5 Dicembre 2023

La clausola che subordina il trasferimento della proprietà al pagamento del prezzo non configura una condizione sospensiva di avv. Paolo Cagliari

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. II, 11 maggio 2023, n. 12851 – Pres. Di Virgilio – Rel. Picaro

Parole chiave: Esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto – Sentenza ex art. 2932 c.c. – Trasferimento della proprietà subordinato al versamento del prezzo – Condizione sospensiva – Esclusione – Risoluzione del rapporto per inadempimento – Condizioni

[1] Massima: “Quando l’effetto traslativo derivante dalla sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 c.c. sia subordinato al pagamento del prezzo o del saldo del prezzo, l’evento futuro e incerto non è estraneo alle parti e non perde la sua natura di prestazione essenziale della compravendita, sicché la controparte, per svincolarsi dal rapporto negoziale costituito dalla sentenza, deve fare valere l’inadempimento o la tardività dell’adempimento come motivo di risoluzione ai sensi degli artt. 1453 e seguenti c.c. e non come causa d’inefficacia ex art. 1353 c.c.”.

Disposizioni applicate: cod. civ., artt. 1353, 1359, 1453, 2932

CASO

Il promissario acquirente di un immobile, esperita vittoriosamente l’azione ex art. 2932 c.c., otteneva il trasferimento della proprietà del bene; la sentenza, peraltro, subordinava l’effetto traslativo al pagamento del saldo del prezzo, da effettuarsi mediante accollo del mutuo fondiario entro 180 giorni dal passaggio in giudicato della pronuncia.

A causa dello smarrimento del fascicolo di causa, tuttavia, non poteva essere acquisita tempestivamente la copia della sentenza che la banca richiedeva per perfezionare l’operazione di accollo, la quale, pertanto, si concludeva dopo lo spirare del termine fissato.

La curatela della società (nel frattempo dichiarata fallita) che aveva promesso in vendita l’immobile agiva quindi in giudizio perché fosse dichiarata l’inefficacia della sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 c.c., per mancato avveramento della condizione cui era stato subordinato il trasferimento della proprietà; il Tribunale di Roma respingeva la domanda, con pronuncia confermata all’esito del giudizio di appello, dal momento che, da un lato, la clausola che aveva stabilito il termine per l’accollo del mutuo fondiario veniva qualificata non come condizione sospensiva, ma come termine di adempimento (non essenziale, in quanto la sua osservanza presupponeva la collaborazione dell’istituto di credito) e, dall’altro lato, era da escludersi che a carico dell’acquirente fosse imputabile un grave inadempimento.

La sentenza emessa dalla Corte d’appello di Roma veniva impugnata con ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando che quando la sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 c.c. subordini il trasferimento della proprietà al pagamento del prezzo (o all’esecuzione di una prestazione equivalente) entro un termine prestabilito, la sua inutile scadenza non determina automaticamente la mancata produzione dell’effetto traslativo per effetto dell’art. 1353 c.c., dal momento che non si è in presenza di una condizione sospensiva, ma di un termine (non essenziale, quando l’adempimento richieda la collaborazione di un soggetto terzo rispetto alle parti), la cui inosservanza può essere dedotta come causa di risoluzione del rapporto instaurato dalla sentenza ai sensi dell’art. 1453 c.c.

QUESTIONI

[1] Quando l’effetto traslativo promanante da una sentenza emessa a seguito del vittorioso esperimento dell’azione di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare sia subordinato al pagamento del prezzo entro un termine prestabilito e in caso di mancata osservanza di quest’ultimo, non si può applicare il meccanismo dell’inefficacia automatica previsto per la condizione sospensiva, ma la parte interessata dovrà fare valere l’inadempimento come causa di risoluzione nelle forme stabilite dall’art. 1453 c.c.

È questo il principio affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza che si annota, che sposa il più recente orientamento formatosi in seno alla giurisprudenza di legittimità in ordine alla corretta qualificazione giuridica della clausola in questione.

La ricorrente aveva sostenuto la violazione dell’art. 1353 c.c. (dettato per il contratto condizionale, ma ritenuto applicabile anche al rapporto negoziale scaturente dalla sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 c.c.), dal momento che la Corte d’appello di Roma, pur avendo accertato che la prestazione cui era stato subordinato l’effetto traslativo (l’accollo del debito contratto dalla promittente venditrice per l’edificazione dell’immobile promesso in vendita) non era stata adempiuta nel termine all’uopo fissato, anziché dichiarare l’inefficacia del rapporto contrattuale avente titolo nella sentenza, aveva ritenuto che il mancato tempestivo perfezionamento dell’accollo non fosse imputabile all’acquirente, al quale non poteva essere contestato un inadempimento grave, tale da giustificare la pronuncia di risoluzione.

L’impostazione patrocinata dalla ricorrente ravvisava nella clausola che subordina all’adempimento di una prestazione l’efficacia del contratto o della sentenza che ne tiene il luogo ex art. 2932 c.c. una condizione sospensiva: se, alla scadenza del termine fissato, l’evento dedotto in condizione (l’adempimento) si è verificato, gli effetti del contratto o della sentenza si producono automaticamente, mentre se, al  contrario, non si è verificato, la produzione dei medesimi effetti risulta – in modo parimenti automatico – definitivamente preclusa.

La giurisprudenza, d’altronde, ammette la cosiddetta condizione (sospensiva o risolutiva) di adempimento, che subordina l’efficacia del negozio all’adempimento della prestazione cui è tenuta una delle parti: infatti, pur essendo la condizione – quale elemento accidentale del contratto – distinta dalla prestazione, non vi è assoluta inconciliabilità tra di esse, allorquando un determinato evento, pur costituendo il risultato del previsto comportamento contrattuale, sia, oltre che futuro, obiettivamente incerto.

Non può dunque escludersi che l’adempimento di una delle parti venga dedotto come condizione e che l’esecuzione di una prestazione costituisca non solo l’oggetto di un obbligo convenzionalmente assunto, ma anche l’evento condizionante l’efficacia di una pattuizione, purché risulti una specifica volontà dei paciscenti in tale senso, tesa a rafforzare la realizzazione dell’interesse perseguito: si pensi, per esempio, all’ipotesi in cui, in vista della conclusione del contratto definitivo di compravendita, sia previsto, a carico del promittente venditore, l’obbligo di regolarizzare l’immobile promesso in vendita dal punto di vista urbanistico, edilizio o catastale, oppure di cancellare i gravami trascritti o iscritti su di esso e che all’adempimento di tale obbligo sia sospensivamente condizionata l’efficacia del preliminare.

Quando, tuttavia, l’evento condizionante il trasferimento della proprietà sia rappresentato dal pagamento del prezzo (o da altra prestazione sostanzialmente equivalente, in quanto diretta a preservare il rapporto di sinallagmaticità proprio della compravendita), esso mantiene la propria natura di prestazione essenziale del rapporto contrattuale, sicché la parte che intende svincolarsene deve fare valere l’inadempimento o l’adempimento tardivo come motivo di risoluzione ai sensi dell’art. 1453 c.c. e non come causa d’inefficacia automatica ex art. 1353 c.c.

Infatti, sebbene l’effetto traslativo possa essere lato sensu condizionato all’esecuzione della prestazione tipicamente gravante sull’acquirente, si tratta pur sempre di una condizione impropria, dal momento che si è al cospetto non di un evento futuro e incerto estraneo alle parti del contratto, ma dell’adempimento di una prestazione essenziale della compravendita.

Così, il condizionamento dell’effetto traslativo all’esecuzione di una prestazione che originariamente doveva avvenire al momento della conclusione del contratto definitivo sostituito dalla sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 c.c. sta a indicare che il trasferimento della proprietà si produrrà solo quando la prestazione condizionante sarà stata eseguita, onde garantire l’equilibrio sinallagmatico, facendo in modo che si verifichi non già in concomitanza con il passaggio in giudicato della sentenza, ma solo quando la prestazione essenziale dell’acquirente (ossia il pagamento del prezzo o, come nel caso di specie, l’accollo del mutuo) sia stata compiutamente eseguita.

L’eventuale mancato o tardivo adempimento, dunque, non comporta, alla scadenza del termine fissato nella sentenza sostitutiva del contratto definitivo non concluso, l’automatica inefficacia della stessa, ma dev’essere fatto valere come inadempimento rilevante al fine di ottenere la risoluzione del rapporto avente titolo in detta sentenza.

Questa ricostruzione, che ha il pregio di dare rilievo alle cause che oggettivamente impediscono l’esecuzione della prestazione contrattuale e di consentire l’apprezzamento della gravità dell’inadempimento alla luce del programma negoziale pattuito nel preliminare, non è priva di conseguenze anche dal punto di vista degli effetti degli atti dispositivi eventualmente compiuti.

Infatti, ravvisando una condizione sospensiva, la mancata attuazione della prestazione determinerebbe l’inefficacia originaria del trasferimento disposto con la sentenza ex art. 2932 c.c. e, a cascata, di quelli successivamente disposti in forza del trasferimento coattivo, per effetto della cosiddetta retroattività reale (artt. 1357 e 1360 c.c.); al contrario, lo scioglimento per inadempimento del trasferimento prodottosi ai sensi dell’art. 2932 c.c. provoca la caducazione sopravvenuta dell’acquisto (sia pure con efficacia retroattiva, ai sensi dell’art. 1458, comma 1, c.c.), sicché gli ulteriori trasferimenti intervenuti nel frattempo in favore di terzi restano impregiudicati, fatti salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione in forza del combinato disposto dell’art. 1458, comma 2 e dell’art. 2652, comma 1, n. 1), c.c.

Del resto, secondo i giudici di legittimità, non è sostenibile ritenere operante l’automatismo della perdita di efficacia proprio della condizione sospensiva in un caso, come quello di specie, in cui la subordinazione dell’effetto traslativo al pagamento del corrispettivo entro uno specifico termine non era stata già prevista originariamente nel contratto preliminare, alla stessa stregua di quando manchi la fissazione di tale termine (essendo pacifica, in simile evenienza, la necessità di avvalersi dell’azione di risoluzione per inadempimento del rapporto negoziale costituito dalla sentenza ex art. 2932 c.c.), visto che la prestazione che viene in considerazione nei due casi è sempre la stessa ed è dovuta da una delle parti contrattuali a favore dell’altra, assumendo quindi rilievo sul piano dell’attuazione del programma negoziale e non su quello dell’efficacia del contratto definitivo o della sentenza sostitutiva dello stesso.

Ciò a maggior ragione se si considera che la sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 c.c. deve attuare pedissequamente il contenuto del programma negoziale espresso dalle parti nel contratto preliminare, non potendosene discostare.

La subordinazione dell’effetto traslativo al pagamento del prezzo (per intero o per la parte ancora dovuta), dunque, non introduce una condizione sospensiva di adempimento (pure astrattamente ammissibile), né una condizione risolutiva del trasferimento della proprietà, ma regola l’esigibilità dell’obbligo principale dell’acquirente, nel senso che quando il termine per l’esecuzione della prestazione dovuta da una delle parti – cui la sentenza ex art. 2932 c.c. ricolleghi la produzione dell’effetto traslativo – non trovi riscontro in una specifica previsione di essenzialità nel contratto preliminare, esso va considerato come un mero termine di adempimento ex artt. 1183 e 1184 c.c. fissato a favore del debitore, che, prima della sua scadenza, non può pertanto essere considerato inadempiente.

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