La legittimità dell’ipoteca sui beni conferiti in fondo patrimoniale
di Luigi Ferrajoli Scarica in PDFCon la recente ordinanza n. 22761 depositata in data 9 novembre 2016 la Corte di Cassazione è tornata a occuparsi del tema relativo alla validità dell’ipoteca iscritta su beni costituenti fondo patrimoniale per la famiglia.
Nel caso in esame, il contribuente aveva proposto ricorso avanti alla Commissione Tributaria Provinciale avverso un avviso di iscrizione ipotecaria notificato da Equitalia Nord S.p.a. su un immobile destinato a fondo patrimoniale per la famiglia, per il mancato pagamento di cartelle esattoriali attinenti diversi tributi. Il ricorso sortiva effetto favorevole.
In particolare, il ricorrente aveva eccepito l’illegittimità dell’iscrizione ipotecaria ai sensi dell’articolo 170 cod. civ., atteso che il bene immobile era già stato conferito in un fondo patrimoniale costituito per la famiglia e quindi destinato a soddisfare esclusivamente i debiti derivanti da esigenze familiari.
Nel giudizio di appello conseguente ad impugnazione coltivata dalla Concessionaria, la CTR accoglieva i motivi enunciati dall’Ente impositore, riformando integralmente la sentenza di primo grado.
Avverso tale decisione il contribuente decideva di procedere ulteriormente in Cassazione, rilevando:
- la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 171 cod. civ., poiché il giudice di appello aveva ritenuto, erroneamente, che i coniugi fossero separati con figli maggiorenni;
- la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 170 cod. civ., poiché si sarebbe ritenuta legittima l’iscrizione ipotecaria sull’immobile in quanto non inquadrabile negli atti dell’esecuzione sui beni del debitore recante pregiudizio ai beni costituenti fondo patrimoniale, perché tali beni non venivano sottratti alla disponibilità del fondo;
- la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 7 L. 212/2000 e dell’articolo 8 L. 241/1990 in ordine all’omessa indicazione nell’atto di iscrizione di ipoteca del termine e dell’organo competente avanti al quale proporre l’impugnazione.
La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha accolto il ricorso proposto dal contribuente.
Nello specifico, la Corte ha rilevato che dalla documentazione prodotta in giudizio sarebbe emerso che i coniugi erano ancora coniugati e che almeno un figlio era minorenne. Non solo, la Commissione Tributaria Regionale, nel dichiarare la legittimità dell’iscrizione ipotecaria, non aveva specificato che i debiti erariali non erano stati contratti per far fronte a necessità familiari.
Alla luce di ciò, la Corte riteneva necessario pertanto un nuovo giudizio di merito, al fine di verificare l’esistenza del fondo patrimoniale e della pertinenza dei debiti ai bisogni della famiglia, precisando che l’incombenza della prova era a carico del debitore.
Sul punto, la Corte, riprendendo i principi enunciati nelle precedenti pronunce (Cass. n. 23876/2015) ha statuito che: “in tema di riscossione coattiva delle imposte, l’iscrizione ipotecaria di cui D.P.R. 602 del 1973, ex articolo 77, è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall’articolo 170 cod. civ., sicché è legittima solo se l’obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia, circostanze che non possono ritenersi dimostrate, né escluse, per il solo fatto dell’insorgenza del debito nell’esercizio dell’impresa”.
In conseguenza di ciò, il debitore dovrà necessariamente dimostrare non solo la regolare costituzione del fondo patrimoniale e la sua opponibilità al creditore procedente, ma anche che il debito riscontrato nei confronti di tale soggetto sia stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
La Suprema Corte ha quindi proseguito nella propria argomentazione affermando che sono due i principi fondamentali per reputare legittima l’iscrizione ipotecaria sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale:
- la regolare costituzione del fondo;
- l’insorgenza dell’obbligazione per soddisfare i bisogni della famiglia, “da intendersi non in senso meramente oggettivo ma come comprensivi anche dei bisogni ritenute dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari”.
Alla luce di ciò, la Corte di Cassazione ha ritenuto di accogliere il ricorso, ha cassato la sentenza e ha rinviato alla Commissione Tributaria Regionale in diversa composizione anche per decidere in merito alle spese del giudizio di legittimità.
Articolo tratto da “Euroconferencenews”