritenersi implicita), ma solo la data, e non indicava nemmeno il provvedimento, né la relativa data e l’autorità che, in ipotesi, avrebbe apposto la formula esecutiva.
La Corte di Cassazione ha richiamato, al riguardo, i propri orientamenti, secondo cui, seppur il precetto fondato su decreto ingiuntivo divenuto esecutivo per mancata opposizione non debba essere preceduto da una ulteriore notificazione del provvedimento monitorio, deve però fare menzione, oltre che della data di notifica dell’ingiunzione, del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà e dell’apposizione della formula esecutiva.
Si tratta, invero, di due menzioni distintamente previste dal legislatore, entrambe necessarie, poiché corrispondono a due diverse attività e garanzie per l’ingiunto: l’una, del giudice, che, dichiarando l’esecutorietà, attesta di aver verificato la regolarità della notificazione e il legale decorso dei termini per l’opposizione; l’altra, del cancelliere, che autorizza il richiedente legittimato all’utilizzo del documento contenente il titolo a fini coattivi, ovvero ad avvalersi, per quello, dell’organo esecutivo (Cass., 30 settembre 2019, n. 24226).
Nella fattispecie, è mancata l’indicazione della data di notifica del decreto ingiuntivo, ma l’intimato ha comunque potuto individuare il titolo azionato e l’obbligazione da adempiere ivi contenuta e, opponendosi, ha impedito la dichiarazione di invalidità del precetto (Cass., 28 gennaio 2020, n. 1928).
Tuttavia, è mancata l’indicazione, nel precetto, del provvedimento che ha dichiarato l’esecutorietà del decreto monitorio e la specificazione dell’apposizione della formula esecutiva non poteva sanare tale lacuna. Ciò comporta la nullità del precetto, deducibile con l’opposizione ex art. 617 c.p.c. (Cass., 30 settembre 2019, n. 24226, cit.).
Il Tribunale di Locri, ha osservato la Suprema Corte, ha confuso la dichiarazione di esecutorietà del decreto con l’apposizione della formula, a nulla valendo che recassero la medesima data, trattandosi, come visto, di atti differenti. L’errore di giudizio del Giudice di primo grado è chiaramente evincibile dalla locuzione, rinvenibile nella sentenza cassata, di “Autorità giudiziaria che ha apposto la formula esecutiva”: in realtà, la formula è apposta dal Cancelliere e non dal Giudice.
Non essendo necessari altri accertamenti, la Corte ha cassato la sentenza impugnata, accogliendo il primo motivo di opposizione, dichiarando nullo il precetto e compensando le spese dell’intero giudizio.
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