7 Marzo 2017

La bigenitorialità e l’affidamento del figlio al padre

di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDF

Ancora prima della riforma della filiazione del 2012, la legge n. 54/2006, aveva modificato le norme contenute nel codice civile nell’ambito della separazione dei coniugi, relative all’affidamento e al mantenimento dei figli, prevedendo espressamente (art. 4, comma 2) l’applicazione delle nuove disposizioni anche in caso di divorzio e di procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.

La legge ha recepito il principio della bigenitorialità come diritto fondamentale del minore, già sancito dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989 ratificata con la legge n. 176/1991 e successivamente dalla Carta di Nizza del 2000.

L’affido condiviso ha rovesciato il precedente concetto di affidamento secondo cui salvo casi particolari, era interesse del minore un affidamento esclusivo ad un genitore (solitamente la madre), salvo il diritto di visita attribuito all’altro genitore.

In base al principio della bigenitorialità quale diritto del bambino, oggi l’affidamento deve, come regola generale, essere condiviso tra entrambi i genitori.

Questo non vuol dire che non si debba stabilire una residenza prevalente del minore per la sua stabilità e per conservare il suo precedente habitat familiare.

Il principio di piena bigenitorialità e quello di parità genitoriale hanno davvero condotto, nella pratica, all’abbandono del criterio della “maternal preference” nell’affidamento o nel collocamento prevalente dei minori?

Ha fatto discutere la sentenza della Corte di Cassazione 14 settembre 2016 n. 18087, che ha applicato il principio, secondo cui se i figli sono di età prescolare o scolare, la madre è il genitore con il quale i bambini devono convivere prevalentemente, secondo il criterio presuntivo della “maternal preference”, anche se il padre ha eccellenti capacità genitoriali e ha avuto i minori in tenera età in collocazione paritaria.

Applicando il criterio presuntivo della c.d. maternal preference, viene calpestato l’interesse morale e materiale dei figli e violato l’art. 337 ter c.c. che tutela il diritto alla bigenitorialità?

Occorre ricordare la pronuncia di poco successiva del Tribunale di Milano – decreto 19 ottobre 2016 – il quale non si è uniformato al criterio della maternal preference nello stabilire la collocazione dei minori.

Tale criterio interpretativo, secondo i giudici milanesi, non è previsto dagli articoli 337 ter e seguenti del codice civile ed è in contrasto con la stessa ratio ispiratrice della legge n. 54 del 2006 sull’affidamento condiviso, oltre che con le fonti di diritto internazionali.

Il principio della piena bigenitorialità e quello della parità genitoriale hanno portato all’abbandono del criterio della “maternal preference” in favore di un altro modello, quello del “gender neutral child custody law”.

Il principio ispiratore nella decisione da parte del giudice ai fini dell’affidamento del minore, deve essere quello della neutralità del genitore affidatario, potendo essere sia il padre, sia la madre, in base al solo preminente interesse del minore.

La giurisprudenza di merito è sempre più orientata nel tutelare la genitorialità paterna anche in presenza di minore in tenera età, partendo dal presupposto secondo cui le competenze di un genitore si accrescono anche con la pratica. Nell’ambito dell’affidamento condiviso è stata individuata una “cornice minima” di tempi di permanenza con ciascun genitore anche nel caso di minore dell’età di due anni.

Sempre secondo il Tribunale di Milano – decreto del 14 gennaio 2015 – la genitorialità si apprende facendo i genitori. La “cornice minima” dei tempi di permanenza con ciascun genitore comprende del tempo infrasettimanale e il fine settimana, in modo da garantire una certa continuità di vita col genitore non collocatario, ferma restando la conservazione di un habitat principale del minore (cfr. Corte App. Catania decreto 16 ottobre 2013 e Trib. Milano 3 giugno 2014).

Posto che la genitorialità si apprende facendo i genitori, se s’impedisce a un genitore di esercitare il suo ruolo, questi non raggiungerà un livello di competenza adeguata.

Come dire genitori non si nasce ma si diventa. E’ da considerarsi un luogo comune, il fatto che un padre non sia in grado di occuparsi di un figlio piccolo, un pregiudizio che mina l’uguaglianza che deve esistere tra i genitori.