7 Marzo 2017

La desistenza dell’unico creditore istante dopo la dichiarazione di fallimento non determina la revoca della sentenza di fallimento

di Alexandra Aliotta Scarica in PDF

Cass. civ., ord. 5 maggio 2016, n. 8980, Pres. Ragonesi – Est. Genovese

 

[1] Procedure concorsuali – Dichiarazione di fallimento – Iniziativa – Desistenza o rinuncia del creditore istante successiva alla dichiarazione di fallimento – Effetti – Accoglimento del reclamo – Esclusione.

(r.d. 16 marzo 1942 n.267, disciplina del fallimento, art. 6,15,16 e 18). 

[1] La desistenza o rinuncia dell’unico creditore istante successiva alla dichiarazione di fallimento non è idonea a determinare l’accoglimento del reclamo proposto dal fallito e, conseguentemente, non consente la revoca della sentenza di fallimento

 CASO

[1] A seguito dell’istanza presentata da un unico creditore il Tribunale di Bergamo ha dichiarato il fallimento di una impresa individuale.

Il titolare della Ditta individuale ha proposto reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento innanzi alla Corte di appello.

In sede di reclamo è stato depositato un atto di desistenza dell’unico creditore istante, ma la Corte di appello non ha dato rilievo alla rinuncia del creditore poiché era intervenuta successivamente alla pubblicazione della sentenza di fallimento.

Pertanto la Corte di Appello, ritenendo comunque sussistenti i presupposti per il fallimento, ha rigettato il reclamo.

Avverso la sentenza della Corte di merito il fallito ha proposto ricorso per cassazione sollevando diversi motivi.

Con il primo motivo ha dedotto che la Corte Appello, a seguito della desistenza dell’unico creditore procedente, doveva revoca la sentenza di fallimento non essendo più prevista la dichiarazione di fallimento di ufficio.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso ed ha affermato che la desistenza o rinuncia dell’unico creditore istante successiva alla dichiarazione di fallimento non è idonea a determinare l’accoglimento del reclamo.

SOLUZIONE

[1] Con la pronuncia in epigrafe la Corte di Cassazione ha affrontato la questione della rilevanza della desistenza dell’unico creditore istante sulla dichiarazione di fallimento ed ha affermato che la desistenza o rinuncia ha effetti solo se anteriore alla pubblicazione della sentenza di fallimento.

In motivazione la Suprema Corte ha dato atto degli indirizzi ermeneutici consolidati sul punto.

La Corte, richiamando l’orientamento ormai dominante, ha osservato in primo luogo che l’iniziativa del creditore istante, o di altro soggetto legittimato, deve permanere per tutta la durata della procedura e che quindi la rinuncia dell’unico creditore intervenuta anteriormente alla pubblicazione della sentenza di fallimento, pur se depositata solo in sede di reclamo avverso quest’ultima, determina la carenza di legittimazione di quel creditore e la conseguente revoca sentenza di fallimento (Cass. 19 settembre 2013 n. 21478).

Tanto premesso la Suprema Corte ha afferma che il caso deciso dalla Corte di Appello era differente.

Segnatamente, il creditore aveva rinunciato alla istanza (rectius: domanda) di fallimento con dichiarazione resa in data successiva alla pubblicazione della sentenza di fallimento.

Sulla base delle superiori considerazioni, la Suprema Corte ha affermato che l’atto di desistenza o la rinuncia dell’unico creditore determina la revoca della sentenza di fallimento, per la carenza della legittimazione dell’unico istante, solo se anteriore alla pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento.

QUESTIONI

[1] La decisione della Cassazione affronta la questione degli effetti della desistenza dell’unico creditore istante sulla dichiarazione di fallimento ripercorrendo gli orientamenti giurisprudenziali già consolidati al fine di chiarire alcuni punti controversi che avevano dato luogo a pronunce contrastanti sul punto.

Con questa pronuncia la Corte di Cassazione ha chiarito l’incidenza della desistenza dell’unico creditore istante sulla dichiarazione di fallimento, dando rilievo fondamentale al momento in cui tale rinuncia interviene.

La Suprema Corte richiama i principi già espressi in precedenti pronunce in materia di rinuncia all’istanza di fallimento e chiarisce i rigidi presupposti che consentono di attribuire efficacia alla rinuncia dell’unico creditore nell’ipotesi in cui questa venga depositata dopo la pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento.

Secondo la Suprema Corte, è comunque necessario che la rinuncia, pur se conosciuta successivamente, sia comunque intervenuta nella fase prefallimentare, ossia prima della pronuncia di fallimento: solo in questo caso la rinuncia o la desistenza fa venire meno la legittimazione ad agire dell’unico creditore e, se anche depositata dopo la dichiarazione di fallimento (ovvero in sede di reclamo), ne determina comunque la revoca.

Nel caso di specie, invece, la desistenza era successiva alla pubblicazione della sentenza dichiarativa del fallimento e non poteva produrre effetti.

La pronuncia in commento è condivisibile poiché contempera diversi principi: da un lato sottolinea l’ammissibilità del deposito dell’atto di rinuncia per la prima volta in sede di reclamo (atteso che il giudizio di reclamo, per i procedimenti regolati dalla disciplina fallimentare riformata ex d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, è caratterizzato da effetto devolutivo pieno, per il quale non si applicano i limiti dell’appello, di cui agli artt. 342 e 345 c.p.c., ed è quindi consentito depositare nuovi documenti), dall’altro chiarisce in modo perentorio che l’atto di desistenza, in qualunque momento se ne abbia conoscenza, deve comunque essere anteriore alla sentenza di fallimento per determinarne la revoca.

Questo principio trova il suo fondamento nel fatto che la dichiarazione di fallimento, pur se pronunciata su istanza di un unico creditore, una volta intervenuta, spiega effetti erga omnes nei confronti di tutti i creditori e di tutti i soggetti pur rimasti estranei alla procedura prefallimentare.

Segnatamente la procedura prefallimentare non è riducibile ad un processo tra parti contrapposte in quanto è idonea a dar luogo (nel caso di accoglimento della domanda) ad un accertamento costitutivo valevole erga omnes (in questo senso fra le tante Cass. 6.11.2013 n. 24968)

Ne consegue l’indisponibilità del procedimento da parte del singolo creditore successiva alla pubblicazione della sentenza di fallimento e l’inefficacia ed irrilevanza di ogni manifestazione di volontà.

Dopo la dichiarazione di fallimento, infatti, il Curatore rappresenta gli interessi di tutti i creditori della massa e, in sede di reclamo, sta in giudizio a tutela di tutti i creditori.

Pertanto il potere e la legittimazione del creditore istante sono consumati e qualunque manifestazione di volontà o atto del creditore è irrilevante sulle sorti del giudizio di reclamo.