La Cassazione sull’usura ‘per dazione’
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFCon l’interessante decisione n. 39334 del 12 luglio 2016 (pubblicata il 22 settembre 2016), la Cassazione ha stabilito due importanti principi di diritto in materia di usura ‘per dazione’.
L’art. 644 c.p., come noto, punisce sia la dazione sia la pattuizione di interessi usurari. Il delitto di usura si configura, dunque, come un reato a schema duplice, costituito da due fattispecie – destinate strutturalmente l’una ad assorbire l’altra, con l’esecuzione della pattuizione usuraria – aventi in comune l’induzione del soggetto passivo alla pattuizione di interessi o altri vantaggi usurari in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra cosa mobile, delle quali l’una è caratterizzata dal conseguimento del profitto illecito e l’altra dalla sola accettazione del sinallagma ad esso preordinato.
Nella prima fattispecie il verificarsi dell’evento lesivo del patrimonio altrui si atteggia non già ad effetto del reato, più o meno esteso nel tempo in relazione all’eventuale rateizzazione del debito, bensì ad elemento costitutivo dell’illecito il quale, nel caso di integrale adempimento dell’obbligazione usuraria, si consuma con il pagamento del debito, mentre nella seconda, che si verifica quando la promessa del corrispettivo, in tutto o in parte, non viene mantenuta, il reato si perfeziona con la sola accettazione dell’obbligazione rimasta inadempiuta (così Cass. n. 11837/2003).
Se ad acquistare rilievo è l’elemento fattuale della dazione, la verifica dell’usurarietà del saggio di interessi richiede un’indagine complessa: occorre, anzitutto, accertare il valore totale delle somme riscosse dal mutuante; poi, sottraendo da tale importo la sorte capitale (ossia il denaro dato in prestito), si ricava il profitto; quest’ultimo deve essere, infine, rapportato all’intera durata del prestito, in modo da accertare in via deduttiva l’incidenza percentuale del profitto stesso nel corso del tempo, cioè il saggio di interessi in concreto riscosso. L’usura mediante dazione configura un’ipotesi di reato ‘a condotta frazionata’, con la conseguenza che l’eventuale sforamento del tasso soglia dovrà essere verificato, trimestre per trimestre, per tutta la durata della rateizzazione.
Avuto riguardo alla complessa indagine predetta, la Cassazione ha stabilito che “ai fini della sussistenza del reato di usura ‘per dazione’, il superamento del tasso-soglia deve essere accertato trimestre per trimestre sulla base della rilevazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, avuto riguardo al tempo di effettiva erogazione del prestito e a quello di corresponsione degli interessi“.
La Suprema Corte ha evidenziato, altresì, che gli interessi, anche quando corrisposti in misura usuraria, costituiscono il corrispettivo, in tal caso illecito, del prestito del denaro, ossia di un’operazione riconducibile allo schema civilistico del mutuo. Consegue che, nella determinazione
degli interessi effettivamente corrisposti non si può prescindere dalla corretta imputazione dei pagamenti effettuati medio tempore agli interessi già scaduti o al capitale. Solo il denaro corrisposto a titolo di interessi rileva ai fini dell’accertamento della sussistenza del reato di cui all’art. 644 cod. pen., laddove la mera restituzione del capitale è invece fatto penalmente irrilevante.
Va quindi affermato il seguente (secondo) principio di diritto: “ai fini dell’accertamento del reato di usura, il saggio di interessi concretamente praticato nell’ambito di un prestito o di un finanziamento nel corso del quale il mutuatario ha effettuato pagamenti parziali, deve essere verificato tenendo conto della regola posta dall’art. 1194 cod. civ., secondo cui tali acconti vanno imputati anzitutto agli interessi già scaduti“.