Per la competenza a dichiarare il fallimento prevale il luogo connettivo e decisionale rispetto a quello di effettiva gestione dell’attività
di Silvia Zenati, Avvocato e Dottore Commercialista Scarica in PDFCass. civ. Sez. VI – 1, Ord., (ud. 17-06-2020) 21-08-2020, n. 17518
Parole chiave Competenza per la dichiarazione di fallimento – Tribunale fallimentare
Massima Il Tribunale competente a dichiarare il fallimento è quello dove è ubicata sia la sede legale della società, sia il luogo nel quale sono adottate delibere decisive per le sorti della società
Disposizioni applicate art.9 l.f.– art.9bis l.f. – art.3 Reg.UE 848/2015 – art.45 c.p.c.
Nella fattispecie decisa dalla Suprema Corte, il P.M. presso il Trib. di Milano, accertato lo stato d’insolvenza di una società indagata, chiedeva al predetto Tribunale di dichiararne il fallimento.
Il Trib. Milano, però, declinava la propria competenza in favore del Trib. Novara nel cui circondario riteneva fossero ubicati sia la sede legale della società, sia il luogo di adozione delle delibere afferenti al bilancio.
Il Trib. Novara, tuttavia, ritenendo che la competenza facesse capo non a sé, bensì proprio al Trib. Milano, nel cui circondario erano ubicati i luoghi di effettiva gestione dell’attività d’impresa, proponeva regolamento di competenza ai sensi dell’art. 45 c.p.c.
La Corte di Cassazione, nel pronunciare la sentenza in epigrafe, ha, innanzitutto, ribadito che, il termine di 20 giorni entro il quale, ai sensi dell’art. 9 bis, comma 2, l.f., il tribunale dichiarato competente deve richiedere d’ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’art. 45 c.p.c., non si applica se il conflitto di competenza riguarda una procedura fallimentare non ancora iniziata. Pertanto, laddove il tribunale declini la propria competenza a decidere l’istanza di fallimento e trasmetta gli atti al tribunale ritenuto, invece, munito di tale competenza, se anche quest’ultimo si reputa, a sua volta, incompetente potrà richiedere d’ufficio il regolamento di competenza anche oltre il termine di 20 giorni previsto dal predetto art. 9 bis, comma 2, l.f. e fino alla celebrazione dell’udienza prevista dall’art. 15 l.f., conformemente a quanto disposto dall’art. 38, comma 3, c.p.c.
Ciò premesso, i Giudici Supremi affermano che, a norma dell’art. 9 l.f., il tribunale del luogo di effettiva direzione, amministrazione, organizzazione e coordinamento dei fattori produttivi è il solo territorialmente competente a dichiarare il fallimento dell’imprenditore insolvente.
Tale luogo, precisa la Corte di Cassazione, salvo che non emergano prove univoche di segno contrario, coincide con il “centro degli interessi principali” c.d. COMI (nozione di derivazione eurounitaria introdotta per la prima volta dal Regolamento CE n. 1346/2000 e poi confermata nel successivo Regolamento UE 2015/848), ovvero con il luogo in cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi e che per le società e le persone giuridiche si presume essere, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede legale.
Sulla scorta di ciò i Giudici Supremi affermano la competenza territoriale del Trib. Novara nel cui circondario, come detto, si trovavano sia la sede legale, sia il luogo nel quale erano state assunte le delibere afferenti al bilancio degli esercizi 2015, 2016 e 2017.
La Corte di Cassazione, dunque, afferma un importante e per certi versi innovativo principio di diritto, e cioè che ai fini dell’art. 9 l.f. deve valorizzarsi il luogo nel quale sono adottate delibere decisive per le sorti della società, ivi comprese quelle inerenti alle dimissioni dell’amministratore e così per deliberare sulle modalità idonee ad assicurare continuità rappresentativa all’organo gestorio, assumendo portata decisiva (e senza contraddizione con l’eventuale diversa localizzazione dell’attività aziendale) la nozione di “luogo connettivo decisionale, apprezzato nelle componenti di amministrazione e organizzazione dell’impresa e, al contempo, di direzione del soggetto imprenditoriale societario”.