5 Novembre 2024

La fattura elettronica non è titolo sufficiente per ottenere un decreto ingiuntivo

di Francesco Tedioli, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale Roma, Sez. VII, Decr., 24 settembre 2024 Pres. Balestrieri – Rel. Garri

Decreto ingiuntivo – Fattura elettronica – Necessità – (C.p.c. artt. 634)

Massima: “Non è possibile emettere un decreto ingiuntivo soltanto sulla base delle fatture, seppure elettroniche. La ratio dell’art. 634 c.p.c., relativo alla prova scritta, si fonda sulla peculiare valenza della contabilità ordinata, indice di affidabilità del soggetto alla cui attività si riferisce, per cui la fatturazione elettronica, pur assicurando elevati standard di certezza e autenticità, non risulta di per sé idonea ad ottenere un decreto ingiuntivo (in applicazione di tale principio, il Giudice di merito ha emesso un decreto di richiesta di integrazione documentale, invitando il ricorrente a depositare, entro 30 giorni, estratto autentico notarile delle scritture contabili, con l’annotazione delle fatture e l’attestazione da parte del notaio di regolare tenuta dei registri ai sensi delle norme vigenti)”.

CASO

Il Tribunale di Roma ha rilevato che, ai fini dell’ottenimento di un decreto ingiuntivo, è necessario depositare l’estratto autentico delle scritture contabili, perché il nostro ordinamento contempla ancora l’obbligo di registrazione delle fatture ai fini fiscali e perché non è stata abrogata la disposizione dell’art. 634 c.p.c.

Quanto al primo profilo, l’obbligo deriva dall’art. 16 del D.L. n. 124 del 2019 (convertito in L. n. 157 del 2019) e da documenti di prassi dell’Agenzia delle Entrate (in particolare, la circolare n. 14/E del 2019) e, dopo l’introduzione della registrazione telematica delle fatture per le operazioni IVA effettuate a partire dal 10 luglio 2021, dall’art. 4 del D.Lgs. n. 127/2015, dall’art. 1, comma 1106, lett. a), della L. 30 dicembre 2020, n. 178, e dall’art. 1, comma 10, lett. a), n. 1), del D.L. 22 marzo 2021, n. 41 (convertito, con modificazioni, dalla L. 21 maggio 2021, n. 69).

Secondo il Tribunale di Roma, il tenore testuale delle citate disposizioni conferma la vigenza generale dell’obbligo di tenuta dei registri ai fini IVA. Se i contribuenti hanno optato per mettere a disposizione dell’Agenzia delle Entrate i registri telematici, anche per loro, tuttavia, vige l’obbligo di registrazione delle fatture, in quanto vi è sempre un registro telematico predisposto dall’Agenzia fiscale, che il contribuente deve convalidare o integrare.

Bisogna prestare attenzione anche all’art. 1, comma 3-ter, del D.Lgs. n. 127 del 2015, che prevede che “i soggetti obbligati alla comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute ai sensi del comma 3 del presente articolo sono esonerati dall’obbligo di annotazione in apposito registro, di cui agli articoli 23 e 25 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633”.

Secondo il Tribunale di Roma, però, l’art. 1, comma 3-ter, della citata norma i) presenta criticità interpretative, poiché non risulta adeguatamente coordinato con i commi 3 e 3-bis. Questa incoerenza la riconduce alle numerose e ravvicinate modifiche normative intervenute su tale articolo, che hanno prodotto un disallineamento nella sua struttura complessiva.

Ha, poi, rilevato che tale norma ii) collega l’esonero non all’emissione di fatture elettroniche in quanto tale, ma all’obbligo di comunicazione dei dati delle fatture, facendo quindi riferimento alla disciplina del cosiddetto “spesometro” (o, più di recente, “esterometro”).

Ha, per ultimo, ricordato che la disposizione in esame iii) è stata introdotta dall’art. II, comma 2-bis, D.L. 12 luglio 2018, n. 87, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2018, n. 96, e non può dunque, in alcun caso, giustificare il venir meno dell’obbligo di tenuta dei registri ai fini IVA, il quale, al contrario, risulta confermato dalla L. n. 178/2020 e dal D.L. n. 41/2021, convertito con modificazioni dalla L. n. 69/2021.

Quanto alla ratio dell’art. 634 c.p.c., essa deroga al principio generale per cui un documento formato dalla stessa parte che lo produce non può, dunque, rilevare come prova in suo favore. Ciò è possibile solo in forza della particolare rilevanza probatoria della contabilità ordinata e conforme a legge, indicativa dell’affidabilità del soggetto a cui tale attività si riferisce (con ripercussioni anche in ambito tributario, ad esempio in relazione alla delimitazione delle modalità di accertamento tributario), e non sull’autenticità o meno delle fatture.

Secondo il Giudice monocratico, tale concetto è chiaramente espresso dal testo della disposizione, che non fa riferimento specifico alle fatture, ma alle scritture contabili previste dal codice civile, “purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute”, nonché a quelle prescritte dalle leggi tributarie, “quando siano tenute con l’osservanza delle norme stabilite per tali scritture“, per cui appaiono irrilevanti considerazioni sulla certezza, autenticità, immodificabilità e/o altre qualità delle fatture elettroniche.

SOLUZIONE

Il Tribunale invita il ricorrente a depositare, entro trenta giorni, un estratto autentico notarile delle scritture contabili riportante l’annotazione delle fatture, corredato dall’attestazione notarile di regolare tenuta ai sensi di legge.

QUESTIONI

Questa pronuncia si inserisce in un contesto giurisprudenziale caratterizzato da un acceso dibattito sulla sufficienza della fattura elettronica come prova scritta per ottenere un decreto ingiuntivo.

Parte della dottrina ed alcuni giudici di merito sostengono che tale fattura possa costituire prova adeguata per il provvedimento monitorio, grazie all’elevato livello di autenticità e immodificabilità fornito dai sistemi digitali di certificazione (cfr. Trib. Brescia, 14 febbraio 2023; Trib. Torino, 12 gennaio 2022; Trib. Roma, 20 maggio 2021; Trib. Milano, 4 marzo 2021; in dottrina cfr. F. Bianchi, Il valore probatorio della fattura elettronica: criticità e prospettive, in Dir. e giust, 2023, 210; M. Rossi, Evoluzione della fatturazione elettronica e impatti sul processo civile, in Riv. dir. proc., 2022, 450; L. Panzarasa, Prova scritta e fattura elettronica nel processo civile, in Dir. e giust, 2022, 75; G. Sorrentino, La fattura elettronica: nuovo strumento di prova nel contenzioso civile, in Giur. it., 2020, 999).

In particolare, secondo tale orientamento, le fatture elettroniche in formato XML possono essere equiparate all’estratto autentico delle scritture contabili. Questa conclusione è supportata dal fatto che il Sistema di Interscambio (SDI) genera documenti informatici che sono considerati duplicati autentici, indistinguibili dagli originali, e non semplici copie. Inoltre, i soggetti obbligati ad emettere fatture elettroniche tramite SDI sono esonerati dall’obbligo di annotazione nei registri di cui agli artt. 23 e 25 del D.P.R. 633/1972. Di conseguenza, viene meno anche l’obbligo di conservare le scritture contabili richieste dall’art. 634, comma 2, c.p.c. per ottenere il decreto ingiuntivo, rendendo superflua la presentazione di estratti autentici delle scritture contabili (Trib. Verona, 29 novembre 2019; Trib. Padova, 8 agosto 2019; Ag. Entrate,  prov., 30 aprile 2018, n. 89757).

Tuttavia, la giurisprudenza di merito prevalente – cui si allinea anche questa decisione – adotta un approccio prudente, richiedendo un collegamento tra le fatture e le scritture contabili ufficiali per garantire una maggiore affidabilità del credito (Trib. Massa, 21 luglio 2023; Trib. Milano, 15 marzo 2022). Tale approccio si fonda sul principio generale secondo cui un documento formato dalla stessa parte non costituisce prova a suo favore, a meno che non sia corroborato da elementi aggiuntivi di credibilità, come la regolare tenuta delle scritture contabili

Il decreto emesso dalla VII sezione civile del Tribunale di Roma conferma questo orientamento restrittivo, in base al quale la sola fattura elettronica non costituisce titolo sufficiente per ottenere un decreto ingiuntivo (Trib. Massa 21 luglio 2023; Trib. Milano, 10 gennaio 2019; Trib. Verona, 4 marzo 2020; Trib. Roma, 12 novembre 2021). Il Giudice evidenzia, infatti, che l’art. 634 c.p.c., pur elencando alcune tipologie di prove scritte idonee, richiede ulteriori documenti oltre alla fattura per garantire l’affidabilità della pretesa creditoria. A questo riguardo, specifica che la “prima prova scritta” resta il contratto tra le parti – anche sotto forma di preventivo accettato – quale fondamento dell’obbligazione e del credito vantato.

Il Tribunale approfondisce la ratio dell’art. 634 c.p.c., che consiste nel garantire la “peculiare valenza della contabilità ordinata e conforme a legge” come indice di affidabilità del soggetto a cui le scritture contabili si riferiscono. In tale ottica, non è sufficiente che la fatturazione elettronica assicuri standard elevati di certezza e autenticità; essa deve essere accompagnata da ulteriori elementi che comprovino la solidità del credito vantato. Per i motivi evidenziati il Tribunale di Roma invita il ricorrente a depositare un estratto autentico notarile delle scritture contabili, contenente l’annotazione delle fatture e l’attestazione di regolare tenuta da parte del notaio.

L’ordinanza precisa, inoltre, che la richiesta di un estratto autentico notarile non costituisce una mera formalità, bensì risponde a esigenze sostanziali di tutela e deterrenza, scoraggiando eventuali tentativi di elusione delle responsabilità contrattuali.

In base alle argomentazioni esposte, il provvedimento in commento sostiene che, sebbene l’art. 634 c.p.c. ammetta diverse tipologie di prove scritte, pone come elemento centrale la regolare tenuta delle scritture contabili ai fini IVA, requisito ancora richiesto dalle normative vigenti, come confermato dalla L. n. 178/2020 e dal D.L. n. 41/2021. Di conseguenza, secondo questa tesi, la fattura elettronica, di per sé, non rappresenterebbe un titolo sufficiente per ottenere un decreto ingiuntivo; è necessaria, infatti, una base documentale più solida che attesti la correttezza contabile e la fondatezza del credito, attraverso un collegamento con la documentazione contabile autentica.

Chi scrive non condivide minimamente l’orientamento espresso nel provvedimento in commento. Auspica, invece, che si raggiunga un’adesione uniforme e diffusa tra i vari Tribunali riguardo all’idoneità della fattura elettronica per l’emissione del decreto ingiuntivo. I “duplicati informatici” delle fatture, provenienti da un “terzo qualificato” come l’Agenzia delle Entrate, soddisfano, infatti, i requisiti previsti per la prova scritta ai sensi dell’art. 634, comma 2, c.p.c.

Infine, tenuto conto dell’evoluzione delle normative in ambito digitale, appare probabile che, in un futuro non lontano, la Cassazione esprima una posizione chiara e definitiva sul valore probatorio della fattura elettronica nel procedimento monitorio o intervenga lo stesso legislatore con apposita norma definitoria.

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