26 Aprile 2023

La legittimazione del pubblico ministero a presentare istanza di fallimento

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. I, 21 settembre 2022, n. 27670 – Pres. Ferro – Rel. Nazzicone

Parole chiave: Fallimento – Dichiarazione di fallimento – Iniziativa – Pubblico ministero – Legittimazione – Notizia dell’insolvenza appresa dalla relazione ex art. 33 l.fall. – Notizia ricavata dagli atti relativi a procedimento penale per bancarotta depositati in sede di reclamo – Utilizzabilità

[1] Massima: “In tema di iniziativa per la dichiarazione di fallimento da parte del pubblico ministero, quest’ultimo può richiedere il fallimento, ai sensi dell’art. 7 l.fall., quando abbia appreso la notitia decoctionis nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali, attingendola dalla relazione prevista dall’art. 33 l.fall. o ricavandola dagli atti relativi a un procedimento penale per bancarotta, i quali possono essere legittimamente depositati per la prima volta anche in sede di reclamo ex art. 18 l.fall”.

Disposizioni applicate: r.d. 267/1942, artt. 7, 18, 33

CASO

Il Tribunale di Modena, accogliendo l’istanza proposta dal pubblico ministero, dichiarava il fallimento di una società, che gravava con reclamo la sentenza.

L’impugnazione veniva respinta dalla Corte d’appello di Bologna, che reputava sussistente la legittimazione del pubblico ministero, che aveva appreso della situazione d’insolvenza nell’ambito di indagini per operazioni infragruppo avviate ex artt. 216 e 223 l.fall., a seguito di segnalazione del curatore ai sensi dell’art. 33 l.fall.

La pronuncia veniva impugnata con ricorso per cassazione, mediante il quale veniva veicolata la censura di violazione e falsa applicazione dell’art. 7 l.fall., dal momento che, nell’istanza di fallimento avanzata dal pubblico ministero, mancava ogni riferimento a una delle ipotesi previste dalla norma richiamata, ivi essendo stata menzionata solo la relazione del curatore ex art. 33 l.fall., che, tuttavia, non costituisce segnalazione dell’insolvenza pervenuta dal giudice civile, cui viene fatto riferimento al n. 2) dell’art. 7 l.fall.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che la legittimazione del pubblico ministero a chiedere la dichiarazione di fallimento sussiste ogni volta che abbia, in qualunque modo, appreso la notitia decoctionis nell’ambito delle funzioni istituzionali affidategli.

QUESTIONI

[1] L’iniziativa per la dichiarazione di fallimento, secondo quanto stabilito dall’art. 6 l.fall., può essere assunta dal debitore medesimo (il quale, a fronte di una conclamata situazione di insolvenza, si attivi per evitare l’aggravamento del dissesto e le ulteriori conseguenze pregiudizievoli che possono derivare dalla sua inerzia), da uno o più creditori (quando l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati sia complessivamente superiore al limite di € 30.000 fissato dal comma 9 dell’art. 15 l.fall.), nonché dal pubblico ministero.

Il successivo art. 7 l.fall. stabilisce, a tale riguardo, che l’istanza di fallimento può essere presentata dal pubblico ministero quando l’insolvenza risulta:

  • nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga, dall’irreperibilità o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali dell’impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte dell’imprenditore;
  • dalla segnalazione proveniente dal giudice che l’abbia rilevata nel corso di un procedimento civile.

Nel caso esaminato dall’ordinanza che si annota, la notitia decoctionis era emersa dalla relazione predisposta dal curatore nominato nell’ambito di una procedura concorsuale relativa ad altro soggetto insolvente ai sensi dell’art. 33 l.fall., il cui comma 4 ne prescrive il deposito nella cancelleria del tribunale fallimentare e la trasmissione, nel suo testo integrale, al pubblico ministero.

Tale trasmissione viene effettuata d’ufficio, senza bisogno che vi sia una specifica attivazione da parte del curatore (che, dunque, non segnala alcunché), perché è la legge a prevedere che la relazione, diretta al giudice delegato, sia inviata anche al pubblico ministero, che la riceve dopo la sentenza che ha dichiarato il fallimento, la quale, a propria volta, viene iscritta a “modello 45” (ossia il cosiddetto modello delle non notizie di reato), salva la trasformazione a “modello 21” (quello delle notizie di reato) di quanto appreso, con formale apertura di indagini a carico del fallito, in quanto ne ricorrano i presupposti.

Sempre a norma dell’art. 33 l.fall., il giudice delegato ordina il deposito della relazione in cancelleria, disponendo la segretazione delle parti attinenti alla responsabilità penale, alle azioni del curatore e ai dati sensibili del fallito; il pubblico ministero, invece, riceve la relazione nella sua integralità, ossia senza le interpolazioni derivanti dalla secretazione.

La giurisprudenza ha evidenziato che la ratio dell’art. 7 l.fall., una volta venuto meno il potere del tribunale di dichiarare d’ufficio il fallimento, va individuata nell’estensione della legittimazione del pubblico ministero alla presentazione dell’istanza ogni volta che l’organo abbia istituzionalmente appreso la notitia decoctionis; tale orientamento trova conforto sia nell’interpretazione della norma (che, al n. 2), si riferisce al procedimento civile senza limitazioni di sorta), sia nella relazione allo schema di decreto legislativo di riforma delle procedure concorsuali, ove si fa riferimento a qualsiasi notitia decoctionis emersa nel corso di un procedimento penale.

Da questo punto di vista, il riferimento contenuto nel n. 1) dell’art. 7 l.fall. non dev’essere interpretato in senso riduttivo, sicché non è necessaria la preventiva iscrizione di una notitia criminis nel registro degli indagati a carico del fallendo o di terzi.

Lo conferma il tenore della disposizione, che, nel discernere in termini alternativi la notizia appresa, da un lato, nel corso di un procedimento penale e, dall’altro lato, negli ulteriori casi ivi espressamente indicati (fuga, irreperibilità, latitanza dell’imprenditore, chiusura dei locali, trafugamento, sostituzione o diminuzione fraudolenta dell’attivo, fattispecie che, di per sé, ben possono collocarsi anche all’esterno di un procedimento penale), attribuisce la legittimazione al pubblico ministero in ipotesi nelle quali la notitia decoctionis viene conosciuta non necessariamente nell’ambito di un procedimento penale, ma pure nel corso dello svolgimento delle proprie attività istituzionali, siano esse di direzione dell’investigazione o di ricezione di informazioni.

Così, se l’iniziativa del pubblico ministero dipende non dalla preventiva iscrizione di una notitia criminis nel registro degli indagati, bensì dalla conoscenza di circostanze apprese nell’ambito dello svolgimento delle funzioni affidate al magistrato requirente, non può dubitarsi che la notitia decoctionis possa essere ricavata dal magistrato inquirente anche dalla lettura degli atti trasmessigli, financo se privi di rilevanza penale, dato che una simile attività rientra nei compiti istituzionali attribuitigli e può, quindi, costituire una fonte di informazione utile a legittimare la sua iniziativa volta alla dichiarazione di insolvenza.

In definitiva, sono idonee ad attivare la legittimazione del pubblico ministero, ai sensi dell’art. 7 l.fall., anche quelle condotte che, in quanto considerate dalla norma (peraltro in modo esemplificativo e non tassativo), non necessariamente integrano reati, perché, in linea generale, non sono tali.

In questo senso, è stato affermato che l’esame, da parte del pubblico ministero, dei risultati di indagini svolte dalla Guardia di Finanza – sia che siano state previamente disposte dall’organo giurisdizionale nell’esercizio del proprio potere investigativo, sia che siano state eseguite autonomamente dal corpo di polizia e trasmesse all’ufficio della Procura della Repubblica – rientra pienamente nell’attività istituzionale dell’organo giurisdizionale inquirente; qualora, pertanto, gli esiti dell’indagine evidenzino la notitia decoctionis, mediante la rappresentazione di esposizioni debitorie verso l’erario astrattamente idonee a costituire fattispecie incriminatrici speciali, il pubblico ministero è pienamente legittimato a presentare l’istanza di fallimento.

Allo stesso modo, deve considerarsi legittima l’iniziativa del pubblico ministero che sia stata assunta sulla base di una notitia decoctionis appresa dalla relazione di un amministratore giudiziario nominato nell’ambito di un sequestro preventivo disposto e poi revocato dal giudice per le indagini preliminari, dovendosi reputare ininfluente, ai fini dell’utilizzabilità di tale relazione, l’eventuale difetto dei requisiti di validità specificamente prescritti dalla normativa che disciplina il relativo procedimento, dal momento che l’art. 7 l.fall., nel consentire l’acquisizione della notitia decoctionis attraverso le risultanze di un procedimento penale o la segnalazione del giudice civile, non prescrive l’osservanza di forme determinate, ma richiede solo che sia avvenuta nell’esercizio delle funzioni istituzionali.

È la stessa trasmissione di svariati atti concorsuali al pubblico ministero, dunque, a investirlo di elementi potenzialmente suscettibili di far emergere una notitia decoctionis, sia a fini interni (potendo il pubblico ministero chiedere il fallimento di un debitore che ha depositato domanda di concordato per il solo fatto che ne è stato notiziato ai sensi dell’art. 161 l.fall.), sia a fini esterni (com’è a dirsi per le relazioni ex art. 33 l.fall., che gli debbono essere indefettibilmente trasmesse dall’ufficio e che, dunque, sono anch’esse informazioni, peraltro veicolate in modo speciale e distinto rispetto a quanto eventualmente gli venga riferito dal giudice civile).

In definitiva, l’iniziativa del pubblico ministero è legittimata dalla conoscenza della decozione di una parte o di un terzo che egli abbia per effetto della sua partecipazione a processi o procedimenti che vedano coinvolti detta parte o detto terzo: ciò che conta è che un fatto rilevante ai fini della declaratoria di fallimento sia portato alla sua attenzione per le sue valutazioni nell’ambito di una competenza propria.

Così, ogni volta che, all’interno di un atto tipico destinato al pubblico ministero, vi sia una notitia decoctionis, riguardante tanto il medesimo debitore quanto eventuali terzi, sussiste per ciò stesso la sua legittimazione a chiederne il fallimento, essendogli solo inibito di attivarsi ex abrupto, ossia di ricercare in proprio l’insolvenza, dovendo avere appreso la notizia di essa nell’ambito delle sue competenze istituzionali (civili, penali o disciplinari).

Poiché, nel caso di specie, la notizia era stata ricavata dalla relazione predisposta dal curatore ai sensi dell’art. 33 l.fall., nella pendenza di un procedimento per bancarotta ex artt. 216 e 223 l.fall., la legittimazione del pubblico ministero non poteva essere messa in discussione.

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Codice della crisi nella sua applicazione pratica