20 Giugno 2023

La congruità del compenso dell’amministratore deve essere verificata anche alla luce della sua lesività nei confronti degli interessi dei condomini

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Corte di Cassazione, Sezione II, Civile, Ordinanza del 16 marzo 2023 n. 7615, Pres. Dott. Manna Felice, Est. Dott. Bertuzzi Mario.

Massima: “In tema di condominio negli edifici, l’impugnativa della delibera assembleare per vizio di eccesso di potere, vizio che si caratterizza per il perseguimento da parte della maggioranza di interessi non aderenti a quelli del condominio e vantaggiosi solo per alcuni dei partecipanti o di terzi, impone al giudice di verificare se la volontà assembleare si sia formata per finalità estranee al condominio, deviando dall’interesse della compagine condominiale, arrecando pregiudizio ai suoi partecipanti. In particolare, nel caso in cui alcuni condomini contestino come eccessiva, sproporzionata ed irragionevole la determinazione del compenso dell’amministratore da parte dell’assemblea, il giudice non può limitarsi a ricondurre la determinazione adottata nell’ambito della discrezionalità di merito spettate all’organo deliberativo, ma deve valutare, sulla base degli elementi di prova o indicazioni offerti dalle parti, in ordine, ad esempio, ai parametri di mercato in vigore per condominii di analoghe dimensioni, se, nel determinare la misura del compenso, la delibera abbia effettivamente perseguito l’interesse dei partecipanti del condominio ovvero sia stata ispirata dall’intento di recare vantaggi all’amministratore in carica”. 

CASO

La Corte d’Appello di Torino, con sentenza n.1647/2017, confermava la decisione del giudice di prime cure che aveva disposto il rigetto della domanda proposta da Tizio, Caio e Sempronio condomini del Condominio amministrato da Terzio, ossia dalla società.. s.r.l. (OMISSIS), al fine di veder accertata la nullità e/o l’annullabilità della delibera assembleare del marzo 2013, riguardante la quantificazione del compenso dell’amministratore.

La Corte piemontese contestualmente dichiarava infondata l’eccezione preliminare di nullità della procura alle liti del Condominio sollevata dai condomini appellanti infatti, venne reputato irrilevante che a Terzio fosse stato revocato l’incarico di amministratore prima della costituzione in giudizio in quanto “la procura alle liti era stata rilasciata prima della revoca e trovando applicazione il principio che il negozio compiuto dal rappresentante di un ente rimane valido ed operante fino a quando non intervenga una diversa volontà del rappresentato a prescindere dal mutamento della persona fisica del suo rappresentante”.

Con riferimento al merito della richiesta di riforma della sentenza di primo grado, i giudici del gravame affermavano l’inammissibilità dell’impugnativa proposta, in quanto poneva al centro dell’istanza valutazioni di merito di natura discrezionale di competenza dell’assemblea condominiale. In virtù di tale qualificazione, oltre ad essere tali questioni sottratte al sindacato giurisdizionale, “la delibera non si presentava arbitraria, sotto il profilo del denunziato eccesso di potere, non prevedendo addebiti a carico dei condomini per la gestione dei beni comuni, ma solo una integrazione del compenso dell’amministratore in caso in cui la sua attivita’ fosse prestata su richiesta di uno dei condomini o a causa del suo comportamento”.

In virtù di tali motivazioni, i condomini s.r.l. (OMISSIS), Caio, Sempronio e Tizio proponevano ricorso per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi.

SOLUZIONE

La Suprema Corte di Cassazione accolse il secondo motivo di ricorso e rigettò il primo, disponendo la cassazione della sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di Appello di Torino per la liquidazione delle spese di giudizio.

QUESTIONI

Con il primo motivo di ricorso, i condomini denunciarono la violazione e falsa applicazione degli artt. 1129 e 1421 c.c. e degli artt. 75,83,182 e 299 c.p.c., censurando la decisione impugnata per aver rigettato l’eccezione di nullità della procura alle liti rilasciata dall’amministratore di Condominio, Terzio, nonostante lo stesso fosse stato revocato giudizialmente dall’incarico prima della costituzione in giudizio del condominio e per non avere rilevato che la nullità ed improduttività degli effetti anche della successiva delibera assembleare del luglio 2013, che, dopo la revoca, lo aveva nuovamente nominato, “in palese violazione della disposizione di cui all’articolo 1129, comma 13, c.c., novellato dalla legge di riforma n. 220 del 2012, la quale fa divieto all’assemblea di nominare nuovamente l’amministratore revocato dall’Autorita’ giudiziaria”.

Concordemente a quanto riportato, il ricorso sostenne che la Corte distrettuale avrebbe dovuto dichiarare comunque interrotto il processo, ex art. 299 c.p.c., ovvero disporre la sanatoria del difetto di rappresentanza processuale, ex art.182 c.p.c..

Gli Ermellini ritennero tuttavia conforme il punto della decisione impugnata rispetto all’orientamento della giurisprudenza di legittimità, la quale, in più occasioni, ha affermato che la procura alle liti rilasciata dal legale rappresentante dell’ente o di una società rimane valida e produttiva di effetti anche dopo la sostituzione o cessazione della carica del soggetto che l’ha rilasciata, in quanto atto proprio dell’ente e non dell’organo stesso[1].  Tanto precisato, la procura alle liti proveniente dal soggetto che rivestiva la rappresentanza dell’ente e, pertanto, era abilitato a conferirla, “resta imputabile all’ente medesimo anche in futuro e finchè non venga revocata, prescindendo dalle dinamiche che nel frattempo possano aver coinvolto l’organo che l’ha rilasciata.

Sempre richiamando l’orientamento maggioritario della Suprema Corte stessa[2], venne inoltre precisato che “la regola della irrilevanza del mutamento dell’organo investito della rappresentanza processuale della persona giuridica […] trova applicazione anche quando il mutamento avvenga dopo che la procura sia stata rilasciata, ma prima che il processo (o il grado del processo) sia attivato con il deposito in cancelleria o con la notificazione dell’atto”.

Con il secondo motivo di ricorso, viceversa, s.r.l. (OMISSIS), Tizio, Caio e Sempronio denunciarono la violazione e falsa applicazione degli articoli 1129, 1709, 1720, 1123, e 1135 c.c. e 112 c.p.c., censurando la decisione impugnata per avere ritenuto non sindacabile la delibera impugnata in quanto frutto della discrezionalità di merito dell’assemblea, omettendo di considerare e valutare il vizio di eccesso di potere denunciato dagli attori-appellanti, per essere stato il compenso dell’amministratore previsto in misura del tutto abnorme, irragionevole e sproporzionata.

Venne inoltre statuito che il riconoscimento di uno specifico compenso per l’amministratore a carico dei condomini in ragione di attività dagli stessi provocate comporterebbe l’introduzione di un sistema di ripartizione delle spese derogatorio rispetto a quello legale, fondato sulle quote di millesimi di proprietà, incidendo sui diritti individuali dei comunisti.

Il motivo venne accolto dalla Suprema Corte, la quale spiegò che, citando la decisione della stessa Cassazione n. 15492/2007, l’impugnativa della delibera assembleare per vizio di eccesso di potere, che si caratterizza per il perseguimento da parte della maggioranza di interessi che non sono aderenti a quelli del condominio e sono vantaggiosi solo per alcuni dei partecipanti o di terzi, impone al giudice di verificare se la volontà assembleare si sia formata per finalità estranee al condominio, deviando dall’interesse della compagine condominiale, arrecando pregiudizio ai suoi partecipanti.

Ulteriormente specificando, nel caso in cui alcuni condomini decidano di contestare come eccessiva, sproporzionata ed irragionevole la determinazione del compenso dell’amministratore da parte dell’assemblea, il giudice non potrà limitarsi a ricondurre la determinazione adottata nell’ambito della discrezionalità di merito spettante all’organo deliberativo. Di fatti, all’organo investito della decisione sarà richiesto di valutare in ordine, ad esempio, a quelli che sono i parametri di mercato in vigore per condominii di analoghe dimensioni, se, nel determinare la misura del compenso, la delibera abbia effettivamente perseguito l’interesse dei partecipanti del condominio ovvero sia stata ispirata dall’intento di recare vantaggi solo all’amministratore in carica.

Nel caso di specie, si aggiunse che i condomini avevano contestato sia la quantificazione del compenso che i meccanismi di determinazione dello stesso in relazione a singole prestazioni dell’amministratore, denunciando l’illegittimità e sproporzionalità a loro danno.

In virtù di ciò, la legittimità della delibera avrebbe dovuto essere esaminata sotto entrambi i profili, i quali, tuttavia, sono stati esclusi dalla valutazione della Corte di Torino, che si è limitata ad un giudizio sommario e generico in ordine alla non arbitrarietà e dannosità del danno.

Il motivo venne pertanto accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, che si adeguerà nel decidere ai principi sopra indicati e provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

[1] Così Cass. n. 17216 del 2017; Cass. n. 1373 del 2016; Cass. n. 11536 del 2014; Cass. n. 5319 del 2007; Cass. n. 13434 del 2002.

[2] Vedi Cass. n. 26935 del 2008; Cass. n. 14237 del 1999.

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