La mancata comunicazione al debitore esecutato dell’udienza di autorizzazione alla vendita ex art. 569 c.p.c. non è opponibile all’aggiudicatario
di Valentina Scappini, Avvocato Scarica in PDFMassima: “In tema di espropriazione forzata immobiliare, la mancata comunicazione al debitore esecutato del provvedimento di fissazione dell’udienza ex art. 569 c.p.c. per la comparizione delle parti e l’autorizzazione alla vendita non è opponibile all’aggiudicatario del bene, siccome vizio afferente ad una fase procedimentale anteriore alla vendita ed alla quale l’aggiudicatario non prende parte”.
CASO
La SACI s.r.l. in liquidazione proponeva opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. avverso l’intervenuta aggiudicazione dell’immobile staggito, nell’ambito dell’esecuzione forzata instaurata dalla creditrice Sedicibanca s.p.a. nei confronti della terza datrice di ipoteca Società Agricola BEA s.r.l.
L’opposizione era fondata sul fatto che la società debitrice non aveva ricevuto la comunicazione dei provvedimenti di fissazione della comparizione delle parti, nonché di fissazione delle date di vendita ai sensi dell’art. 569 c.p.c. L’opponente deduceva, inoltre, di non essere mai stata convocata a partecipare alle operazioni peritali, non avendo così potuto adoperarsi per concorrere alla migliore stima del bene, reperire possibili acquirenti o richiedere la conversione del pignoramento.
Instaurata la fase di merito, il Tribunale di Viterbo, con sentenza depositata il 25 gennaio 2018, respingeva l’opposizione sulla scorta dell’art. 2929 c.c., ritenendo il dedotto vizio inopponibile all’aggiudicatario, anche in forza della prevalenza della stabilità della sottofase del procedimento esecutivo e dei rapporti giuridici, in assenza della prova di collusione tra creditore procedente e terzo acquirente.
Avverso tale decisione la SACI s.r.l. in liquidazione proponeva ricorso per cassazione, mentre l’aggiudicataria P.A. resisteva con controricorso.
Con ordinanza interlocutoria n. 27982 del 30 ottobre 2019, la terza sezione rinviava la causa alla pubblica udienza, ritenendo che avesse rilievo nomofilattico la questione posta dal ricorso ed inerente alla ricognizione dell’esatta portata del perimetro proprio dell’art. 2929 c.c.
SOLUZIONE
La Suprema Corte ha rigettato entrambi i motivi di ricorso, stabilendo l’applicabilità, alla fattispecie, dell’art. 2929 c.c., che prevede che la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l’assegnazione non ha effetto nei confronti dell’acquirente o dell’assegnatario, a meno che sia provata la collusione tra gli stessi ed il creditore procedente.
Il principio di diritto affermato è il seguente: ““In tema di espropriazione forzata immobiliare, la mancata comunicazione al debitore esecutato del provvedimento di fissazione dell’udienza ex art. 569 c.p.c. per la comparizione delle parti e l’autorizzazione alla vendita non è opponibile all’aggiudicatario del bene, siccome vizio afferente ad una fase procedimentale anteriore alla vendita ed alla quale l’aggiudicatario non prende parte”.
QUESTIONI
Anzitutto, la Suprema Corte ha dissentito dal Pubblico Ministero, che chiedeva la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata, asserendo che era stata opposta con il rimedio ex art. 617 c.p.c. un’aggiudicazione che, in quanto disposta dal professionista delegato alle operazioni di vendita, poteva essere solamente reclamata ai sensi dell’art. 591-ter c.p.c.
Infatti, con l’opposizione era stata dedotta anche la nullità degli atti esecutivi successivi alla mancata comunicazione dell’udienza di cui all’art. 569 c.p.c., a partire dall’ordinanza di delega alla vendita al suddetto professionista sino allo stesso decreto di trasferimento del bene immobile. L’opponente deduceva, peraltro, che la mancata comunicazione dell’udienza di fissazione della vendita faceva venire meno anche il limite temporale della conversione del pignoramento di cui all’art. 495, co. 1, c.p.c.
Ciò stabilito, la Suprema Corte ha analizzato congiuntamente i due motivi di ricorso, in quanto connessi, e li ha rigettati, confermando la decisione del Tribunale di Viterbo.
Quest’ultimo aveva – implicitamente – riconosciuto che era stata omessa la comunicazione all’esecutato dell’udienza di autorizzazione alla vendita ex art. 569 c.p.c., ma ha ritenuto tale vizio non opponibile all’aggiudicatario, applicando la regola di protezione dell’acquisto dettata dall’art. 2929 c.c.
Nel ripercorrere l’excursus giurisprudenziale formatosi attorno all’art. 2929 c.c., gli Ermellini ricordano che la regola contenuta nell’art. 2929 c.c. non trova applicazione allorché la nullità riguardi proprio l’atto di vendita (o di assegnazione), sia che si tratti di vizi che direttamente lo concernono, sia che i vizi rappresentino il riflesso della tempestiva e fondata impugnazione di atti del procedimento esecutivo anteriori ma ad esso necessariamente prodromici (in questo senso, Cass., 9 giugno 2010, n. 13824 e Cass., 30 dicembre 2014, n. 27526).
La finalità dell’art. 2929 c.c., ricorda la Cassazione, è quella di trovare un punto di equilibrio tra la tutela del debitore e quella dell’aggiudicatario, che prende parte al processo esecutivo in proprio, senza, peraltro, avere il diritto di prendere in esame il fascicolo dell’esecuzione, cosicché da lui non può pretendersi il controllo della regolarità della fase antecedente alla vendita o all’aggiudicazione (come ad esempio non può pretendersi che egli verifichi la presenza di eventuali vizi derivanti dalla mancata comunicazione dell’udienza ex art. 569 c.p.c.).
Cosicché va dichiarata inammissibile, senza necessità di procedere all’esame del merito, l’opposizione, proposta successivamente alla vendita, con cui il debitore denunci un vizio formale verificatosi prima della stessa, dato che l’art. 2929 c.c. si applica a tutti i casi di nullità formali anteriori alla vendita o all’assegnazione (Cass., 9 marzo 2006, n. 5111; Cass., 29 settembre 2009, n. 20814).
I principi suddetti sono stati applicati anche al caso della mancata verifica, da parte dell’aggiudicatario, dell’eventuale inesistenza, anche parziale, del titolo esecutivo, andando così oltre il mero tenore letterale dell’art. 2929 c.c., il cui testo evoca le opposizioni promosse ex art. 617 c.p.c. (sul punto, Cass., S.U., 28 novembre 2012, n. 21110, secondo cui: “sembra francamente eccessivo pretendere dall’aggiudicatario una diligenza tale da imporgli di indagare sulla sussistenza e validità del titolo esecutivo per il quale si sta procedendo, volta che non sia stata disposta dal giudice la sospensione dell’esecuzione richiesta dall’esecutato o che, magari, nessuna contestazione sia stata neppure ancora sollevata in proposito al momento della vendita”. Le S.U. si sono spinte fino a sostenere che “non soltanto il terzo potrebbe non essere in grado di procurarsi con facilità tutte le informazioni occorrenti per svolgere autonomamente una simile indagine, ma ciò significherebbe porre comunque a suo carico l’alea dell’esito incerto delle eventuali opposizioni all’esecuzione che siano pendenti: con un effetto di scoraggiamento dei concorrenti alla gara per l’acquisto dei beni pignorati sicuramente non voluto dal legislatore”).
È sembrato, quindi, alla Suprema Corte necessario concludere nel senso che, nella locuzione “vendita” fatta propria dall’art. 2929 c.c., non è possibile far rientrare “il momento procedimentale genetico del vizio derivato dall’ordinanza di delega alla vendita, che sia derivato dalla mancata comunicazione dell’udienza ex art. 569 c.p.c.”, posto che: a) il sub-procedimento di vendita verrebbe esteso ad atti non propriamente prodromici alla stessa – come potrebbe succedere nell’ipotesi di un’udienza di vendita non preceduta dalle formalità obbligatorie di pubblicità (caso esaminato da Cass., 9 giugno 2010, n. 13824, cit.) – ma precedenti il provvedimento che ha autorizzato quel sub-procedimento, permettendone il susseguente inizio; b) si tratta di vizio non direttamente verificabile dall’offerente poi aggiudicatario, o collocato in un momento del procedimento esecutivo precedente a quello cui egli ha preso parte.
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