La domanda riconvenzionale consequenziale o “complanare” dell’opposto nell’opposizione a decreto ingiuntivo
di Silvia Romanò, Dottoranda in Scienze giuridiche europee e internazionali presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFCassazione civile, Sez. III, Ordinanza 27/11/2023, n. 32933. Pres. Scrima, Estensore Giaime Guizzi
Procedimento monitorio – opposizione a decreto ingiuntivo – domanda riconvenzionale – risoluzione per inadempimento
Massima: “In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, il convenuto opposto può proporre con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata una domanda nuova, diversa da quella già posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, purché rimanga immutato l’elemento identificativo soggettivo delle personae e ferma restando la necessità che tale nuova domanda riguardi, pur sempre, la medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio con l’atto introduttivo o sia a essa collegata almeno per incompatibilità”.
CASO
La società Alfa S.r.l. chiedeva e otteneva un decreto ingiuntivo contro Beta S.r.l. per il mancato pagamento di due fatture relative al dovuto in virtù del rapporto contrattuale che le legava, in base al quale Beta, concessionaria per la raccolta pubblicitaria di Alfa, si obbligava a versare ad Alfa una percentuale sulla vendita delle inserzioni pubblicitarie.
Beta proponeva opposizione a decreto ingiuntivo e, nel chiedere la revoca dell’opposto decreto ingiuntivo, deduceva un inadempimento di Alfa ai propri danni, di vantare nei suoi confronti controcrediti maggiori del dovuto, che eccepiva in compensazione, nonché di avere esercitato il diritto di ritenzione ex art. 1460 c.c. nel non versare le fatture poste alla base del procedimento monitorio. Alfa, costituitasi in sede di opposizione, oltre a resistere alle pretese di Beta, agiva anch’essa in via di riconvenzione affinché fosse accertata la cessazione dell’efficacia del contratto, per fatto e colpa di Beta, con condanna della stessa al risarcimento dei danni.
Il giudice di prime cure, con sentenza non definitiva, accoglieva la proposta opposizione e revocava il decreto ingiuntivo, dichiarando inammissibile la riconvenzionale della società opposta.
Contro detta sentenza Alfa proponeva appello, ma senza successo, in quanto la Corte competente, inter alia, dichiarava inammissibile la proposta domanda riconvenzionale.
Alfa ricorreva per cassazione.
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione, nell’ordinanza in esame, ribadisce il proprio consolidato orientamento, che ritiene ammissibile la domanda riconvenzionale proposta dall’opposto in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, ove consequenziale alle difese dell’opponente, convenuto in senso sostanziale, ferma restando l’identità dei soggetti e che la domanda riconvenzionale riguardi la stessa vicenda sostanziale dedotta in giudizio con il ricorso monitorio o sia a essa collegata almeno per incompatibilità.
QUESTIONI
L’ordinanza in esame si confronta con il problema dell’ammissibilità della domanda riconvenzionale proposta dall’opposto in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, ossia nel giudizio ordinario instaurato a seguito dell’opposizione dove, come noto, l’opposto assume la veste di attore in senso sostanziale, mentre l’opponente quella di convenuto sostanziale.
La Suprema Corte fa riferimento all’indirizzo giurisprudenziale, di recente fissato in via nomofilattica da Cass. Sez. Un. 13 gennaio 2022 n. 927, che ha ammesso in termini più larghi la possibilità per l’opposto di proporre domande riconvenzionali. L’opposizione a decreto ingiuntivo configura un ordinario giudizio di cognizione di merito, finalizzato all’accertamento della esistenza del diritto di credito fatto valere dal creditore con il ricorso monitorio, diretto ad accertare la fondatezza della pretesa fatta valere. È con riferimento alla posizione sostanziale delle parti, continua la Suprema Corte, che operano il regime probatorio e la disciplina delle facoltà processuali: pertanto, mentre l’opposto, attore sostanziale, non può proporre domande diverse da quella fatta valere con il ricorso per ingiunzione, all’opponente è consentito proporre eventuali domande riconvenzionali rispetto alla pretesa fatta valere dall’ ingiungente.
Nondimeno, poiché ai sensi dell’art. 645 co. 2 c.p.c., a seguito dell’opposizione, il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito, è consentita l’applicazione anche della norma di cui all’art. 183 c.p.c. (ed ora dell’art. 171-ter, n. 1, c.p.c.), onde l’attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto, come la reconventio reconventionis e/o l’istanza di chiamata in causa di terzi o le eccezioni in senso stretto (v. già Cass. Sez. Un. 26128 del 2010).
Ed è stata ritenuta ammissibile anche la riconvenzionale c.d. “complanare”, la quale, lasciando immutato l’elemento identificativo soggettivo delle personae e ferma la necessità che essa debba pur sempre riguardare la medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio con l’atto introduttivo o comunque essere a questa collegata, può sostituirsi a quella originaria (cfr. Cass. Sez. Un. 15 giugno 2015, n. 12310) o coesistere con essa in un rapporto di subordinazione (Cass. Sez. Un. 13 settembre 2018, n. 22404).
In base a finalità di economia processuale e di ragionevole durata del processo, nonché riconoscendo all’opposto, quale attore in senso sostanziale, le stesse facoltà riconosciute all’attore, nel rito ordinario, dall’art. 183 (ed ora dall’art. 171-ter, n. 1) c.p.c., la Corte di cassazione afferma l’ammissibilità della riconvenzionale proposta dal convenuto opposto, sempre che tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta.
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