La decisione della Consulta sulla “necessaria presenza del giudice nell’ufficio giudiziario” nell’udienza telematica ovvero domus est ubi cor est
di Franco Stefanelli, Avvocato Scarica in PDFCorte Cost, Sent., ud. 18 novembre 2020, 11 dicembre 2020, n. 269, Pres. Coraggio – Est. Petitti.
[1] [2] Procedimento civile – COVID-19 – Udienze da remoto – Giudice – Presenza nell’ufficio giudiziario – Inammissibilità – Rimessione atti (Cost., artt. 3, 32, 77 e 97; d.l. n. 18/2020, art. 83, comma 7, lett. f), conv. in l. 27/2020, come modificato dal d.l. 28/2020, art. 3, comma 1, lett. c))
[1] Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 83, comma 7, lettera f), D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, in l. 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dall’art. 3, comma 1, lettera c), D.L. 30 aprile 2020, n. 28 (Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l’introduzione del sistema di allerta Covid-19), nel testo anteriore alle modifiche apportate, in sede di conversione, dalla l. 25 giugno 2020, n. 70, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 32, 77 e 97 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Mantova con l’ordinanza iscritta al reg. ord. n. 82 del 2020;
[2] Sono da restituirsi gli atti al Tribunale ordinario di Mantova ed al Tribunale ordinario di Pavia, con riguardo alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 83, comma 7, lettera f), D.L. n. 18 del 2020, convertito in l. n. 27 del 2020, e come modificato dall’art. 3, comma 1, lettera c), D.L. n. 28 del 2020, nel testo anteriore alle modifiche apportate, in sede di conversione, dalla l. n. 70 del 2020, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 32 e 97 Cost., con le ordinanze, iscritte, rispettivamente, al reg. ord. n. 104 e n. 116 del 2020.
CASO
[1] [2] Il Tribunale di Mantova, con ordinanze del 19 e 22 maggio 2020 (r.o. numeri 82 e 104 del 2020), e il Tribunale ordinario di Pavia, con ordinanza del 25 maggio 2020 (r.o. n. 116 del 2020), sollevavano questioni di legittimità costituzionale dell’art. 83, comma 7, lettera f), D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, in l. 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dall’art. 3, comma 1, lettera c), D.L. 30 aprile 2020, n. 28 (Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l’introduzione del sistema di allerta Covid-19), nel testo anteriore alle modifiche apportate, in sede di conversione, dalla l. 25 giugno 2020, n. 70, nella parte in cui prevede che lo svolgimento mediante collegamento da remoto dell’udienza civile, che non richieda la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti e dagli ausiliari del giudice, deve in ogni caso avvenire con la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario, per contrasto con gli artt. 3, 32 e 97 della Costituzione nonché per contrasto anche con l’art. 77 Cost., soltanto ad avviso della prima ordinanza del Tribunale di Mantova. La sostanziale coincidenza delle questioni sollevate e dei parametri evocati giustificava la riunione dei tre giudizi, nei quali era comunque intervenuta l’Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza e difesa del Presidente del Consiglio dei Ministri, richiedendo che le questioni fossero dichiarate inammissibili, per difetto di rilevanza o di motivazione sulla rilevanza, e comunque non fondate.
Il Giudice rimettente della prima ordinanza, emessa nell’ambito di un procedimento ex art.702-bis c.p.c., esponeva che l’originaria formulazione dell’art. 83, comma 7, lettera f), D.L. n. 18/2020, conv. in l. n. 27/2020, nel consentire, quale misura adottabile dai capi degli uffici giudiziari per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria, per il periodo compreso tra il 12 maggio e il 31 luglio 2020, lo svolgimento delle udienze civili mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, non prevedeva in quale luogo dovesse trovarsi il giudice per utilizzare la “stanza virtuale” dell’applicativo individuato dall’amministrazione giudiziaria. Osservava come soltanto con la modifica dell’art. 83, comma 7, lettera f), D.L. n. 18/2020, conv. in l. n. 27/2020, apportata dall’art. 3, comma 1, lettera c), D.L. n. 28/2020, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla l. n. 70/2020, fosse stata poi aggiunta, dopo le parole “lo svolgimento dell’udienza deve in ogni caso avvenire”, la specificazione “con la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario”, così obbligando il giudice a recarsi presso l’ufficio giudiziario per poter accedere alla propria “stanza virtuale”, che invece avrebbe pouto essere tecnicamente utilizzata a prescindere dal luogo fisico dal quale si trova collegato il magistrato. Quanto alla rilevanza, il Tribunale di Mantova assumeva che la stessa non potesse essere esclusa in considerazione del limitato periodo temporale di applicabilità della norma denunciata (periodo compreso tra il 12 maggio e il 31 luglio 2020, termine finale poi anticipato al 30 giugno 2020 in forza dell’art. 3 del D.L. n. 28/2020, come modificato in sede di conversione dalla l. n. 70/2020); in proposito, il giudice a quo osserva, da un lato, che un ulteriore rinvio della causa sarebbe del tutto inopportuno e, dall’altro, che non poteva affatto escludersi l’eventualità del protrarsi della situazione epidemiologica, soprattutto alla luce della elevata diffusività del contagio da COVID-19 nei territori sui quali insisteva il proprio ufficio. In relazione alla non manifesta infondatezza, il Tribunale di Mantova rilevava che l’obbligo della presenza del giudice nell’ufficio giudiziario durante lo svolgimento dell’udienza mediante collegamento da remoto, previsto dalla disposizione censurata era sancito per il solo giudice civile, e non anche per qualsiasi altro magistrato (sia esso penale, amministrativo, contabile, tributario), venendosi così a creare una evidente disparità di trattamento di situazioni analoghe. Ed ancora sottolineava che la manifesta irragionevolezza e disparità di trattamento che la norma denunciata riservava alle modalità di partecipazione all’udienza civile da parte del giudice sarebbe, per il rimettente, stata resa ancora più evidente dal fatto che, nella situazione epidemiologica in cui versavano i territori lombardi, essa costringeva il solo magistrato civile a recarsi presso l’ufficio giudiziario per utilizzare l’applicativo individuato dal Ministero della giustizia, esponendosi, nel corso del viaggio e della permanenza nei locali del tribunale, al rischio di essere contagiato o di contagiare altri soggetti. Inoltre, deduceva che la norma censurata sarebbe stata irragionevole altresì per non aver considerato l’inadeguatezza delle dotazioni informatiche degli uffici giudiziari al fine di sopportare il flusso di dati generato ove tutti i magistrati dell’ufficio avessero utilizzato contemporaneamente la banda internet per svolgere l’udienza in collegamento da remoto.
A supporto delle proprie argomentazioni, il rimettente riportava un ampio stralcio del parere sul D.L. n. 28/2020, relativamente al settore civile, reso dal Consiglio superiore della magistratura (approvato con Delib. 14 maggio 2020), in cui si affermava che non era individuabile la ratio della modifica dell’art. 83, comma 7, lettera f), operata dall’art. 3, comma 1, lettera c), del citato D.L. n. 28/2020, atteso che la presenza necessaria del giudice nell’ufficio giudiziario nulla aggiungeva alla qualità del contraddittorio. La disposizione censurata, ad avviso del rimettente, sarebbe stata altresì contraddittoria anche rispetto a quanto stabilito dal comma 12-quinquies del medesimo art. 83, secondo il quale “[d]al 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020, nei procedimenti civili e penali non sospesi, le deliberazioni collegiali in camera di consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Il luogo da cui si collegano i magistrati è considerato Camera di consiglio a tutti gli effetti di legge”; infatti, la contemporanea operatività delle due norme avrebbe imposto al giudice civile di recarsi in ufficio per accedere alla “stanza virtuale” ed utilizzare il collegamento da remoto, consentendogli poi di collegarsi nuovamente da qualsiasi altro luogo per procedere alla deliberazione della decisione; infine, sarebbe inoltre violato l’art. 77 Cost., essendosi illegittimamente utilizzato un decreto-legge per modificare la legge di conversione di un precedente decreto-legge appena pubblicata in Gazzetta Ufficiale, ovvero, in particolare, per introdurre il censurato obbligo della presenza del giudice nell’ufficio giudiziario. Sotto altro profilo, osservava ancora il rimettente, la disposizione censurata si sarebbe rivelata anche contraria al principio di buon andamento della pubblica amministrazione, poiché in contrasto con la circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri n. l del 4 marzo 2020 (Misure incentivanti per il ricorso a modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa), ove si sottolineava l’importanza del ricorso al lavoro agile, alla flessibilità di svolgimento della prestazione lavorativa, nonché a strumenti per la partecipazione da remoto a riunioni e incontri di lavoro.
Le altre due l’ordinanze di rimessione, nei limiti di quanto precisato supra, svolgeva considerazioni del tutto sovrapponibili a quelle contenute nella prima ordinanza del Tribunale mantovano.
SOLUZIONE
[1] Le questioni sollevate con la prima ordinanza del Tribunale di Mantova sono state dichiarate manifestamente inammissibili, per avere il giudice rimettente già fatto applicazione della norma impugnata. Infatti, nell’ordinanza di rimessione si riferisce che l’udienza del 19 maggio 2020 si fosse tenuta proprio con le modalità di trattazione stabilite dall’art. 83, comma 7, lettera f), D.L. n. 18/2020, conv. in l. n. 27/2020, e come modificato dall’art. 3, comma 1, lettera c), D.L. n. 28/2020, e cioè con la partecipazione dei difensori collegati da remoto dai loro studi professionali o dalle loro abitazioni e con la presenza del giudice, invece, nell’ufficio giudiziario. Per giurisprudenza costante della Corte Costituzionale (ordinanze n. 176/2011 e n. 300/2009), è manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale che abbia ad oggetto una disposizione della quale il giudice rimettente ha già fatto applicazione.
[2] In ordine alle questioni sollevate con la seconda ordinanza del Tribunale di Mantova e con quella del Tribunale di Pavia, invece, essendo i dubbi di legittimità costituzionale relativi ad udienze da svolgersi successivamente alla data di adozione dei provvedimenti di rimessione, è stata disposta la restituzione degli atti ai giudici rimettenti, essendosi reso necessario un nuovo esame della perdurante sussistenza della rilevanza delle questioni stesse, a seguito della entrata in vigore dell’art. 23, comma 7, D.L. n. 137 del 2020 (all’epoca della decisione, non ancora convertito in legge ed attualmente convertito in l. 18 dicembre 2020, n. 176; la conversione non ha novellato il comma 7 predetto), il quale prevede, in deroga al disposto dell’art. 221, comma 7, D.L. n. 34 del 2020, convertito in l. n. 77/2020, che il giudice possa partecipare all’udienza anche da un luogo diverso dall’ufficio giudiziario: siffatta modifica normativa, applicabile ai giudizi a quibus allorché saranno riassunti, infatti, appare orientata “nella stessa direzione dell’ordinanza di rimessione” (sentenza n. 125/2018), con un effetto che potrebbe essere ritenuto suscettibile di emendare i vizi denunciati dai rimettenti (ordinanza n. 185/2020).
QUESTIONI
[1] [2] In primo luogo, la Consulta ha premesso un completo ancorché sintetico quadro normativo delle misure legislative in materia di giustizia civile intervenute per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti (tra i primi commenti, in senso adesivo, la nota di TRAPUZZANO, Collegamento da remoto del giudice dall’ufficio giudiziario: l’intervento della Consulta, in Quotidiano Giuridico, 22 dicembre 2020).
In principio, l’art. 83 D.L. n. 18/2020, conv. in l. n. 27/2020, disponeva, ai primi due commi, il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini per i procedimenti civili e penali dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 (data finale poi prorogata all’11 maggio 2020 dall’art. 36, comma 1, D.L. 8 aprile 2020, n. 23, convertito, con modificazioni, in l. 5 giugno 2020, n. 40). Il comma 3 del citato art. 83 contemplava, peraltro, una serie di cause per le quali non operavano le disposizioni di cui ai commi 1 e 2, mentre il comma 6 rimetteva ai capi degli uffici giudiziari, sentiti l’autorità sanitaria regionale e il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, l’adozione delle misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, per il periodo compreso tra il 12 maggio e il 30 giugno 2020. Il termine di efficacia di tali misure è stato, in realtà, dapprima esteso fino al 31 luglio 2020 dalla l. n. 27/2020, in sede di conversione del D.L. n. 18/2020, per poi essere nuovamente fissato al 30 giugno 2020 dalla l. n. 70/2020, che ha convertito con modifiche il D.L. n. 28/2020.
Nel comma 7 dell’art. 83, tra le misure adottabili dai capi degli uffici giudiziari per assicurare le finalità individuate dal comma 6, si contemplava: “d) l’adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze; […] f) la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Lo svolgimento dell’udienza deve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti. Prima dell’udienza il giudice fa comunicare ai procuratori delle parti e al pubblico ministero, se è prevista la sua partecipazione, giorno, ora e modalità di collegamento. All’udienza il giudice dà atto a verbale delle modalità con cui si accerta dell’identità dei soggetti partecipanti e, ove trattasi di parti, della loro libera volontà. Di tutte le ulteriori operazioni è dato atto nel processo verbale; g) la previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali, con le eccezioni indicate al comma 3; h) lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice”.
Il comma 12-quinquies del medesimo art. 83 aggiungeva che, dal 9 marzo 2020 al 31 luglio 2020 (come ricordato, data successivamente anticipata al 30 giugno 2020), nei procedimenti civili e penali non sospesi, le deliberazioni collegiali in camera di consiglio potessero essere assunte mediante collegamenti da remoto, sempre individuati e regolati dal Ministero della giustizia, con la specificazione che il luogo da cui si collegavano i magistrati era considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge.
Il D.L. n. 28/2020, entrato in vigore subito dopo la pubblicazione della l. n. 27/2020, che aveva convertito il D.L. n. 18/2020, ha introdotto diverse modificazioni all’art. 83 di tale ultimo decreto; in particolare, l’art. 3, comma 1, lettera c), del citato D.L. n. 2/2020, ha disposto che al comma 7, lettera f), dell’art. 83, del D.L. n. 18 del 2020, conv. in l. n. 27/2020, dopo le parole “deve in ogni caso avvenire” si aggiungessero le seguenti: “con la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario e”; questo testo dell’art. 3, comma 1, D.L. n. 28/2020, è stato poi sostituito dall’art. 1, comma 1, l. n. 70/2020, che in sede di conversione ha previsto l’inserimento, nel citato art. 83, comma 7, lettera f), secondo periodo, D.L. n. 18/2020, conv. in l. n. 27 del 2020, dopo le parole: “l’effettiva partecipazione delle parti”, del seguente periodo: “il luogo posto nell’ufficio giudiziario da cui il magistrato si collega con gli avvocati, le parti ed il personale addetto è considerato aula d’udienza a tutti gli effetti di legge”; inoltre, l’art. 3, comma 1, lettera b-bis), D.L. n. 28/2020, come modificato in sede di conversione in l. n. 70/2020, ha anticipato nuovamente al 30 giugno 2020 il termine finale di efficacia delle misure organizzative adottate a norma dell’art. 83, comma 6, D.L. n. 18/2020, conv. in l. n. 27/2020, ma l’art. 1, comma 2, l. n. 70/2020, nel convertire il D.L. n. 28/2020, ha disposto che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e ha fatto salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base della sostituzione della data “31 luglio 2020” alla data “30 giugno 2020” operata dall’art. 3, comma 1, lettera b-bis), D.L. n. 28/2020.
Successivamente, l’art. 221 D.L. n. 34/2020, come sostituito in sede di conversione dall’art. 1 l. 77/2020, ha fissato, nei commi da 3 a 10, una serie di disposizioni applicabili fino al 31 ottobre 2020, sempre per ovviare alle esigenze sanitarie derivanti dalla diffusione del COVID-19; il detto termine del 31 ottobre 2020 sopra indicato è stato prorogato al 31 dicembre 2020 a norma dell’art. 1, comma 3, D.L. 30 luglio 2020, n. 83, convertito, con modificazioni, in l. 25 settembre 2020, n. 124, come modificato dall’art. 1, comma 3, D.L. 7 ottobre 2020, n. 125, non ancora convertito in legge all’epoca della pronuncia della Corte Costituzionale qui annotata, ma ora convertito, con modificazioni in l. 27 novembre 2020, n 159.
In particolare, con il suddetto art. 221 D.L. n. 34/2020, si è stabilito:
– che il giudice può sostituire le udienze civili, che non richiedano la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti, con il deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni (comma 4);
– che le parti e i difensori possono partecipare alle udienze, su loro istanza, mediante collegamenti audiovisivi a distanza (comma 6);
– che il giudice, con il consenso preventivo delle parti, può disporre che l’udienza civile che non richieda la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti e dagli ausiliari del giudice, si svolga mediante collegamenti audiovisivi a distanza, ferma la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario (comma 7).
Da ultimo, è intervenuto l’art. 23 D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), non convertito in legge all’epoca della pronuncia della Consulta, ma attualmente convertito in l. 18 dicembre 2020, n. 176, il quale, fino alla scadenza del termine di cui all’art. 1 D.L. 25 marzo 2020, n. 19 (Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, in l. 22 maggio 2020, n. 35 (31 gennaio 2021), ha introdotto alcune nuove disposizioni per l’esercizio dell’attività giurisdizionale nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Tra tali disposizioni, al comma 7 (non intaccato dalla legge di conversione non ancora promulgata all’epoca della decisione in questa sede commentata) viene stabilito che “in deroga al disposto dell’articolo 221, comma 7, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, il giudice può partecipare all’udienza anche da un luogo diverso dall’ufficio giudiziario”; al comma 9, si prevede inoltre che “[n]ei procedimenti civili e penali le deliberazioni collegiali in camera di consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Il luogo da cui si collegano i magistrati è considerato Camera di consiglio a tutti gli effetti di legge”.
La modifica normativa che ha espressamente “consentito” al Giudice di “partecipare all’udienza anche da un luogo diverso dall’ufficio giudiziario” pare avere definitivamente posto fine alla questione, la quale indubbiamente – al di là dei profili di illegittimità costituzionale – appariva priva di qualsiasi valido fondamento, tenuto conto della situazione di emergenza sanitaria, nell’ambito della quale la norma è nata ed è destinata ad operare.