Per la Cassazione i vizi della notificazione telematica sono (quasi) sempre sanabili
di Andrea Ricuperati Scarica in PDFCass. civ., Sez. VI – 1, ord., 14.3.2017, n. 6518 – Pres. Di Virgilio – Rel. Genovese
[1] Notificazioni in materia civile – a mezzo posta elettronica certificata – mancanza della firma digitale sulla relazione di notifica – inesistenza della notificazione – esclusione (C.p.c. artt. 156, 160 – L. 21.1.1994, n. 53, artt. 3-bis e 11)
[2] Notificazioni in materia civile – a mezzo posta elettronica certificata – conoscenza dell’atto da parte del destinatario – raggiungimento dello scopo – sanatoria (C.p.c. artt. 156, 160 – L. 21.1.1994, n. 53, artt. 3-bis e 11)
LE MASSIME
[1] L’assenza della firma digitale sulla relazione di notifica dell’atto processuale di parte notificato con modalità telematica non rende l’atto giuridicamente inesistente, giacché l’appartenenza dell’indirizzo PEC all’avvocato menzionato in relata e munito di procura è idonea a ricondurre con certezza a quest’ultimo la paternità della notifica .
[2] La nullità della notificazione telematica di un atto processuale non può mai essere dichiarata se la notificazione ha raggiunto lo scopo di portare l’atto a conoscenza del destinatario, senza ledere il diritto di difesa di quest’ultimo.
CASO
[1-2] Tizio proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale Ordinario di Padova che aveva respinto l’appello spiegato contro la decisione del Giudice di Pace di quella stessa città di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo.
La notifica del gravame avveniva a cura dell’avvocato con invio, mediante posta elettronica certificata, dell’atto e della procura speciale nonché della relazione di notifica, ai sensi dell’art. 3-bis della L. 21.1.1994, n. 53.
La resistente società Alfa eccepiva l’inammissibilità del ricorso, avendo ravvisato come la relazione di notifica fosse – a differenza dell’atto e della procura – priva della firma digitale del difensore.
SOLUZIONE
[1-2] La Corte di Cassazione ha respinto l’eccezione (ed accolto l’impugnativa con rinvio al Tribunale padovano in diversa composizione), argomentando che:
- l’atto era stato “inequivocabilmente” trasmesso dalla casella di posta elettronica certificata dell’avvocato notificante a quella del difensore destinatario;
- nessuna lesione al diritto di difesa del ricevente aveva arrecato la mancanza della firma digitale sulla relata di notifica;
- il difetto di sottoscrizione era comunque surrogabile sulla base di altri elementi – quale l’appartenenza dell’indirizzo PEC di invio al difensore menzionato in relata e munito di regolare procura speciale – capaci di individuare senza margini di incertezza l’esecutore dell’atto;
- la notificazione telematica ha comunque raggiunto lo scopo di portare il destinatario a conoscenza dell’atto.
QUESTIONI
[1-2] L’ordinanza in commento si colloca nell’ormai consolidato – almeno nella giurisprudenza di legittimità – solco “antiformalista” tracciato dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 7665 del 18 aprile 2016 (in questa Rivista, edizione del 4 luglio 2016) e ribadito ancora di recente dalla sentenza dello stesso Supremo Collegio (Cass. civ., Sez. III, 19.12.2016, n. 26102, ibidem, ed. 24.1.2017) in tema di notificazioni telematiche, secondo il quale la stragrande maggioranza delle deviazioni del procedimento notificatorio dallo schema formale previsto dalla legge, rientrando nell’alveo della semplice nullità (e non inesistenza), viene sanata dal raggiungimento dello scopo ex art. 156, ultimo comma, c.p.c. e dalla concreta assenza di lesioni del diritto di difesa spettante al destinatario della notifica viziata, il quale del resto nella vicenda in esame aveva resistito al ricorso notificando il controricorso e difendendosi nel merito.
Si tratta di una posizione senz’altro apprezzabile in un quadro normativo caratterizzato da un coacervo di minuziose e molteplici regole, la cui osservanza si rivela spesso ardua; del resto, che la violazione di detti precetti dia luogo a mera nullità (come tale sanabile in base ai princìpi generali), emerge pure dal tenore letterale dell’art. 11 della L. 21.1.1994, n. 53 (pur non citato dal provvedimento in parola), che sanziona come espressamente “nulle” – e non inesistenti – le notificazioni carenti dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti, al pari di quelle non rispettose delle disposizioni dettate al riguardo o foriere di incertezze circa la persona destinataria o la data della notifica.