6 Settembre 2016

La litispendenza nella fase sommaria del c.d. rito Fornero

di Elisabetta Pofi Scarica in PDF

Trib. Roma 5 luglio 2016 – Est. Cosentino 

Procedimento speciale per l’impugnativa del licenziamento – Procedimento cautelare – Litispendenza – Esclusione (Cod. proc. civ., art. 39, 669 bis, 700; l. 28 giugno 2012 n. 92)

[1] In tema di procedimento per l’illegittimità del licenziamento disciplinato dalla l. 28 giugno 2012 n. 92, non sussiste litispendenza ex art. 39 c.p.c., là dove il precedente giudizio instaurato dinnanzi ad altro foro (anch’esso competente) si sia concluso nella fase sommaria con ordinanza di inammissibilità, sempre che il successivo procedimento venga introdotto prima del deposito della opposizione di cui all’art. 1, comma 51, l. 92/2012.

CASO

[1] La Società M., datrice di lavoro, agiva ai sensi della l. n. 92/2012 davanti al Tribunale di Bologna per la dichiarazione di legittimità del licenziamento irrogato al Sig. T.R. Nella stessa sede quest’ultimo spiegava domanda riconvenzionale per ottenere la declaratoria di illegittimità del medesimo atto, oltre alle tutele di cui all’art. 18 della L. n. 300/1970. Questo giudizio veniva definito in data 17 agosto 2015 con provvedimento di inammissibilità.

Con ricorso depositato in data 21 agosto 2015 dinnanzi al Tribunale di Roma, il sig. T.R. impugnava giudizialmente il medesimo licenziamento e invocava le tutele di cui all’art. 18 st. lav. Il 4 settembre 2015, la Società M. spiegava opposizione ai sensi dell’art. 1, comma 51, l. 92/2012 avverso l’ordinanza di inammissibilità resa dal Tribunale di Bologna e, costituendosi nella fase cautelare, sollevava dinnanzi al Tribunale di Roma eccezione di litispendenza ex art. 39 c.p.c.

SOLUZIONE

[1] In primo luogo deve essere segnalato che per il Tribunale di Roma sussiste, sotto il profilo oggettivo, il presupposto di cui all’art. 39 c.p.c. di “stessa causa”. Ciò in quanto, i due giudizi sono caratterizzati dalla medesima identità di soggetti, di petitum (bene della vita del quale si chiede la tutela) e di causa petendi (fatto costitutivo della domanda); né può rilevare la circostanza che un soggetto assuma formalmente in un giudizio la qualità di attore e in altro la qualità di convenuto.

Tuttavia, nell’impostazione del Giudice di Roma, è compito del Tribunale di Bologna rilevare la litispendenza e disporre la cancellazione della causa dal ruolo; ed infatti, al momento del deposito del ricorso per la fase sommaria del c.d. rito Fornero (davanti al Tribunale di Roma) non pendeva alcuna controversia, essendosi già conclusa la fase davanti al Giudice di Bologna con un provvedimento di inammissibilità.

A conferma della correttezza del proprio assunto, il Giudice capitolino rileva che l’opposizione avverso il provvedimento di inammissibilità era stata spiegata in data successiva al deposito del ricorso per la fase sommaria ex l. 92/2012 presso il medesimo Tribunale di Roma.

QUESTIONI

[1] Come è noto, il procedimento avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento, introdotto dalla L. 92/2012, consta di due fasi: una sommaria in cui il giudice provvede, con ordinanza immediatamente esecutiva, all’accoglimento o al rigetto della domanda; ed una successiva (ed eventuale) di opposizione, introdotta con ricorso contenente i requisiti di cui all’art. 414 c.p.c. davanti al tribunale che ha emesso la decisione opposta.

Una volta escluso che il procedimento di opposizione abbia carattere di impugnazione, ma solo di «prosecuzione» rispetto alla fase sommaria (sul punto si veda per tutte Corte Cost. 13 maggio 2015 n. 78, in Giur. cost., 2015, 3, 711), numerose problematiche restano ancora aperte. Tra le molte non è pacifico se possano essere affrontate e decise – in sede di fase sommaria – le questioni preliminari in tema di litispendenza, continenza e connessione, stante l’idoneità al giudicato ex art. 2909 c.c. dell’ordinanza conclusiva di tale giudizio, sempre che non sia stata tempestivamente opposta (Cass. 18 febbraio 2014, n. 3838, in Foro it., 2014, I, 1845).

Premesso che entrambi i Giudici erano competenti a decidere sulla questione, correttamente il Tribunale di Roma (in adesione a quanto statuito dalla Cassazione sul punto, cfr. Cass., sez. un., 31 luglio 2014, n. 17443, in Riv. dir. proc., 2015, 1582) rileva che la litispendenza, ai sensi dell’art. 39 c.p.c., risponde ad irrinunciabili esigenze di ordine pubblico processuale.

Non solo. Posto che il dato normativo non impedisce al giudice della fase sommaria di decidere questioni preliminari in tema di litispendenza, continenza e connessione di cause, un’interpretazione logico sistematica della l. n. 92/2012, art. 1, commi 48, 49 e 51, in conformità al principio del giusto processo (art. 111 Cost., comma 2, e art. 6 Convenzione Europea dei diritti dell’uomo) impone al medesimo giudice di esaminare la pregiudiziale della litispendenza.

La conclusione cui giunge il Tribunale è peraltro condivisibile, nella parte in cui afferma che la prima fase del procedimento si era conclusa con un provvedimento in rito (di inammissibilità) e, pertanto, al momento della proposizione del successivo ricorso non pendeva alcun giudizio dinnanzi ad altro Tribunale.

Si può dunque affermare che l’ordinanza emessa a conclusione della fase sommaria della L. n. 92/2012 ha carattere anticipatorio e che, se non opposta, è idonea al passaggio in giudicato (cfr. Luiso, La disciplina processuale speciale della legge n. 92 del 2012 nell’ambito del processo civile: modelli di riferimento ed inquadramento sistematico, in www.judicium.it e Id., in Luiso, Tiscini, Vallebona, La nuova disciplina sostanziale e processuale dei licenziamenti, Torino, 2013, 55 ss. In senso contrario v. Consolo-Rizzardo, Vere o presunte novità, sostanziali e processuali, sui licenziamenti individuali, in Corriere giur., 2012, 735, i quali dubitano che all’ordinanza possa riconoscersi l’efficacia propria dell’art. 2909 c.c. in considerazione della sommarietà della istruttoria).

Per concludere, l’ordinanza che chiude la prima fase del rito Fornero ha natura sommaria; pertanto la declaratoria di inammissibilità non impedisce la riproposizione della domanda, dinnanzi al giudice competente.

A conferma della correttezza di tale costruzione, resta da dire che se il lavoratore non avesse impugnato il licenziamento davanti ad uno dei giudici competenti, sarebbe decaduto dalla relativa azione, vista la pronuncia di inammissibilità resa sulla domanda del datore di lavoro.