La liberazione del fideiussore ex art. 1956 c.c.
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFLa garanzia fideiussoria è diffusamente utilizzata dal sistema bancario a protezione delle somme erogate.
Per consolidato convincimento giurisprudenziale, il fideiussore che chiede la liberazione della garanzia prestata invocando l’applicazione dell’articolo 1956 c.c. ha l’onere di provare, ai sensi dell’articolo 2697 c.c., l’esistenza degli elementi richiesti a tal fine, e cioè che, successivamente alla prestazione della fideiussione per obbligazioni future, il creditore, senza la sua autorizzazione, abbia fatto credito al terzo pur essendo consapevole dell’intervenuto peggioramento delle sue condizioni economiche (Cass. n. 5833/2019; Cass. n. 6251/2018; Cass. n. 2132/2016; Cass. n. 2524/2006; Cass. n. 10870/2005).
La predetta autorizzazione può essere ritenuta implicitamente concessa dal garante laddove emerga perfetta conoscenza, da parte sua, della situazione patrimoniale del debitore garantito. Questo perché tale conoscenza può essere considerata valida base di una presunzione di autorizzazione tacita alla concessione del credito, desunta dalla possibilità di attivarsi mediante l’anticipata revoca della fideiussione per non aggravare i rischi assunti (Cass. n. 4112/2016).
La Cassazione ha da tempo chiarito che vi possono essere casi in cui la richiesta della speciale autorizzazione di cui all’art. 1956 c.c. non è necessaria, perché l’autorizzazione è ritenuta implicitamente o tacitamente concessa dal fideiussore (il che è esattamente coerente col fatto che per l’autorizzazione non è richiesta la forma scritta ad substantiam).
In particolare, rilevano i casi in cui il fideiussore sia, rispettivamente, un familiare del debitore principale oppure socio e/o legale rappresentante della società garantita. In tale ultima circostanza, infatti, in una stessa persona coesistono le qualità di fideiussore e di legale rappresentante della società debitrice, visto che la richiesta di credito, in tali casi, proviene sostanzialmente dalla persona fisica che somma la posizione di garante (Cass. n. 7444/2017; Cass. n. 4112/2016; Cass. n. 2902/2016; Cass. n. 16827/2016; Cass. n. 3761/2006; Cass. n. 7587/2001).
Nelle fattispecie sopra descritte è attribuito carattere decisivo alla possibile esistenza di una «comunione di interessi» tra debitore e fideiussore o, comunque, di una «situazione di contiguità» tale da consentire al garante di avere costante contezza della esposizione debitoria (rapporto di parentela tra garante e garantito e il legame, per carica rivestita o partecipazione al capitale sociale, con la società debitrice).