La delibera di nomina di un amministratore che non venga accettata dall’amministratore stesso è inefficace
di Eleonora Giacometti, Avvocato Scarica in PDFParole chiave: nomina amministratore – delibera di nomina – delibera assembleare – delibera consiliare – società a responsabilità limitata –
Massima: “la delibera di nomina dell’amministratore è un atto negoziale proprio dei soci, che presuppone l’insaturazione di un rapporto contrattuale con il futuro amministratore e che ha come mero oggetto la sua nomina. La presenza dell’amministratore o la sua accettazione della nomina non sono quindi elementi necessari da integrare la validità della delibera che si perfeziona semplicemente con il voto favorevole dei soci. Tuttavia, l’accettazione da parte dell’amministratore nominato è atto negoziale distinto dalla nomina e necessario per perfezionare l’efficacia della stessa”.
Disposizioni applicate: articoli 2479 ter c. 1°e 3° c. c., 2388 c.c., 2381 c.c., 1326 c.c.
Con il giudizio in esame l’attore ha richiesto che venissero dichiarate nulle e/o inesistenti e/o invalide e/o comunque inefficaci la delibera dell’assemblea dei soci con la quale egli era stato nominato consigliere e presidente del consiglio di amministrazione della Società e la successiva delibera del consiglio di amministrazione della stessa con la quale egli era stato altresì nominato amministratore delegato.
A sostegno di tali assunti erano stati prodotti documenti dai quali si evinceva la mancata partecipazione dell’amministratore così nominato alle assemblee (trovandosi egli in un luogo diverso di lavoro), nonché il suo rifiuto delle suddette nomine (come dimostrato dalle diverse e-mail con cui aveva più volte informato gli altri organi della società di non voler in nessun modo assumere cariche societarie all’interno della medesima).
In ragione di tale prova documentale, il Tribunale delle Imprese adito ha dichiarato:
1) quanto alla delibera assembleare, che la stessa non era invalida, ma inefficace.
Ciò in quanto l’art. 2479 ter c. 1° e 3° c.c. indica due sole categorie di invalidità, ossia (i) la prima riconducibile all’adozione della delibera in violazione della legge o dell’atto costitutivo, o assunta con la partecipazione determinante di soci che hanno un interesse in conflitto con la società e (ii) la seconda concernente le delibere aventi un oggetto illecito o impossibile o quelle adottate in assenza assoluta di informazione.
Non riscontrando alcuno dei suddetti vizi nella delibera impugnata, la stessa era dunque necessariamente valida, essendosi infatti perfezionata con il voto favorevole del quorum previsto dalla legge o dallo statuto.
Ciò non ostante, il Tribunale ha osservato (richiamando a tal fine la pronuncia della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 1545 del 2017) che, con riguardo all’effettiva instaurazione del rapporto di amministrazione, la delibera di nomina riveste l’assetto di una proposta contrattuale, con la conseguenza che, per perfezionarsi ed avere efficacia, la medesima deve essere necessariamente accettata dall’amministratore essendo, in caso contrario, una delibera valida ma inefficace
L’accettazione è quindi un atto negoziale distinto dalla nomina, ma necessario per perfezionare l’efficacia della stessa ed è solo mediante l’accettazione che, ai sensi dell’art. 1326 c.c., la volontà del soggetto nominato si incontra con la volontà manifestata dall’assemblea dei soci, dando così luogo alla conclusione del contratto di amministrazione; e
2) quanto alla delibera del consiglio di amministrazione, che era invece radicalmente nulla.
E’ stata infatti ritenuta applicabile, in via analogica, la disciplina relativa all’impugnabilità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione delle S.p.A. di cui all’art. 2388 c. 4° c.c. (sia a fronte della lacuna della disciplina dell’organo amministrativo delle S.r.l., sia in applicazione di un principio generale di sindacabilità della legittimità delle decisioni del consiglio di amministrazione di società di capitali, sia in virtù dell’estensione alle S.r.l. dell’applicazione dell’art. 2381 c.c. introdotta dall’art. 377 c. 5° del Codice della Crisi d’Impresa) che prevede che possono essere impugnate le deliberazioni che non sono state prese in conformità alla legge o allo statuto.
Nel caso in esame, posto che il presupposto fondamentale per la nomina di un amministratore delegato è quello di aver già assunto la qualifica di amministratore della società, l’oggetto della delibera consiliare impugnata è quindi risultato giuridicamente impossibile, cosicché la delibera è risultata assunta in violazione dell’art. 1418 c. 2° c.c., quale fattispecie di nullità inclusa anche nelle previsioni degli artt. 2379 c 1° e 2479 ter c. 3° c.c.