L. 162/2014: il difficile passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione
di Rita Lombardi Scarica in PDFIl D.L. 12 settembre 2014, n.132, convertito dalla L. 10 novembre 2014, n. 162 – la riforma sulla degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato – ha introdotto nel codice di rito l’art. 183 bis, così ampliando le ipotesi di applicabilità del rito sommario di cognizione (art. 702 bis ss.). Esso attribuisce al giudice il potere discrezionale di disporre, nell’udienza di trattazione, il passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione, “valutata la complessità della lite e dell’istruzione probatoria”. Il coordinamento della novella disposizione con l’art. 183 c.p.c. e il sistema delle preclusioni operanti in primo grado fanno emergere significativi problemi interpretativi, opportunamente segnalati dalla dottrina ai quali, però, la giurisprudenza stenta a dare soluzione.
L’art. 14 del d.l. 132/2014, convertito con modificazioni dalla l. 162/2014, ha introdotto nel codice di rito l’art. 183 bis. Esso, limitatamente alle controversie di competenza del tribunale in composizione monocratica (come previsto anche dall’art. 702 bis co.1 c.p.c.), configura una modalità di mutamento di rito speculare a quella delineata nell’art. 703 ter, 3° co., c.p.c. Quest’ultimo stabilisce che il giudice, se ritiene che “le difese svolte dalle parti richiedono un’istruzione non sommaria”, fissa, con ordinanza non impugnabile, l’udienza di cui all’art. 183 c.p.c., mentre la norma di nuovo conio stabilisce che il giudice nell’udienza di trattazione, “valutata la complessita’ della lite e dell’istruzione probatoria”, puo’ disporre con ordinanza non impugnabile, previa attivazione del contraddittorio, anche mediante trattazione scritta, che si proceda ex art. 702 ter c.p.c. In tale evenienza invita le parti ad indicare, a pena di decadenza, nella stessa udienza i mezzi istruttori e la prova contraria; se richiesto, puo’ fissare una nuova udienza e un termine perentorio non superiore a quindici giorni per le deduzioni istruttorie e un termine perentorio di ulteriori dieci giorni per la controprova.
La norma, che non giova allo smaltimento dell’arretrato in materia civile, stante la sua applicazione solo rispetto ai nuovi processi, nè contribuisce alla degiurisdizionalizzazione, dal momento che consente esclusivamente la conversione del rito dinanzi al tribunale, quali obiettivi perseguiti con la riforma del 2014 (su cui, tra gli altri, Dalfino (a cura di), Misure urgenti per la funzionalità e l’efficienza della giustizia civile, Torino, 2015; Consolo, Un d.l. processuale in bianco e nerofumo sullo equivoco della”degiurisdizionalizazione”, in Corr. giur. 2014, 1173), figura nel capo IV del d.l. 132/2014 tra le misure per l’efficienza del processo di cognizione.
Che il legislatore abbia ravvisato nel procedimento sommario di cognizione uno strumento per una più celere risoluzione delle controversie civili (Menchini, L’ultima “idea” del legislatore per accelerare i tempi della tutela dichiarativa dei diritti: il processo sommario di cognizione) e che ad esso abbia inteso attribuire un ruolo di rilievo era emerso fin dalla sua introduzione, avvenuta con l n. 69/2009, allorchè era stato indicato (art. 54 l. cit.) come modello processuale generale, al pari del rito del lavoro e del processo di cognizione ordinaria, cui ricondurre i procedimenti regolati dalla legislazione speciale (Lombardi, Il procedimento sommario di cognizione generale, in Il Giusto proc. civ., 2010, 473 ss. In argomento v. tra gli altri, Ferri, Il procedimento sommario di cognizione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2010, I, 92; Balena, Il procedimento sommario di cognizione, in Foro it., 2009, V, 329; Caponi, Un nuovo modello di trattazione a cognizione piena: il procedimento sommario ex art. 702-bis c.p.c.; Luiso, Il procedimento sommario di cognizione, in Giur. it., 2009, 1568).
Con la previsione di cui all’art. 183 bis c.p.c. il legislatore incentiva ulteriormente l’utilizzo di siffatto procedimento – fino a renderlo il naturale binario delle controversie di pronta e facile soluzione -, attribuendo al giudice il potere di incidere sulla scelta del rito operata all’attore. Divengono così tre le modalità di accesso al procedimento sommario di cognizione: a) per iniziativa dell’attore ex art. 702 ss.; b) per iniziativa del giudice ex art. 183 bis; c) per determinazione normativa (d.lgs. 150/2011).
Sennonchè all’intento di incrementare l’uso del procedimento sommario non è corrisposto un adeguato testo normativo. La dottrina ha evidenziato che l’articolo 183 bis “non è ben scritto” (Consolo, La giustizia civile: quale volto dei nostri processi fra giurisdizione ed adr?, in Corr. giur. 2014, 10, 1266), che trattasi di una “norma impossibile” (Scarselli, Degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione dell’arretrato (d.l. 12 settembre 2014 n. 132, convertito, con modificazioni, in l. 10 novembre 2014 n.162): Il nuovo art. 183 bis c.p.c., in Foro it., 2015, V, 54), che presenta “non pochi problemi di legittimità costituzionale” (Teodoldi, La conversione del rito ordinario nel rito sommario ad nutum iudicis (art. 183 bis c.p.c.), in Riv. dir. proc., 2015, 2, 490.
Segnatamente sono emersi, tra l’altro, dubbi in ordine al come vada intesa la “complessità della lite e dell’istruttoria probatoria”, anche in rapporto con il 702 ter co. 3, per il quale “le difese svolte dalle parti” devono richiedere “un’istruzione non sommaria”, visto che la valutazione del giudice si basa sui soli atti introduttivi; in ordine al se si introducano nuove preclusioni in primo grado e se si assicuri l’esercizio del diritto di difesa; in ordine alla possibilità di conversione del rito ove sia proposta una domanda riconvenzionale che richieda una istruzione probatoria complessa; in ordine al come si svolga il contraddittorio sulla conversione del rito ove il giudice disponga la “trattazione scritta” e, di conseguenza, come coordinare l’art. 183 bis con l’art. 183; in ordine a quali siano i confini della discrezionalità del giudice rispetto alla fissazione di una nuova udienza e del duplice termine per la deduzione e articolazione della prova diretta e di quella contraria (Viola, La nuova prima udienza con lo switch procedimentale ex art. 183 bis c.p.c.).
Al riguardo non constano indirizzi giurisprudenziali. Si segnala solo l’orientamento espresso da un’ordinanza del Tribunale di Bologna del 28 maggio 2015, la quale ha applicato la nuova norma in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (art. 645 c.p.c.). Nella specie l’istruttore alla prima udienza – valutata anche la concedibilità della provvisoria esecutorietà del decreto – ha reputato di instaurare il contraddittorio sul mutamento di rito oralmente e contestualmente ha disposto la conversione del rito invitando le parti ad indicare a pena di decadenza entro cinque giorni ogni mezzo di prova e la controprova.
La pronuncia, da una lato, rimarca che riguardo al contradditorio sul passaggio di rito la regola deve essere la discussione orale nella prima udienza e che, quindi, va evitata un’ appendice scritta su un profilo processuale, dall’altro lato, prefigura come inevitabile l’attribuzione alle parti “prese alla sprovvista” dal cambiamento di rito di una battuta temporale, sia pur minima, per la formulazione o integrazione delle deduzioni istruttorie – attività che il regime di preclusione del rito avviato rinvia successivamente agli atti introduttivi (art. 163 e 183 c.p.c.) – tant’è che viene concesso siffatto termine senza far cenno alla richiesta delle parti. Curiosamente, però, si ritiene sufficiente fissare uno solo dei termini di cui all’art. 183 bis, facendo coincidere il termine per la prova con quello della controprova.
In tal modo il tribunale non segue nessuna delle vie tracciate dal legislatore per il passaggio di rito (ossia invitare le parti ad effettuare ulteriori deduzioni istruttorie in udienza o, in alternativa e solo se richiesto da almeno una delle parti, fissare una nuova udienza e un doppio termine perentorio per l’indicazione della prova e della controprova). La pronuncia finisce allora per sottolineare i limiti applicativi dell’art. 183 bis c.p.c., limiti che, verosimilmente, sono destinati a confrontarsi a breve anche con la «revisione della fase di trattazione e discussione» annunciata dal governo (comunicato Consiglio dei Ministri n. 49, del 10 febbraio 2015).