15 Aprile 2020

La caducazione del titolo esecutivo nel corso del giudizio di opposizione e le sue conseguenze

di Cecilia Vantaggiato Scarica in PDF

Cass. civ. Sez. III, Ord., (ud. 26-02-2020) 06-03-2020, n. 6422 Pres.de Stefano – Rel. Rubino

In tema di opposizione alla esecuzione si ritiene opportuno trasmettere gli atti al primo Presidente, al fine di valutare la possibile assegnazione alle Sezioni Unite, affinché venga risolto il contrasto giurisprudenziale sorto in merito al venir meno del titolo esecutivo in corso di causa, con significative ricadute sul tema della liquidazione delle spese di lite.

CASO

La vicenda giudiziaria ha origine dall’avvio del procedimento di sfratto per morosità convalidato per mancata opposizione del conduttore intimato. L’intimato V. proponeva opposizione tardiva alla convalida la quale veniva rigettata nel merito dal Tribunale di Lucca; V. appellava la sentenza.

Nelle more del giudizio di secondo grado, i proprietari dell’immobile procedevano con l’esecuzione forzata per rilascio; anche in tal caso, V. proponeva opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. la quale, tuttavia, veniva rigettata.

Nel frattempo la CdA di Firenze accoglieva l’opposizione tardiva alla convalida proposta dal V. dichiarando la nullità dell’ordinanza di convalida emessa in assenza dell’intimato e respingendo la domanda di risoluzione del contratto locativo per difetto di legittimazione attiva degli attori all’esercizio dell’azione, proponeva quindi appello avverso il rigetto dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. allegando l’intervenuta revoca del titolo esecutivo, cioè della ordinanza di convalida di sfratto. Il Giudice di secondo grado rigettava l’appello di V., il quale proponeva ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

La Sezione della Corte di cassazione ha rimesso gli atti al Primo Presidente, affinché valuti la possibilità di una rimessione alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 2, in merito alla rilevanza della caducazione del titolo esecutivo giudiziale nel corso del giudizio di opposizione all’esecuzione, con riferimento anche alle conseguenti ricadute in ordine alla liquidazione delle spese di lite.

QUESTIONI

La questione rimessa al vaglio delle Sezioni Unite attiene alla risoluzione del contrasto sorto fra le sezioni semplici in ordine all’efficacia da attribuire alla caducazione del titolo esecutivo e alle sue conseguenze in ordine alla liquidazione delle spese di lite.

La sezione III, infatti, ha fatto proprio l’orientamento secondo cui in sede di opposizione all’esecuzione, la sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo, in conformità del generale principio della domanda, non determina ex se la fondatezza dell’opposizione e il suo accoglimento, bensì la cessazione della materia del contendere per difetto di interesse.

Tale soluzione consente di rispettare il principio della domanda che, nelle opposizioni esecutive, ed agli atti esecutivi in particolare, riceve una ulteriore cristallizzazione in virtù della individuata tipologia dei motivi legittimanti la proposizione di ciascuna categoria di opposizione e della delimitazione dell’oggetto della opposizione all’esame dei motivi concretamente proposti. Si ritiene, infatti, che il principio sarebbe violato ove si optasse per la tesi secondo cui la sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo, nell’ambito del giudizio di opposizione all’esecuzione, benché sia intervenuta per motivi del tutto autonomi e diversi dai quelli rispetto ai quali era stata proposta originariamente l’opposizione, porti tout court all’accoglimento dell’opposizione (sul punto cfr., Cass., Sez. VI, 20 gennaio 2011, n. 1328, in Giur. It., 2011, 2613, con nota di Fasciano, Sulla causa petendi dell’opposizione all’esecuzione per impignorabilità dei beni esecutati).

In punto di regolazione delle spese dell’intero giudizio, seguendo tale tesi, il giudice dell’opposizione non potrà riconoscerle a favore dell’opponente, ma dovrà utilizzare il criterio della soccombenza virtuale, secondo il principio di causalità, considerando, a tal fine, l’intera vicenda processuale e, in particolare, i motivi sui quali era stata basata l’opposizione.

La Suprema Corte, infatti, ha ribadito come il principio di causalità rispetto alla domanda svolta informi l’onere delle spese; tale principio, peraltro, risulta ulteriormente declinato nella regola generale della soccombenza virtuale, afferente alla regolazione delle spese nell’ipotesi di cessazione della materia del contendere. Ove si abbandonasse tale strada, “la redistribuzione dei costi della lite sarebbe innervata irrazionalmente dalla casualità, determinata, cioè, dalla tempistica della caducazione del titolo, e s’incentiverebbe un possibile utilizzo strumentale dell’opposizione” (così, recentemente, Cass., 17 gennaio 2020, n. 1005 e prima Cass., 29 novembre 2018, n. 30857).

A tale tesi ha fatto da contraltare l’opinione sostenuta dalla Sezione II sulla scia di taluni remoti precedenti (Cass., 7 gennaio 1970, n. 28; Cass., 8 maggio 1973, n. 1245), cui ha mostrato di aderire anche la giurisprudenza di merito (da ultimo, Corte d’appello Milano Sez. lavoro Sent., 07/02/2020).

L’orientamento in questione parte dal presupposto secondo cui sia il giudice dell’esecuzione sia il giudice dell’opposizione possano rilevare d’ufficio la carenza originaria o sopravvenuta del titolo esecutivo che sancisce l’illegittimità ex tunc dell’esecuzione forzata (Cass., 19 maggio 2011, n. 11021 Cass., 9 luglio 2001, n. 9293).

Secondo tale impostazione, l’esecuzione diviene ingiusta se, durante lo svolgimento del processo esecutivo, venga cassata la sentenza posta in esecuzione. Per la Suprema Corte, la sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo (rilevabile anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo) importa necessariamente l’accoglimento dell’opposizione alla esecuzione. In tal senso, si ritiene che l’accertamento dell’idoneità del titolo che legittima l’azione esecutiva si ponga come “preliminare dal punto di vista logico” (sebbene tale terminologia lasci qualche perplessità) per la decisione sui motivi di opposizione e ciò anche se questi non investano direttamente la questione. Il giudice, pertanto, dichiarata cessata la materia del contendere per effetto dell’avvenuta caducazione del titolo esecutivo nelle more del giudizio di opposizione, per qualunque motivo sia stata proposta, dovrà ritenere fondata l’opposizione.

Quanto poi alle spese del giudizio, si ritiene che in tale situazione il giudice dell’opposizione non possa, in violazione del principio di soccombenza, condannare l’opponente al pagamento delle spese processuali sulla base della disamina dei motivi proposti, risultando detti motivi assorbiti dal rilievo dell’avvenuta caducazione del titolo con conseguente illegittimità dell’esecuzione: la caducazione, infatti, rende inefficaci gli atti esecutivi, in virtù dell’effetto espansivo esterno della sentenza ex art 336, 2º comma, c.p.c

Le spese, quindi, sono poste a carico dell’opposto. Tale soluzione è certamente coerente se si tiene conto del fatto che è l’opposto ad aver avviato la procedura esecutiva e che solo su di esso potranno ricadere le conseguenze economiche relative alla soccombenza nel (successivo) giudizio di opposizione.

In conclusione, entrambe le soluzioni giungono ad una soluzione similare circa l’esito del processo, ritenendosi in entrambi i casi la cessazione della materia del contendere. L’intervenuta caducazione del titolo esecutivo, infatti, ha come effetto quello di privare la pronuncia dell’efficacia esecutiva, travolgendo il diritto (processuale) di procedere ad esecuzione forzata, ma non anche il diritto sostanziale (cioè il bene della vita) oggetto dell’accertamento. Ne deriva, pertanto, che corretta appare la soluzione circa la cessazione della materia del contendere: il giudice dovrà infatti pronunciare una chiusura anticipata del processo in rito per mancanza di un presupposto processuale, cioè l’interesse ad agire.

Terreno di scontro, invece, rimane il riparto delle spese di lite su cui permangono distanti le due tesi: l’una fondata sul criterio della soccombenza virtuale, secondo il principio di causalità, e l’altra sulla automaticità della soccombenza del creditore opposto: sul che è stato chiesto l’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite.