La giurisprudenza di Cassazione sulle sportive
di Guido Martinelli Scarica in PDFDalla lettura di due recenti sentenze della sezione quinta della Corte di Cassazione (sentenze n. 6934/2017 e n. 7629/2017), in materia di disciplina fiscale applicabile alle società e associazioni sportive dilettantistiche, emergono alcuni aspetti che meritano qualche considerazione aggiuntiva.
Nella prima sentenza (Cassazione 6934/2017) la fattispecie concreta è molto diffusa: trattasi di associazione che gestisce una palestra alla quale, in sede di accertamento, viene disconosciuta la natura “istituzionale” dei proventi riscossi dagli associati con il conseguente recupero dell’Iva non versata.
La Commissione tributaria provinciale confermava la natura “commerciale” del provento ma: “sul presupposto che dall’imponibile accertato dovesse scorporarsi l’Iva inclusa nei corrispettivi percepiti e che andasse detratta l’Iva addebitata a titolo di rivalsa, rideterminava in diminuzione l’imposta dovuta e le sanzioni”.
Sulla decisione sostanzialmente confermativa della Commissione regionale ricorreva in Cassazione l’Agenzia delle Entrate, la quale, per quanto di nostro interesse, eccepiva un errato giudizio da parte del Giudicante di secondo grado “nel ritenere che l’imponibile accertato, corrispondente alla somma degli abbonamenti versati per l’utilizzo della palestra gestita dalla associazione, fosse comprensivo di Iva” nonché censurando la sentenza impugnata laddove la stessa ammetteva in detrazione le fatture passive non registrate contabilmente.
La Suprema Corte ha accolto integralmente la tesi dell’Agenzia ritenendo che le quote incassate dalla palestra, erroneamente ritenute “istituzionali”, venissero “riscosse al netto di qualsiasi tipo di imposta” e che il comportamento del contribuente che aveva intenzionalmente eluso la normativa fiscale risulti “idoneo a compromettere il buon funzionamento del sistema comune dell’Iva e ad escludere il diritto alla detrazione”.
Si ritiene, in questo caso, di poter condividere maggiormente le conclusioni a cui erano giunte le corti di merito piuttosto che quella di legittimità.
Infatti, sotto il primo profilo, si pone il problema di stabilire se l’Iva dovuta a seguito di accertamento debba essere determinata aggiungendo l’imposta ai corrispettivi o, al contrario, scorporata da questi ultimi, dovendosi cioè intendere a “Iva compresa”. Sappiamo che è principio cardine del sistema Iva che l’imposta gravi sul consumatore finale e non sul fornitore. Da ciò non può che conseguirne che l’Iva dovuta a seguito di accertamento debba essere determinata mediante scorporo dell’imposta dai corrispettivi.
“Solo in questo modo, infatti, risulta tutelato il principio di neutralità fiscale, essendo evidente che l’ente associativo, avendo qualificato, sia pure erroneamente, l’attività svolta come non commerciale, non ha incassato in rivalsa l’Iva corrispondente ai corrispettivi percepiti. Se, quindi, si assumessero questi ultimi come base di calcolo dell’imposta dovuta in sede di accertamento sarebbe l’ente a restare inciso dall’imposta, quando il consumatore finale, vale a dire il soggetto sul quale deve gravare l’onere impositivo, è il destinatario dei servizi resi dall’ente (M. Peirolo – Base di calcolo dell’IVA dovuta a seguito di accertamento – Associazioni e sport 4/2017)”.
Anche sotto il secondo aspetto (detrazione Iva sugli acquisti) riteniamo sufficiente fare riferimento a un chiaro e condivisibile documento emanato dalla DRE Emilia Romagna, in data 23 marzo 2015, quale risultante dei lavori del tavolo tecnico quivi attivato con il locale comitato regionale del Coni, il quale, in subiecta materia, dopo aver ricordato la giurisprudenza di merito e di legittimità (vedi Cassazione n. 24912/2011) nazionale e comunitaria, testualmente così conclude: “ .. qualora in sede di verifica o di accertamento l’Amministrazione Finanziaria sia in grado di riscontrare, attraverso elementi oggettivi, che la contabilità dell’ente sottoposto a controllo risulti nel suo complesso attendibile – consentendo di distinguere quanto relativo all’attività istituzionale e quanto relativo alla sfera commerciale nonché di verificare l’effettività e l’inerenza delle operazioni poste in essere, – è ammissibile che sia riconosciuta in detrazione l’Iva sugli acquisti ai sensi dell’articolo 19-ter del D.P.R. 633/1972”.
La seconda decisione va ricordata solo perché ribadisce, un principio, spesso contestato dalla dottrina ma che l’Amministrazione finanziaria ha sempre ritenuto valido (circolare AdE 21/E/2003) sull’obbligo, per le società di capitali e le cooperative sportive dilettantistiche che volessero utilizzare le agevolazioni fiscali di cui agli articoli 148 Tuir e 4 D.P.R. 633/1972, di uniformare il loro statuto a quanto prescritto espressamente dalle norme citate.
La Suprema Corte, infatti, ha ricordato come tale agevolazioni non spettino di diritto a tutte le associazioni ma solo a quelle che abbiano provveduto ad adeguare espressamente a tal fine il loro statuto e a ulteriore condizione che: “la loro attività si svolga in concreto nel pieno rispetto delle prescrizioni contenute nelle clausole stesse”..
Articolo tratto da “Euroconferencenews“