La Cassazione sugli oneri probatori del correntista-attore
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFUna recente ordinanza della Suprema Corte (Cass. 4 dicembre 2017 n. 28945), offre lo spunto per ripercorrere alcuni punti fermi della giurisprudenza di legittimità in tema di oneri probatori del correntista-attore:
– in caso di domanda di ripetizione di indebito oggettivo l’onere della prova grava sul creditore istante, il quale è tenuto a provare i fatti costitutivi della sua pretesa, e quindi sia l’avvenuto pagamento, sia la mancanza di una causa che lo giustifichi (Cass. 13 novembre 2003, n. 17146; sull’onere di provare l’inesistenza di una causa giustificativa del pagamento, cfr. pure, ad es.: Cass. 14 maggio 2012, n. 7501; Cass. 10 novembre 2010, n. 22872; Cass. 9 febbraio, n. 2903; Cass. 17 marzo 2006, n. 5896);
– spetta dunque al ricorrente documentare, attraverso gli estratti conto, gli addebiti illegittimamente attuati in suo danno e le somme percepite dalla banca in dipendenza di essi; nei periodi in cui manca idonea documentazione delle intercorse movimentazioni del conto, il ricorrente non può aspirare a un azzeramento del saldo: una tale operazione si tradurrebbe, infatti, nel riconoscimento, in assenza di idonei riscontri, di pregressi illegittimi addebiti, da parte del cliente ricorrente, per un importo corrispondente al saldo passivo documentato dalla banca alla suddetta data;
– né vale opporre l’onere, in capo alla banca, di produrre gli estratti conto a far data dal momento di apertura del conto. Infatti, se è vero che tale onere sussiste, la banca non potendovisi sottrarre invocando l’insussistenza dell’obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni (Cass. 25 maggio 2017, n. 13258; Cass. 20 aprile 2016, n. 7972; Cass. 18 settembre 2014, n. 19696; Cass. 26 gennaio 2011, n. 1842; Cass. 25 novembre 2010, n. 23974; Cass. 10 maggio 2007, n.10692), deve rilevarsi che esso opera con riferimento al diritto di pagamento azionato dalla banca: se ad agire in giudizio è il correntista, l’onere di provare l’andamento del conto dal suo inizio incombe su detto soggetto.
In conclusione, la Corte ha ribadito il principio per cui il correntista che agisce in giudizio per la restituzione di quanto indebitamente riscosso dalla banca ha l’onere di dimostrare, nella sua precisa entità, l’appostazione in conto di somme non dovute, successivamente oggetto di riscossione da parte dell’istituto di credito: ove il correntista non provveda a produrre gli estratti conto dall’inizio del rapporto – dando così integrale dimostrazione degli addebiti e delle rimesse che siano stati operati – non può pretendere l’azzeramento del saldo debitorio documentato dal primo degli estratti conto utilizzabili per la ricostruzione del rapporto di dare e avere tra le parti, dovendo l’accertamento giudiziale prendere le mosse proprio da tale evidenza contabile.